Quanti Quinti Dello Stipendio Si Possono Pignorare?

Il pignoramento dello stipendio è una delle forme più comuni di esecuzione forzata che può essere attuata per recuperare i crediti dovuti. In Italia, la legge stabilisce delle precise limitazioni alla quantità di stipendio che può essere soggetta a pignoramento, in modo da garantire che il debitore abbia comunque a disposizione una parte del proprio reddito per soddisfare le proprie necessità fondamentali.

In questo articolo di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti e pignoramenti dello stipendio, esploreremo le modalità di pignoramento dello stipendio, quanti quinti possono essere pignorati, le eccezioni previste dalla legge e quali categorie di redditi sono soggette a pignoramento.

Quanti quinti dello stipendio possono essere pignorati?

In Italia, il pignoramento dello stipendio è una procedura disciplinata da norme specifiche che regolano le modalità e i limiti entro cui un creditore può agire per recuperare un debito attraverso il prelievo forzato di una parte del reddito del debitore. Il principio fondamentale che regola questo tipo di esecuzione forzata è la necessità di garantire il sostentamento minimo al debitore, permettendogli di mantenere una parte dello stipendio per le proprie esigenze fondamentali. Questa tutela si realizza attraverso il limite massimo pignorabile, fissato, nella maggior parte dei casi, a un quinto dello stipendio netto.

La normativa di riferimento per il pignoramento dello stipendio è contenuta nell’articolo 545 del Codice di Procedura Civile, che stabilisce espressamente il principio secondo cui non può essere pignorata una quota superiore a un quinto del reddito mensile netto. Questo limite si applica a tutti i redditi da lavoro dipendente e alle pensioni. L’obiettivo è quello di bilanciare il diritto del creditore di recuperare il proprio credito con la necessità del debitore di disporre di un reddito sufficiente per la propria sussistenza. La retribuzione netta sulla quale viene calcolato il quinto pignorabile è quella effettivamente percepita dal lavoratore dopo le trattenute fiscali e previdenziali obbligatorie, escludendo rimborsi spese o altre indennità che non costituiscono parte della retribuzione.

A livello pratico, se un lavoratore percepisce uno stipendio netto di 2.000 euro, il massimo che può essere pignorato è un quinto, cioè 400 euro al mese. Questa trattenuta viene effettuata direttamente dal datore di lavoro, che trattiene la quota dalla busta paga del dipendente e la versa al creditore, fino a quando il debito non viene saldato completamente. Il datore di lavoro, quindi, svolge un ruolo di intermediario tra debitore e creditore nell’esecuzione del pignoramento.

Esistono tuttavia casi particolari in cui è possibile che sullo stipendio del debitore vengano applicati più pignoramenti contemporaneamente. Ciò può avvenire, ad esempio, quando il debitore ha debiti di diversa natura, come un debito commerciale e un’obbligazione alimentare (ad esempio per il mantenimento dei figli). In questo caso, la legge consente il cumulo delle trattenute, ma stabilisce comunque un limite massimo. Infatti, anche in presenza di più pignoramenti, la somma complessiva delle trattenute non può mai superare il 50% dello stipendio netto del lavoratore. Questo significa che, se un lavoratore percepisce uno stipendio netto di 2.000 euro e ha più pignoramenti attivi, la somma massima trattenibile non può superare i 1.000 euro mensili, lasciando comunque al lavoratore la metà dello stipendio per le proprie necessità.

Un’altra eccezione riguarda i debiti alimentari, per i quali il giudice ha la possibilità di aumentare la quota pignorata, superando il limite di un quinto, a seconda della situazione specifica e della gravità delle esigenze alimentari in questione. Questo tipo di debito, che deriva generalmente da obblighi di mantenimento verso familiari, come coniugi o figli, gode di una tutela maggiore rispetto ad altre tipologie di debito. In questi casi, il giudice valuta le circostanze e può stabilire una trattenuta superiore per garantire che le esigenze alimentari dei beneficiari vengano soddisfatte.

Il pignoramento dello stipendio è, tuttavia, soggetto a diverse eccezioni e limitazioni. Alcuni redditi e indennità sono impignorabili per legge, o possono essere pignorati solo in misura parziale. Ad esempio, le indennità di disoccupazione, la cassa integrazione, e altri sussidi di natura assistenziale sono generalmente impignorabili, a meno che il debito non derivi da obbligazioni alimentari. Anche il reddito di cittadinanza e altri tipi di sostegno al reddito non possono essere pignorati, in quanto destinati a garantire il minimo sostentamento del beneficiario.

Inoltre, lo stipendio del debitore è parzialmente impignorabile se risulta inferiore al cosiddetto minimo vitale, una soglia stabilita annualmente dalla legge che rappresenta la cifra minima necessaria per garantire al lavoratore una vita dignitosa. In questi casi, solo la parte dello stipendio eccedente il minimo vitale può essere pignorata. Questa misura mira a evitare che un pignoramento eccessivo possa mettere il debitore in una situazione di povertà estrema.

Il pignoramento dello stipendio può riguardare sia i lavoratori del settore pubblico che quelli del settore privato, ma ci sono alcune differenze procedurali tra i due ambiti. Per i lavoratori del settore privato, l’atto di pignoramento viene notificato direttamente al datore di lavoro, che è obbligato a trattenere la quota pignorata dallo stipendio e a versarla al creditore. Nel settore pubblico, invece, l’atto di pignoramento viene notificato all’ente o all’amministrazione di appartenenza del dipendente, che svolge lo stesso ruolo del datore di lavoro nel settore privato, trattenendo la somma e trasferendola al creditore.

Dal punto di vista procedurale, il pignoramento dello stipendio è un atto che richiede il coinvolgimento del tribunale, che emette un provvedimento di esecuzione su richiesta del creditore. Una volta ottenuta l’autorizzazione dal tribunale, il creditore notifica l’atto di pignoramento al datore di lavoro o all’ente pubblico, che procede poi con le trattenute.

È importante notare che il quinto dello stipendio non è calcolato sulla base dello stipendio lordo, ma su quello netto. Questo significa che il quinto pignorabile viene determinato una volta che sono state detratte tutte le imposte e i contributi previdenziali dovuti dal lavoratore. Ad esempio, se un lavoratore ha uno stipendio lordo di 3.000 euro, ma dopo le trattenute fiscali e previdenziali riceve uno stipendio netto di 2.000 euro, il quinto pignorabile sarà calcolato su quest’ultima cifra, e quindi sarà pari a 400 euro.

Il pignoramento dello stipendio può subire variazioni nel corso del tempo, soprattutto se lo stipendio del debitore viene aumentato o ridotto. In caso di aumento dello stipendio, la quota trattenuta per il pignoramento aumenta proporzionalmente, mentre in caso di riduzione del reddito, anche la quota pignorata si riduce. Questo adeguamento avviene automaticamente e viene gestito dal datore di lavoro o dall’ente pubblico che esegue le trattenute.

Infine, va ricordato che esistono delle possibilità legali per evitare o sospendere il pignoramento dello stipendio. Una delle soluzioni più utilizzate è la negoziazione di un accordo extragiudiziale con il creditore, come il saldo a stralcio, che consente di chiudere il debito con il pagamento di una somma inferiore rispetto a quella originaria. Un’altra opzione è rappresentata dalle procedure di sovraindebitamento, che permettono di ristrutturare il debito attraverso un piano di pagamento sostenibile, omologato dal tribunale, e che possono comportare la sospensione o la cancellazione del pignoramento.

Riassunto per punti:

  • Il pignoramento dello stipendio non può superare un quinto (20%) dello stipendio netto.
  • In caso di pignoramenti multipli, la somma complessiva trattenuta non può superare il 50% dello stipendio netto.
  • Alcuni redditi, come indennità di disoccupazione e sussidi assistenziali, sono impignorabili.
  • Il pignoramento viene calcolato sullo stipendio netto, escludendo rimborsi e indennità.
  • È possibile negoziare con il creditore o accedere a procedure di sovraindebitamento per evitare o sospendere il pignoramento.

Esempi pratici di più pignoramenti del quinto dello stipendio

Il pignoramento dello stipendio è una delle modalità più comuni per il recupero di un debito, e la legge italiana prevede che la quota pignorabile sia di un massimo di un quinto dello stipendio netto del debitore. Tuttavia, ci sono casi in cui un lavoratore può trovarsi soggetto a più pignoramenti contemporaneamente. In queste situazioni, il pignoramento può riguardare più debiti di natura diversa, come crediti commerciali, crediti alimentari o debiti verso lo Stato, e la legge impone dei limiti per evitare che il debitore si trovi privato di una parte eccessiva del proprio reddito.

Ecco alcuni esempi pratici di come funziona il pignoramento multiplo e come viene gestito il cumulo delle trattenute:

Esempio 1: Pignoramento per debiti commerciali e debiti alimentari

Un lavoratore ha uno stipendio netto di 2.000 euro e si trova ad affrontare due procedimenti di pignoramento. Il primo pignoramento è dovuto a un debito commerciale nei confronti di una società di prestiti, mentre il secondo è per un debito alimentare derivante da un obbligo di mantenimento nei confronti dell’ex coniuge.

  • Per il debito commerciale, la legge prevede che sia trattenuto un quinto dello stipendio netto, quindi 400 euro.
  • Per il debito alimentare, il giudice ha la possibilità di pignorare un’ulteriore quota, a seconda delle esigenze alimentari del beneficiario.

In questo caso, il giudice può stabilire una trattenuta aggiuntiva per il debito alimentare, ma la somma totale delle trattenute non può superare il 50% dello stipendio netto del lavoratore. Pertanto, la somma massima trattenibile non supererà 1.000 euro al mese, lasciando al lavoratore il restante 50% (1.000 euro).

Esempio 2: Pignoramento per debiti fiscali e debiti alimentari

Un lavoratore del settore pubblico con uno stipendio netto di 2.500 euro riceve un atto di pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate per tasse non pagate. Successivamente, un altro creditore avvia un pignoramento per debiti alimentari, dovuti al mantenimento dei figli.

  • Per il debito fiscale, il pignoramento sarà di un quinto dello stipendio, ovvero 500 euro.
  • Per i debiti alimentari, il giudice può disporre una trattenuta aggiuntiva, che potrebbe portare la somma pignorata a una quota superiore al quinto, ma complessivamente le trattenute non potranno superare 1.250 euro (il 50% dello stipendio netto).

Questo scenario dimostra come, anche in presenza di più debiti, il pignoramento non possa privare il lavoratore di oltre la metà del suo reddito.

Esempio 3: Pignoramento per debiti commerciali e verso l’Agenzia delle Entrate

Un lavoratore dipendente con uno stipendio netto di 1.800 euro ha due procedimenti di pignoramento attivi: uno per un debito commerciale con una finanziaria e uno per tasse arretrate con l’Agenzia delle Entrate.

  • Per il debito commerciale, viene trattenuto un quinto dello stipendio, ossia 360 euro.
  • Per il debito verso l’Agenzia delle Entrate, il pignoramento sarà anche di un quinto, ovvero 360 euro.

In questo caso, poiché il cumulo dei due pignoramenti non supera il limite del 50% (che sarebbe 900 euro), entrambe le trattenute vengono applicate integralmente, e al lavoratore restano 1.080 euro.

Cumulo e Limiti di Pignoramento

Come mostrano questi esempi, il principio fondamentale per i pignoramenti multipli è che, anche in presenza di più debiti, la somma totale pignorabile non può superare il 50% dello stipendio netto del debitore. Questo limite protegge il debitore da una trattenuta eccessiva che comprometterebbe il suo sostentamento.

La legge prevede che i pignoramenti siano gestiti in ordine di priorità, e che il giudice possa decidere su base discrezionale nei casi di debiti alimentari, tenendo conto delle esigenze di tutte le parti coinvolte. Ad esempio, i debiti alimentari tendono a essere trattati con una maggiore urgenza rispetto ai debiti commerciali o fiscali, poiché sono considerati essenziali per il mantenimento di familiari o figli a carico.

Riassunto per punti:

  • Massimo pignorabile: Non più di un quinto (20%) dello stipendio netto per ciascun pignoramento.
  • Pignoramenti multipli: La somma complessiva pignorabile non può superare il 50% dello stipendio netto.
  • Debiti alimentari: Possono superare il quinto pignorabile, a discrezione del giudice, ma rientrano comunque nel limite del 50%.
  • Pignoramenti su debiti diversi: Quando ci sono più creditori (debiti fiscali, commerciali, alimentari), il cumulo delle trattenute deve rispettare i limiti previsti dalla legge.

Per i lavoratori che affrontano pignoramenti multipli, l’assistenza di un avvocato esperto può essere fondamentale per assicurarsi che i diritti siano rispettati e che le trattenute siano gestite correttamente nel rispetto dei limiti legali imposti.

Esistono casi in cui si può pignorare più di un quinto dello stipendio?

Sì, esistono casi in cui è possibile pignorare più di un quinto dello stipendio, ma la legge italiana impone dei limiti rigidi per tutelare il debitore. La regola generale stabilita dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile è che non si possa pignorare più di un quinto dello stipendio netto per ogni singolo debito. Tuttavia, in circostanze specifiche, può accadere che il pignoramento riguardi più debiti contemporaneamente, e in queste situazioni è possibile che la trattenuta complessiva superi il 20% del reddito.

Pignoramenti multipli

Uno dei casi in cui può essere pignorato più di un quinto dello stipendio è quando il debitore ha più pignoramenti attivi per debiti di diversa natura. Ad esempio, un debitore potrebbe avere un pignoramento per un debito commerciale e contemporaneamente essere soggetto a un pignoramento per debiti alimentari (come il mantenimento dei figli). In questi casi, la somma complessiva delle trattenute può superare un quinto, ma con un limite massimo: non è consentito pignorare più del 50% dello stipendio netto.

Debiti alimentari

I debiti alimentari, come gli obblighi di mantenimento nei confronti di coniugi o figli, sono considerati particolarmente rilevanti dalla legge. In questi casi, il giudice ha la facoltà di stabilire che venga pignorata una quota superiore a un quinto dello stipendio. Se, per esempio, un soggetto ha già un pignoramento di un quinto per un debito commerciale, il giudice può disporre un’ulteriore trattenuta per il debito alimentare, purché la somma totale pignorata non superi il 50% del reddito netto. I crediti alimentari godono di una tutela prioritaria rispetto ad altri debiti.

Debiti verso lo Stato

Un altro caso in cui si può arrivare a pignorare più di un quinto dello stipendio è per debiti fiscali o contributi previdenziali dovuti allo Stato. In queste circostanze, oltre al pignoramento del quinto per debiti privati, può essere aggiunta una trattenuta per tasse non pagate o contributi previdenziali non versati, purché, come nei casi precedenti, il totale delle trattenute non superi il limite del 50%.

Esempio pratico

Un lavoratore con uno stipendio netto di 2.000 euro ha un pignoramento per un debito commerciale (per cui viene trattenuto un quinto dello stipendio, ovvero 400 euro). Successivamente, viene disposto un pignoramento per un debito alimentare (ad esempio, il mantenimento per il figlio), e il giudice stabilisce una trattenuta aggiuntiva di 300 euro. In questo caso, la somma totale pignorata sarà di 700 euro, pari al 35% dello stipendio netto. Tuttavia, anche se ci fossero altri debiti, la somma complessiva delle trattenute non potrebbe mai superare il 50% dello stipendio netto, cioè 1.000 euro.

Riassunto per punti:

  • Per ogni singolo debito, non si può pignorare più di un quinto dello stipendio netto (20%).
  • Se vi sono più pignoramenti contemporanei, la somma totale trattenuta non può superare il 50% dello stipendio netto.
  • Debiti alimentari possono comportare pignoramenti superiori a un quinto, a discrezione del giudice.
  • I debiti verso lo Stato, come tasse arretrate o contributi previdenziali, possono aggiungersi ai pignoramenti per debiti privati, ma il limite massimo resta il 50%.
  • La legge mira a bilanciare il diritto del creditore a recuperare il debito con la necessità del debitore di mantenere una parte sufficiente del proprio reddito per vivere dignitosamente.

L’assistenza di un avvocato specializzato è fondamentale in queste situazioni, per garantire che il pignoramento sia eseguito correttamente e che vengano rispettati i limiti imposti dalla legge.

Quali sono le eccezioni al pignoramento di un quinto dello stipendio?

Esistono diverse eccezioni al pignoramento di un quinto dello stipendio, previste dal Codice di Procedura Civile e da altre leggi, che limitano la possibilità di trattenere parte dello stipendio per soddisfare i debiti del lavoratore. Queste eccezioni hanno lo scopo di tutelare determinate categorie di reddito o di garantire che il debitore possa mantenere il necessario per il proprio sostentamento. Vediamo quali sono le principali eccezioni.

1. Minimo vitale

Una delle principali eccezioni è il concetto di minimo vitale, ovvero la soglia sotto la quale lo stipendio non può essere pignorato. Il minimo vitale è fissato in modo da garantire che il debitore possa comunque disporre di una somma sufficiente per vivere dignitosamente. In pratica, se il reddito del debitore è molto basso e si avvicina al minimo vitale, il pignoramento può essere ridotto o escluso. Questa eccezione si applica soprattutto quando lo stipendio del debitore è inferiore a determinate soglie, che variano annualmente.

Ad esempio, se il minimo vitale è fissato a 700 euro mensili, un debitore che percepisce uno stipendio di 1.000 euro potrà essere pignorato solo per la parte eccedente i 700 euro, ovvero 300 euro, e su tale somma potrà essere applicata una trattenuta di un quinto, ossia 60 euro al mese.

2. Indennità di disoccupazione e cassa integrazione

Le indennità di disoccupazione (come la NASpI) e le somme percepite in cassa integrazione sono generalmente impignorabili, poiché queste indennità sono destinate a garantire la sopravvivenza del lavoratore in periodi di difficoltà economica o perdita del lavoro. Queste somme non possono essere oggetto di pignoramento, a meno che il debito non riguardi obbligazioni alimentari (come il mantenimento per figli o coniugi).

3. Reddito di cittadinanza e altri sussidi assistenziali

Il reddito di cittadinanza e altri sussidi di natura assistenziale rientrano tra i redditi impignorabili. La legge italiana vieta espressamente il pignoramento di questi strumenti di sostegno al reddito, poiché hanno lo scopo di garantire il sostentamento delle persone che si trovano in situazioni di grave difficoltà economica. L’unica eccezione è rappresentata dai debiti alimentari, per i quali il giudice può disporre una trattenuta anche su questi sussidi.

4. Stipendi e pensioni al di sotto di determinate soglie

Per quanto riguarda le pensioni, la legge prevede che esse siano impignorabili per la parte che corrisponde al minimo vitale, definito dalla normativa come una somma equivalente a una volta e mezzo l’assegno sociale (che per il 2024 è fissato a circa 700 euro al mese). La parte eccedente il minimo vitale è pignorabile solo nella misura di un quinto. Ad esempio, se un pensionato percepisce una pensione di 1.200 euro, il pignoramento può essere applicato solo sulla parte eccedente il minimo vitale, ovvero 500 euro, e su tale somma può essere trattenuto un quinto, cioè 100 euro.

5. Somme destinate a specifici scopi

Alcune somme ricevute dal lavoratore, come i rimborsi spese o le indennità per missioni o trasferimenti, non possono essere pignorate. Queste somme, infatti, non costituiscono retribuzione effettiva, ma hanno una destinazione specifica, legata a spese sostenute dal lavoratore per conto del datore di lavoro o a titolo di compensazione per spostamenti o trasferimenti.

6. Trattamenti di fine rapporto (TFR)

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è anch’esso generalmente impignorabile, tranne che per i debiti alimentari. In caso di debiti alimentari, il TFR può essere pignorato, ma solo nella misura di un quinto, come avviene per lo stipendio. Per altri tipi di debiti, il TFR può essere pignorato solo in casi eccezionali e con l’autorizzazione del giudice.

Riassunto per punti:

  • Minimo vitale: Se lo stipendio è vicino al minimo vitale, solo la parte eccedente può essere pignorata.
  • Indennità di disoccupazione e cassa integrazione: Generalmente impignorabili, salvo per debiti alimentari.
  • Reddito di cittadinanza e sussidi assistenziali: Totalmente impignorabili, salvo per debiti alimentari.
  • Pensioni sotto il minimo vitale: Non possono essere pignorate per la parte equivalente al minimo vitale.
  • Rimborsi spese e indennità per trasferte: Non sono pignorabili.
  • Trattamento di fine rapporto (TFR): Impignorabile tranne che per debiti alimentari, con limite di un quinto.

L’assistenza di un avvocato esperto in esecuzioni forzate è fondamentale per identificare correttamente quali somme possono essere pignorate e quali sono protette dalla legge. Questo è essenziale per garantire che i diritti del debitore vengano rispettati e per evitare che vengano pignorate somme impignorabili per legge.

Come funziona il pignoramento dello stipendio nel settore pubblico e nel settore privato?

Il pignoramento dello stipendio funziona in modo simile nel settore pubblico e nel settore privato, ma ci sono alcune differenze nelle procedure specifiche legate all’esecuzione e al ruolo del datore di lavoro o dell’amministrazione pubblica. Vediamo come funziona il pignoramento dello stipendio in ciascun settore, tenendo presente che la regola generale impone la trattenuta di un quinto dello stipendio netto per ogni singolo debito, con eccezioni e limiti massimi descritti dalla legge.

Pignoramento dello stipendio nel settore privato

Nel caso di un lavoratore dipendente nel settore privato, la procedura di pignoramento viene avviata quando il creditore ottiene un titolo esecutivo (come una sentenza del tribunale) che lo autorizza a recuperare il debito dal reddito del debitore. Il creditore deve quindi notificare l’atto di pignoramento al datore di lavoro del debitore. Una volta ricevuta la notifica, il datore di lavoro ha l’obbligo legale di trattenere dalla busta paga del debitore la somma stabilita dal giudice, che solitamente è pari a un quinto dello stipendio netto. Il datore di lavoro, inoltre, è tenuto a versare mensilmente la somma trattenuta al creditore fino all’estinzione del debito.

Il datore di lavoro, quindi, agisce come un intermediario, effettuando le trattenute sullo stipendio del dipendente debitore e trasferendo le somme al creditore. In questo modo, il debitore non riceve l’intero stipendio, ma una parte viene direttamente prelevata per estinguere il debito. Se il datore di lavoro non rispetta l’obbligo di trattenere la somma pignorata, può essere ritenuto responsabile e soggetto a sanzioni.

Pignoramento dello stipendio nel settore pubblico

Per quanto riguarda i lavoratori del settore pubblico, il meccanismo di pignoramento segue una procedura simile, ma con alcune particolarità. Quando il debitore è un dipendente pubblico, l’atto di pignoramento non viene notificato al “datore di lavoro” privato, ma all’ente pubblico presso cui il debitore è impiegato (ad esempio, un ministero, un ente locale o un’amministrazione pubblica). Una volta notificato l’atto, l’amministrazione pubblica è obbligata a trattenere la quota pignorata dalla busta paga del dipendente e a versarla al creditore.

Anche nel settore pubblico, la somma trattenuta è generalmente pari a un quinto dello stipendio netto, ma, come nel settore privato, esistono alcune eccezioni, come nel caso di debiti alimentari, che possono comportare trattenute superiori, e il cumulo di pignoramenti, che non può mai superare il 50% dello stipendio netto. Una differenza importante rispetto al settore privato è che le amministrazioni pubbliche possono avere procedure interne più rigide per gestire le notifiche di pignoramento, che potrebbero comportare tempi leggermente più lunghi per l’attuazione del pignoramento.

Procedura di notifica e tempi

In entrambi i settori, il creditore deve seguire un iter procedurale che prevede la notifica dell’atto di pignoramento. Una volta notificato l’atto al datore di lavoro (nel caso del settore privato) o all’ente pubblico (nel settore pubblico), quest’ultimo ha l’obbligo di dare seguito alla trattenuta nella prima busta paga utile.

Per quanto riguarda i tempi, dal momento in cui viene notificato l’atto di pignoramento, la trattenuta può iniziare a essere applicata dal mese successivo alla notifica. La trattenuta continuerà fino all’estinzione del debito, e il datore di lavoro o l’amministrazione pubblica devono continuare a versare le somme direttamente al creditore fino al termine della procedura.

Eccezioni e limiti

Sia nel settore pubblico che nel settore privato, esistono limiti legali al pignoramento dello stipendio. Come stabilito dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile, non si può pignorare più di un quinto dello stipendio netto per ciascun debito. Tuttavia, se sullo stesso stipendio sono attivi più pignoramenti (per esempio per debiti di natura diversa come debiti alimentari, debiti commerciali o debiti fiscali), la somma totale delle trattenute non può mai superare il 50% dello stipendio netto.

Nel caso di debiti alimentari, il giudice ha la facoltà di aumentare la quota pignorata, superando il limite del quinto, ma comunque rispettando il tetto massimo del 50% dello stipendio. Lo stesso limite si applica in caso di debiti nei confronti dell’erario, come le tasse non pagate o i contributi previdenziali non versati, che possono essere cumulati con altri pignoramenti, ma sempre entro il limite del 50%.

Esempio pratico nel settore privato

Un lavoratore dipendente nel settore privato con uno stipendio netto di 2.500 euro riceve un atto di pignoramento per un debito commerciale. Il datore di lavoro, notificato dell’atto, trattiene un quinto dello stipendio netto, ossia 500 euro al mese, e versa tale somma al creditore fino a quando il debito non viene estinto. Se successivamente il lavoratore subisce un altro pignoramento per un debito alimentare, il giudice può decidere di aggiungere una nuova trattenuta, ma la somma complessiva trattenuta non potrà superare il 50% dello stipendio netto, cioè 1.250 euro.

Esempio pratico nel settore pubblico

Un dipendente pubblico con uno stipendio netto di 2.000 euro subisce un pignoramento per tasse arretrate. L’amministrazione pubblica che gestisce il pagamento dello stipendio riceve la notifica e, a partire dal mese successivo, trattiene 400 euro (un quinto dello stipendio) che vengono versati all’Agenzia delle Entrate per il recupero delle tasse non pagate. Se il dipendente successivamente subisce un pignoramento per un debito alimentare, il giudice potrebbe stabilire una seconda trattenuta, sempre rispettando il limite massimo del 50% dello stipendio netto, ovvero 1.000 euro.

Riassunto per punti:

  • Il pignoramento dello stipendio funziona in modo simile nel settore pubblico e privato, ma nel settore pubblico la notifica viene inviata all’ente pubblico o all’amministrazione, mentre nel privato al datore di lavoro.
  • In entrambi i settori, il limite per ciascun pignoramento è generalmente un quinto dello stipendio netto.
  • Se sono presenti più pignoramenti, la somma totale trattenuta non può superare il 50% dello stipendio netto.
  • I debiti alimentari possono portare a pignoramenti superiori a un quinto, ma sempre entro il limite del 50%.
  • Il datore di lavoro o l’amministrazione pubblica ha l’obbligo di trattenere la somma e versarla al creditore, con possibili sanzioni in caso di mancato adempimento.

L’assistenza di un avvocato esperto può essere cruciale per gestire correttamente il pignoramento, sia per il debitore che per il creditore, e garantire che tutte le procedure vengano eseguite correttamente e nei tempi previsti.

Come viene calcolato il quinto dello stipendio?

Il calcolo del quinto dello stipendio è un processo disciplinato dal Codice di Procedura Civile italiano e si applica quando viene emesso un pignoramento dello stipendio a seguito di un debito non pagato. La trattenuta, come suggerisce il termine, riguarda il 20% dello stipendio netto del debitore, ovvero un quinto del reddito mensile dopo la detrazione delle imposte e dei contributi previdenziali. Vediamo nel dettaglio come funziona il calcolo.

Stipendio netto e detrazioni

Il quinto dello stipendio è calcolato sulla base del reddito netto del lavoratore, non su quello lordo. Lo stipendio netto rappresenta l’importo che il lavoratore effettivamente percepisce dopo che sono state effettuate le trattenute obbligatorie, come:

  • Imposte (IRPEF e altre imposte locali).
  • Contributi previdenziali (INPS o altre casse previdenziali).

Ad esempio, se un lavoratore ha uno stipendio lordo di 3.000 euro, ma dopo le trattenute fiscali e previdenziali percepisce un netto di 2.000 euro, il quinto pignorabile verrà calcolato su questa cifra. Quindi, il quinto dello stipendio sarà pari a 400 euro.

Elementi esclusi dal calcolo

Non tutte le componenti della retribuzione sono considerate nella base per il calcolo del pignoramento. Alcuni elementi dello stipendio che non rientrano nel calcolo del quinto pignorabile includono:

  • Indennità per spese, trasferte o missioni.
  • Rimborsi spese per costi sostenuti dal lavoratore nell’esercizio delle sue mansioni.
  • Premi di risultato o bonus straordinari, a meno che non siano parte regolare della retribuzione.

Questi elementi non costituiscono parte integrante del reddito fisso del lavoratore e sono considerati separatamente dal calcolo del quinto pignorabile.

Pignoramento per debiti di diversa natura

Il calcolo del quinto dello stipendio può variare se il debitore ha diversi tipi di debiti. In presenza di più pignoramenti, la legge stabilisce che il massimo trattenibile non possa superare il 50% dello stipendio netto. Questo limite si applica quando il debitore ha più obbligazioni, come debiti alimentari e debiti commerciali o fiscali, ma ogni singolo debito rimane comunque soggetto al limite di un quinto dello stipendio.

Esempio pratico di calcolo

Immaginiamo un lavoratore con uno stipendio lordo di 3.500 euro, che dopo le trattenute fiscali e previdenziali riceve uno stipendio netto di 2.500 euro. Se su questo stipendio viene attivato un pignoramento per un debito commerciale, la somma trattenibile sarà pari a un quinto del netto, ossia:

  • 2.500 euro (stipendio netto) ÷ 5 = 500 euro.

Quindi, il datore di lavoro tratterrà 500 euro al mese fino all’estinzione del debito.

Variazioni del pignoramento

Il quinto dello stipendio pignorabile può cambiare se il reddito del lavoratore subisce variazioni. Se lo stipendio netto aumenta, anche la somma pignorabile aumenterà proporzionalmente, mentre se lo stipendio netto diminuisce, la trattenuta si ridurrà. Il datore di lavoro o l’amministrazione pubblica che gestisce la trattenuta è responsabile dell’adeguamento automatico della somma pignorata.

Eccezioni e limiti particolari

In alcuni casi, il giudice può stabilire che vengano trattenute somme superiori al quinto dello stipendio, specialmente nei casi di debiti alimentari o quando vi sono più pignoramenti contemporanei. Tuttavia, come già accennato, la somma totale trattenuta non può mai superare il 50% dello stipendio netto.

Riassunto per punti:

  • Calcolo del quinto: È basato sul reddito netto del lavoratore, esclusi rimborsi e indennità non retributive.
  • Elementi non inclusi: Indennità, rimborsi spese e altri compensi straordinari non rientrano nel calcolo.
  • Limite massimo cumulativo: In caso di pignoramenti multipli, la somma trattenibile non può superare il 50% dello stipendio netto.
  • Adeguamento automatico: Se lo stipendio cambia, la quota trattenuta viene adeguata di conseguenza.
  • Eccezioni: In casi particolari, come debiti alimentari, il giudice può autorizzare trattenute superiori a un quinto, ma entro il limite massimo del 50%.

Il calcolo del quinto dello stipendio è un processo che richiede attenzione a molti dettagli specifici e alla corretta applicazione delle norme legali. Un avvocato esperto può essere fondamentale per garantire che il processo di pignoramento sia eseguito correttamente, rispettando tutti i limiti previsti dalla legge e assicurando che i diritti del debitore siano protetti.

Cosa succede se lo stipendio viene aumentato o ridotto durante il pignoramento?

Se lo stipendio viene aumentato o ridotto durante il periodo in cui è in corso un pignoramento, la somma trattenuta verrà automaticamente adeguata in base al nuovo importo dello stipendio netto del debitore. Il meccanismo di pignoramento prevede che la trattenuta, calcolata come un quinto dello stipendio, sia sempre proporzionata alla retribuzione netta percepita. Di conseguenza, ogni variazione del reddito comporta un ricalcolo della somma pignorata.

Cosa succede se lo stipendio aumenta?

Se lo stipendio del debitore aumenta durante il periodo di pignoramento, anche la quota pignorata aumenterà proporzionalmente. Questo perché il calcolo del pignoramento viene fatto sullo stipendio netto attuale. Supponiamo che inizialmente un lavoratore percepisca uno stipendio netto di 2.000 euro e che venga pignorato un quinto, ossia 400 euro. Se lo stipendio aumenta a 2.500 euro, la somma trattenuta sarà ricalcolata sulla nuova base, e quindi diventerà 500 euro (il 20% di 2.500 euro). In questo caso, il datore di lavoro o l’amministrazione pubblica, che gestisce la trattenuta, ha l’obbligo di modificare l’importo pignorato per rispecchiare il nuovo stipendio netto del lavoratore.

Cosa succede se lo stipendio viene ridotto?

Nel caso in cui lo stipendio venga ridotto, la quota pignorata diminuisce di conseguenza. Se, ad esempio, un lavoratore passa da uno stipendio netto di 2.000 euro (con una trattenuta di 400 euro) a uno stipendio di 1.800 euro, la somma pignorata verrà automaticamente ridotta a 360 euro, che rappresenta un quinto del nuovo stipendio. Questa riduzione protegge il lavoratore, garantendogli che il pignoramento sia sempre proporzionato al suo reddito attuale, lasciandogli comunque una parte adeguata dello stipendio per coprire le proprie esigenze.

Adeguamento della trattenuta

Il datore di lavoro o l’amministrazione pubblica che gestisce il pagamento dello stipendio è responsabile dell’adeguamento automatico della quota pignorata. Ciò significa che, ogni volta che il reddito del lavoratore subisce una variazione, il datore di lavoro deve calcolare nuovamente la trattenuta basandosi sul nuovo stipendio netto. Questo adeguamento può avvenire anche in modo retroattivo, qualora vi siano ritardi nel rilevare l’aumento o la riduzione dello stipendio.

Eccezioni e limiti

Tuttavia, è importante ricordare che la quota massima cumulativa pignorabile non può superare il 50% dello stipendio netto in presenza di più pignoramenti per debiti di natura diversa (ad esempio, debiti alimentari e commerciali). Anche se lo stipendio aumenta, questo limite rimane valido e tutela il debitore dal rischio di vedersi pignorata una somma eccessiva del proprio reddito.

Esempio pratico:

Immaginiamo un lavoratore che inizialmente percepisce uno stipendio netto di 2.000 euro e subisce un pignoramento di 400 euro (un quinto). Se lo stipendio aumenta a 2.400 euro, la nuova trattenuta sarà ricalcolata e diventerà 480 euro, pari a un quinto del nuovo stipendio. Viceversa, se lo stipendio diminuisce a 1.800 euro, la trattenuta scenderà a 360 euro, sempre mantenendo la proporzione di un quinto.

Riassunto per punti:

  • Aumento dello stipendio: La somma pignorata aumenta proporzionalmente; la trattenuta rimane pari a un quinto del nuovo stipendio netto.
  • Riduzione dello stipendio: La somma trattenuta diminuisce proporzionalmente al nuovo stipendio netto.
  • Adeguamento automatico: Il datore di lavoro o l’amministrazione pubblica adeguano automaticamente la trattenuta in base alle variazioni di stipendio.
  • Limite massimo: Anche in caso di più pignoramenti, la somma pignorata non può mai superare il 50% dello stipendio netto.

In conclusione, il sistema di pignoramento dello stipendio è concepito per adattarsi in maniera flessibile alle variazioni di reddito del lavoratore, garantendo che la trattenuta sia sempre proporzionata e che il debitore non subisca eccessive trattenute rispetto al proprio reddito attuale.

È possibile evitare il pignoramento dello stipendio?

Evitare il pignoramento dello stipendio è possibile, ma richiede l’attivazione di strategie legali specifiche che permettano di prevenire o ridurre l’impatto della procedura esecutiva. Esistono diverse opzioni, alcune delle quali richiedono la negoziazione con il creditore, mentre altre coinvolgono procedure giudiziali o legali che permettono di gestire meglio la situazione debitoria. Vediamo nel dettaglio quali sono le possibilità per evitare o limitare il pignoramento dello stipendio.

1. Accordo di saldo e stralcio con il creditore

Uno dei metodi più comuni e diretti per evitare il pignoramento dello stipendio è quello di negoziare un accordo extragiudiziale con il creditore, chiamato saldo e stralcio. Questa opzione permette al debitore di saldare il debito con il pagamento di una somma ridotta rispetto a quanto dovuto inizialmente, spesso in un’unica soluzione o con un piano di pagamento concordato.

Il vantaggio di questa soluzione è che si evita il pignoramento e si chiude definitivamente la questione debitoria. Tuttavia, per ottenere l’accordo è fondamentale che il debitore dimostri una chiara intenzione di risolvere il debito e una reale difficoltà economica. I creditori sono più propensi ad accettare questa soluzione se si rendono conto che il recupero dell’intera somma potrebbe essere complicato o prolungato nel tempo. Questo approccio richiede una buona capacità di negoziazione e, spesso, l’assistenza di un avvocato esperto in recupero crediti o di un consulente finanziario.

2. Opposizione al pignoramento

Un’altra possibilità per evitare il pignoramento è quella di presentare una opposizione agli atti esecutivi, prevista dall’articolo 615 del Codice di Procedura Civile. Questa strategia può essere applicata quando ci sono vizi formali o procedurali nel pignoramento, ad esempio, se la notifica dell’atto esecutivo non è stata eseguita correttamente o se il titolo esecutivo che legittima il pignoramento è viziato.

Presentare opposizione richiede l’assistenza di un avvocato e, se accolta, può portare all’annullamento del pignoramento o alla sua sospensione temporanea. Tuttavia, questa procedura ha senso solo quando esistono ragioni legali solide per contestare la validità del pignoramento.

3. Piano del consumatore e altre procedure di sovraindebitamento

Se il debitore si trova in una situazione di sovraindebitamento, una delle opzioni più efficaci per evitare il pignoramento dello stipendio è quella di ricorrere alle procedure previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019). Tra queste, il piano del consumatore è una delle procedure più utilizzate dai debitori che hanno un eccesso di debiti rispetto alle loro capacità di rimborso.

Il piano del consumatore consente al debitore di presentare al tribunale un piano di rientro del debito basato sulle sue effettive capacità economiche. Il tribunale, se approva il piano, può sospendere o annullare le azioni esecutive in corso, incluso il pignoramento dello stipendio. Una volta omologato, il piano prevede che il debitore paghi i creditori secondo le modalità concordate, evitando ulteriori esecuzioni forzate.

4. Riduzione del pignoramento per redditi minimi

Un altro modo per ridurre l’importo pignorato o evitare il pignoramento è invocare la protezione del minimo vitale. La legge italiana prevede che una parte dello stipendio o della pensione del debitore sia impignorabile se scende al di sotto di un certo livello considerato essenziale per il sostentamento. Il minimo vitale viene calcolato in base a parametri stabiliti dalla legge, ed è applicato soprattutto per tutelare le fasce di reddito più basse.

In questi casi, la parte dello stipendio o della pensione che eccede il minimo vitale può essere pignorata, ma quella che rientra nella soglia stabilita dalla legge resta intoccabile. Questo meccanismo consente di ridurre significativamente la somma pignorata, specialmente per i lavoratori o pensionati con redditi bassi.

5. Rateizzazione delle cartelle esattoriali

Se il pignoramento è dovuto a debiti fiscali (ad esempio, cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione), è possibile richiedere una rateizzazione del debito prima che venga avviato il pignoramento. La rateizzazione permette di diluire il debito in più pagamenti, evitando che l’Agenzia delle Entrate possa agire direttamente sullo stipendio con un pignoramento.

Per ottenere la rateizzazione, il debitore deve presentare una richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, dimostrando la propria difficoltà economica e la volontà di saldare il debito. Una volta concessa la rateizzazione, l’Agenzia non potrà procedere con il pignoramento fintanto che il debitore rispetta i termini del piano di pagamento.

6. Esdebitazione del debitore incapiente

In casi di grave difficoltà economica, il debitore può ricorrere alla procedura di esdebitazione prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Questa procedura è destinata ai debitori che non hanno risorse sufficienti per far fronte ai loro debiti e che si trovano in uno stato di assoluta insolvenza. L’esdebitazione consente la cancellazione totale dei debiti residui, compresi quelli che hanno portato al pignoramento dello stipendio.

Per accedere a questa procedura, il debitore deve dimostrare di essere incapiente e di aver agito in buona fede, ovvero di non aver contratto i debiti con dolo o negligenza grave. Una volta ottenuta l’esdebitazione, tutti i pignoramenti in corso vengono sospesi o annullati.

Riassunto per punti:

  • Saldo e stralcio: Negoziare un accordo con il creditore per chiudere il debito con un pagamento ridotto.
  • Opposizione al pignoramento: Presentare opposizione per vizi procedurali o formali.
  • Piano del consumatore: Usare le procedure di sovraindebitamento per sospendere il pignoramento e ristrutturare il debito.
  • Minimo vitale: Invocare la protezione del minimo vitale per ridurre la somma pignorata.
  • Rateizzazione debiti fiscali: Chiedere la rateizzazione delle cartelle esattoriali prima del pignoramento.
  • Esdebitazione: In caso di incapacità economica grave, richiedere la cancellazione dei debiti e la sospensione dei pignoramenti.

Avere il supporto di un avvocato esperto in esecuzioni forzate e cancellazione debiti è fondamentale per scegliere la strategia più adatta in base alla propria situazione finanziaria e per garantire che le procedure vengano condotte correttamente, rispettando i diritti del debitore.

Riassunto per punti:

  • Pignoramento massimo: Non può superare il 20% dello stipendio netto, ovvero un quinto.
  • Cumulo di pignoramenti: In casi di pignoramenti multipli, il massimo trattenibile è il 50% dello stipendio netto.
  • Beni impignorabili: Redditi minimi e sussidi assistenziali sono generalmente impignorabili.
  • Settore pubblico e privato: Le procedure variano leggermente, ma il principio del pignoramento di un quinto è valido per entrambi i settori.
  • Accordi extragiudiziali: È possibile negoziare con il creditore per evitare o ridurre il pignoramento tramite accordi o procedure di sovraindebitamento.

Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti e Pignoramenti dello Stipendio

Affrontare un pignoramento dello stipendio rappresenta uno dei momenti più complessi e stressanti per un debitore. Non solo si vede sottratta una parte consistente del proprio reddito mensile, ma spesso la situazione è resa più difficile da una comprensione limitata delle leggi che regolano tali procedure. Il pignoramento può generare ansia e preoccupazione, soprattutto se il debitore non ha una conoscenza approfondita dei propri diritti e delle modalità per difendersi adeguatamente. È in questi momenti che diventa fondamentale l’assistenza di un avvocato esperto in cancellazione debiti e pignoramenti dello stipendio.

Innanzitutto, il pignoramento dello stipendio, come descritto dal Codice di Procedura Civile, è una misura esecutiva che consente al creditore di recuperare i propri crediti, trattenendo direttamente una parte dello stipendio del debitore. Per quanto legittima, questa procedura può avere un impatto devastante sulla vita quotidiana di una persona, compromettendo la sua capacità di far fronte alle spese essenziali. La legge stabilisce che, di norma, non possa essere pignorato più di un quinto dello stipendio netto, ma esistono eccezioni e particolari condizioni che possono complicare ulteriormente la situazione. Per esempio, nei casi di debiti alimentari, la quota pignorabile può essere aumentata, e se vi sono più pignoramenti simultanei, la somma complessiva trattenuta non può superare il 50% dello stipendio netto.

La comprensione di queste regole è solo uno degli aspetti che richiede una conoscenza specifica. Sapere quando e come contestare un pignoramento, oppure come negoziare un accordo con il creditore, sono elementi che possono fare una grande differenza per un debitore. Un avvocato specializzato ha la competenza necessaria per valutare la situazione nel dettaglio e identificare la strategia più efficace. Per esempio, un avvocato esperto è in grado di verificare se esistono vizi procedurali che possono portare alla contestazione del pignoramento. Un errore nella notifica dell’atto esecutivo, un titolo esecutivo invalido o altre irregolarità possono invalidare l’intera procedura. Senza l’intervento di un avvocato, un debitore potrebbe non accorgersi di queste possibilità e subire ingiustamente una trattenuta sullo stipendio.

Un altro aspetto cruciale che un avvocato può gestire riguarda la negoziazione di un accordo extragiudiziale con il creditore. La possibilità di chiudere il debito con un saldo e stralcio, pagando una somma ridotta rispetto al totale, può essere una soluzione vantaggiosa sia per il debitore che per il creditore. Tuttavia, questa opzione richiede una trattativa spesso complessa, in cui l’avvocato può svolgere un ruolo chiave. La sua conoscenza delle dinamiche legali e finanziarie gli consente di proporre soluzioni realistiche e di far leva sulla difficoltà che il creditore potrebbe incontrare nel recuperare l’intera somma tramite il pignoramento. Un avvocato esperto può quindi rappresentare un mediatore tra le parti, aiutando il debitore a trovare un accordo che riduca la pressione finanziaria e al tempo stesso soddisfi il creditore.

Un altro aspetto delicato è la gestione delle procedure di sovraindebitamento, che consentono al debitore di ristrutturare i propri debiti in base alla capacità di pagamento reale. Il piano del consumatore, previsto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, è una delle soluzioni più efficaci per chi si trova in uno stato di sovraindebitamento. Tuttavia, accedere a questa procedura richiede la presentazione di un piano ben strutturato e documentato, che un avvocato esperto è in grado di redigere con accuratezza. Il supporto legale in queste circostanze è fondamentale per garantire che il piano venga omologato dal tribunale e che i pignoramenti in corso vengano sospesi o ridotti.

Un aspetto importante che molti debitori non conoscono è la possibilità di ridurre il pignoramento nel caso in cui il proprio stipendio o pensione sia vicino al minimo vitale. La legge tutela i redditi più bassi, garantendo che una parte del reddito non possa essere toccata per permettere al debitore di mantenere una vita dignitosa. Anche qui, l’assistenza di un avvocato è cruciale per determinare se il reddito del debitore rientra nei parametri del minimo vitale e per far valere questo diritto dinanzi al giudice, assicurando che il debitore non subisca trattenute eccessive che potrebbero compromettere il suo sostentamento.

In casi estremi, come quelli di insolvenza totale, l’avvocato può aiutare il debitore a richiedere l’esdebitazione, una procedura che permette la cancellazione dei debiti residui e l’annullamento delle azioni esecutive, compreso il pignoramento dello stipendio. Questa procedura è riservata ai debitori che dimostrano di non avere risorse sufficienti per pagare i propri debiti e di aver agito in buona fede. Anche in questo caso, l’intervento di un professionista è essenziale, poiché la procedura di esdebitazione è complessa e richiede una dettagliata analisi della situazione economica del debitore.

L’avvocato gioca anche un ruolo fondamentale nel gestire i tempi e le scadenze del pignoramento. Il Codice di Procedura Civile prevede tempistiche precise per la notifica e l’esecuzione del pignoramento, e un avvocato è in grado di monitorare ogni fase della procedura per assicurarsi che il debitore non perda opportunità di difesa o possibilità di ridurre la trattenuta. Ad esempio, in caso di aumento o riduzione dello stipendio durante il pignoramento, l’avvocato può intervenire per garantire che la quota trattenuta venga ricalcolata correttamente, evitando che il debitore paghi più del dovuto.

In conclusione, la complessità del pignoramento dello stipendio e la varietà di strumenti legali disponibili per difendersi rendono indispensabile il supporto di un avvocato esperto in cancellazione debiti e pignoramenti. L’avvocato non solo garantisce che i diritti del debitore vengano rispettati, ma può anche aiutare a trovare soluzioni personalizzate che riducano l’impatto economico e psicologico del pignoramento. La sua capacità di gestire le trattative con il creditore, di individuare eventuali errori procedurali, di presentare piani di rientro sostenibili o di richiedere l’esdebitazione, può fare la differenza tra subire passivamente una situazione di difficoltà economica e riuscire a riprendere il controllo delle proprie finanze.

In tal senso, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).

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Giuseppe Monardo

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