Cosa Fare Quando L’Agenzia Delle Entrate Ti Blocca Il Conto Corrente?

Quando l’Agenzia delle Entrate blocca un conto corrente, il titolare del conto si trova in una situazione di forte limitazione economica, poiché non può disporre liberamente dei propri fondi. Questo blocco si verifica spesso per mancato pagamento di imposte, tasse o contributi, e può essere una misura particolarmente gravosa, specie per chi si trova in difficoltà finanziarie. Secondo l’articolo 72-bis del DPR 602/1973, l’Agenzia delle Entrate ha il diritto di disporre il pignoramento presso terzi, bloccando le somme presenti sul conto corrente del debitore fino a quando non verrà saldato il debito.

La procedura inizia con la notifica dell’atto di pignoramento. Il debitore riceve una comunicazione formale che indica l’ammontare del debito e le istruzioni per risolvere la situazione. Allo stesso tempo, la banca blocca il conto corrente, congelando i fondi presenti. Questo significa che il debitore non può prelevare denaro né effettuare pagamenti fino a quando non verrà sanata la situazione. Tuttavia, la legge italiana prevede alcune protezioni per garantire che il debitore possa continuare a vivere dignitosamente, anche in caso di pignoramento del conto corrente.

Un aspetto fondamentale da tenere in considerazione è che non tutte le somme presenti sul conto possono essere pignorate. L’articolo 545 del Codice di Procedura Civile stabilisce che solo una parte delle entrate, come stipendi e pensioni, può essere pignorata. Di norma, solo un quinto dello stipendio o della pensione può essere trattenuto dall’Agenzia delle Entrate, lasciando al debitore una parte sufficiente per coprire le spese essenziali. Inoltre, alcune somme come le indennità di invalidità e gli assegni di mantenimento per i figli o il coniuge sono totalmente impignorabili.

Dopo aver ricevuto la notifica del blocco, il debitore deve agire rapidamente. La prima cosa da fare è verificare la legittimità del pignoramento. È possibile che ci siano errori nella procedura o nell’importo richiesto, ed è quindi consigliabile consultare un avvocato o un consulente tributario per ottenere una valutazione accurata della situazione. Se ci sono motivi validi per contestare il pignoramento, è possibile fare opposizione. L’opposizione va presentata entro 40 giorni dalla notifica e richiede l’intervento del tribunale competente.

Nel caso in cui il pignoramento sia legittimo, la soluzione più comune per sbloccare il conto corrente è il pagamento del debito. Se il debitore ha la possibilità di saldare il debito in un’unica soluzione, il conto può essere sbloccato entro 15-30 giorni dalla conferma del pagamento. Tuttavia, non tutti i debitori sono in grado di pagare l’intero importo in una volta sola. In questi casi, è possibile richiedere una rateizzazione del debito. La rateizzazione permette di diluire il pagamento in più rate mensili, riducendo l’impatto finanziario immediato sul debitore. Una volta accettata la richiesta di rateizzazione, l’Agenzia delle Entrate comunica alla banca lo sblocco del conto, consentendo al debitore di accedere nuovamente ai propri fondi, anche se in modo parziale.

È importante notare che durante il periodo di rateizzazione il conto corrente può rimanere parzialmente bloccato. Ciò significa che le somme che eccedono il minimo vitale continueranno a essere trattenute dalla banca fino a quando il debito non sarà completamente estinto. Tuttavia, il debitore potrà comunque utilizzare una parte delle sue entrate per coprire le spese quotidiane.

Un altro aspetto da considerare riguarda i nuovi accrediti sul conto corrente pignorato. Se il debitore continua a ricevere lo stipendio o la pensione sul conto bloccato, queste somme possono essere in parte pignorate. L’articolo 545 del Codice di Procedura Civile prevede che solo un quinto dello stipendio o della pensione può essere pignorato, mentre la parte restante rimane a disposizione del debitore. Questo garantisce che il debitore possa continuare a sostenersi, nonostante il blocco del conto corrente.

In conclusione, affrontare un blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate richiede una gestione tempestiva e accurata. È fondamentale verificare la legittimità del pignoramento e, se necessario, presentare opposizione entro i termini previsti. In alternativa, è possibile sanare il debito tramite il pagamento in un’unica soluzione o richiedendo una rateizzazione. In ogni caso, è consigliabile agire rapidamente per evitare che il blocco del conto corrente causi ulteriori difficoltà economiche. Rivolgersi a un avvocato o a un consulente tributario è essenziale per comprendere i propri diritti e per ottenere il miglior risultato possibile.

Ma andiamo nei dettagli con domande e risposte.

Cosa significa blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate?

Il blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate è una misura coercitiva utilizzata per recuperare crediti fiscali non pagati. In questo contesto, la banca riceve un atto di pignoramento che la obbliga a congelare i fondi presenti sul conto del debitore, impedendone l’utilizzo per prelievi, bonifici o pagamenti. Il debitore non può accedere alle somme bloccate fino a quando il debito non viene estinto o rateizzato. Tuttavia, esistono limiti legali su quanto può essere trattenuto, in particolare per stipendi e pensioni.

Quando un conto viene pignorato, il titolare del conto riceve una notifica ufficiale dall’Agenzia delle Entrate che specifica l’ammontare del debito e il conto bancario coinvolto. L’obiettivo è recuperare le somme dovute tramite l’importo bloccato. Tuttavia, l’articolo 545 del Codice di Procedura Civile stabilisce che solo una parte delle entrate, come stipendi o pensioni, può essere pignorata, lasciando al debitore una porzione per il proprio sostentamento.

Il processo di blocco inizia con l’ordine di pignoramento che l’Agenzia invia alla banca, e viene notificato contemporaneamente al debitore. Da quel momento, tutte le somme già presenti e quelle future possono essere soggette a pignoramento, fino a coprire l’importo totale del debito. Il debitore ha la possibilità di contestare il blocco, facendo opposizione entro 40 giorni dalla notifica. Questa procedura è fondamentale per verificare che l’ammontare sia corretto e che tutte le norme siano rispettate.

Il blocco può causare difficoltà finanziarie, poiché il titolare del conto non può accedere liberamente ai fondi. Tuttavia, il debitore può optare per pagare il debito in un’unica soluzione, oppure richiedere una rateizzazione che consente di diluire il pagamento in più rate mensili. La rateizzazione è una delle soluzioni più utilizzate per permettere al debitore di continuare a gestire il proprio bilancio senza essere completamente escluso dai suoi fondi.

Riassunto per punti:

  • Il blocco è una misura coercitiva per recuperare debiti fiscali.
  • Solo una parte delle entrate può essere pignorata, come stabilito dall’articolo 545.
  • Il debitore può fare opposizione entro 40 giorni.
  • È possibile pagare il debito in un’unica soluzione o richiedere la rateizzazione.

Quali sono i motivi principali del blocco del conto corrente?

Il blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate può avvenire per diversi motivi, tra cui:

  1. Mancato pagamento di imposte o tasse: Il motivo più comune per cui un conto viene bloccato è il mancato pagamento di imposte come l’IRPEF, l’IVA o i contributi previdenziali. Quando il debito fiscale accumulato non viene saldato entro i termini, l’Agenzia delle Entrate può avviare la procedura di pignoramento per recuperare l’importo dovuto.
  2. Omesso versamento di contributi previdenziali o tributi locali: Anche i contributi dovuti a enti come l’INPS o tributi locali come IMU e TARI possono portare al pignoramento del conto corrente.
  3. Inadempienza a una cartella esattoriale: Se il contribuente non rispetta una cartella esattoriale inviata dall’Agenzia delle Entrate, e non provvede al pagamento o alla richiesta di rateizzazione entro i termini, l’ente può procedere al blocco del conto.

Come viene notificato il blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate?

Quando l’Agenzia delle Entrate blocca un conto corrente, il debitore riceve una notifica formale che informa dell’avvenuto pignoramento. Questa notifica può arrivare tramite raccomandata, PEC, o in alcuni casi, essere consegnata direttamente da un ufficiale giudiziario. Allo stesso tempo, la banca riceve una comunicazione che ordina il blocco delle somme presenti sul conto fino a concorrenza del debito. Da quel momento, il debitore non può accedere ai fondi congelati fino a quando non viene risolta la questione, solitamente tramite pagamento del debito o rateizzazione.

La notifica contiene informazioni dettagliate, tra cui l’importo dovuto, il riferimento normativo al pignoramento (secondo l’articolo 72-bis del DPR 602/1973), e le modalità per risolvere la situazione. È essenziale che il debitore agisca rapidamente per evitare che il blocco si prolunghi inutilmente. Il debitore ha il diritto di contestare il pignoramento, facendo opposizione entro 40 giorni dalla notifica, se ritiene che ci siano errori nella procedura o nell’ammontare del debito.

Il ruolo della banca è quello di attuare l’ordine dell’Agenzia, bloccando i fondi presenti sul conto corrente del debitore fino a quando il debito non viene saldato o rateizzato. Tuttavia, il debitore può continuare a ricevere notifiche di nuovi accrediti e in parte accedere a somme impignorabili, come previsto dalle tutele legali.

Cosa fare subito dopo aver ricevuto la notifica del blocco?

Dopo aver ricevuto la notifica del blocco del conto corrente, il primo passo è verificare l’entità del debito e le possibilità di risoluzione. Esistono diverse opzioni per affrontare il problema:

  1. Verifica della legittimità del pignoramento: È consigliabile consultare un avvocato o un consulente tributario per assicurarsi che il pignoramento sia legittimo e che non vi siano errori procedurali o discrepanze nell’importo richiesto.
  2. Contattare l’Agenzia delle Entrate: Se il pignoramento è legittimo, è necessario contattare l’Agenzia delle Entrate per discutere la possibilità di sanare il debito. Si può optare per il pagamento in un’unica soluzione o richiedere una rateizzazione del debito, come previsto dalla normativa fiscale. La rateizzazione consente di diluire il pagamento in più tranche, evitando di dover pagare l’intero importo in una volta sola.
  3. Presentare opposizione: Se si ritiene che il pignoramento sia illegittimo o che l’importo non sia corretto, è possibile presentare opposizione entro 40 giorni dalla notifica. L’opposizione deve essere formalizzata presso il tribunale competente e può essere fondata su motivazioni come l’eccessiva gravità del provvedimento o errori nella procedura di esecuzione.

Quali somme non possono essere pignorate?

Non tutte le somme presenti sul conto corrente possono essere pignorate. Esistono infatti delle tutele per il debitore, che garantiscono che una parte delle sue entrate rimanga disponibile per il sostentamento. In particolare:

  • Stipendi e pensioni: Solo una parte dello stipendio o della pensione può essere pignorata, solitamente fino a un quinto dell’importo netto. Questa limitazione è prevista dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile e serve a garantire che il debitore possa continuare a sostenersi.
  • Assegni di mantenimento e indennità per invalidità: Le somme destinate al mantenimento dei figli o del coniuge, così come le indennità per invalidità, sono impignorabili.
  • Minimo vitale: In caso di accrediti come stipendi o pensioni, la legge prevede che il debitore mantenga una somma pari ad almeno una volta e mezzo l’assegno sociale.

Cosa fare se si opta per la rateizzazione?

Optare per la rateizzazione del debito con l’Agenzia delle Entrate è una scelta vantaggiosa per evitare l’impatto immediato di un pagamento completo, diluendo l’importo in rate mensili. Una volta deciso di procedere, il primo passo è presentare una richiesta formale all’Agenzia delle Entrate. La domanda deve includere tutta la documentazione necessaria per dimostrare la difficoltà economica e l’incapacità di pagare il debito in un’unica soluzione.

Una volta che la richiesta è accettata, l’Agenzia delle Entrate sospende temporaneamente le azioni esecutive, tra cui il blocco del conto corrente, e consente di rientrare progressivamente dal debito. Il pagamento avviene secondo un piano mensile, con importi predeterminati, e consente al debitore di mantenere accesso parziale ai fondi sul proprio conto. Tuttavia, alcune somme possono rimanere bloccate finché non vengono completati tutti i pagamenti previsti dalla rateizzazione.

Durante il periodo di rateizzazione, il debitore è tenuto a rispettare rigorosamente i termini concordati. Il mancato pagamento di una o più rate può comportare l’annullamento del piano di rateizzazione e la ripresa delle azioni esecutive, tra cui il blocco totale del conto. È quindi fondamentale seguire con precisione il piano di pagamento.

Un altro aspetto importante della rateizzazione è che essa può avere un impatto positivo non solo sul conto corrente, ma anche su altre azioni esecutive, come pignoramenti di immobili o stipendi. Pagare il debito in modo rateale evita ulteriori interventi coercitivi da parte dell’Agenzia delle Entrate e dà al debitore la possibilità di gestire la propria situazione finanziaria con maggiore serenità.

Riassunto per punti:

  • Presentare una richiesta formale per la rateizzazione con la documentazione necessaria.
  • Una volta approvata, la rateizzazione sospende temporaneamente il blocco del conto.
  • Il pagamento avviene secondo un piano mensile predeterminato.
  • Il mancato pagamento delle rate comporta la ripresa delle azioni esecutive.
  • La rateizzazione consente una gestione più sostenibile del debito ed evita interventi ulteriori.

Quanto tempo ci vuole per sbloccare il conto corrente?

I tempi per sbloccare un conto corrente pignorato variano a seconda della rapidità con cui il debitore risolve la situazione. Se il debito viene pagato in un’unica soluzione, lo sblocco può avvenire entro 15-30 giorni dalla conferma del pagamento. Se invece il debitore opta per la rateizzazione, il conto può rimanere parzialmente bloccato fino al completamento del piano di pagamento, ma sarà comunque possibile accedere a una parte delle somme presenti sul conto.

In caso di opposizione, i tempi di sblocco possono allungarsi, poiché sarà necessario attendere una decisione del giudice. Durante questo periodo, il conto rimane bloccato fino a quando non viene risolta la controversia legale.

Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti Con L’Agenzia Entrate e Riscossione

Affrontare un blocco del conto corrente disposto dall’Agenzia delle Entrate può essere una sfida complessa e destabilizzante. Avere un avvocato esperto in cancellazione debiti e nelle procedure di riscossione dell’Agenzia delle Entrate è essenziale per garantire una gestione efficace e tempestiva di queste situazioni. Il sistema di riscossione italiano, regolato dal DPR 602/1973 e dal Codice di Procedura Civile, prevede norme molto precise su come l’Agenzia delle Entrate può pignorare conti correnti e altre proprietà per riscuotere debiti fiscali. Tuttavia, per il contribuente, queste norme possono sembrare complesse e difficili da navigare senza l’assistenza di un professionista.

Un avvocato esperto nel campo della cancellazione debiti con l’Agenzia delle Entrate ha una conoscenza dettagliata delle varie strategie legali che possono essere utilizzate per difendere il debitore. In primo luogo, è in grado di analizzare la situazione del cliente e verificare la legittimità del pignoramento. Ci sono situazioni in cui i provvedimenti esecutivi possono essere contestati per vizi di forma, errori procedurali o valutazioni eccessive dell’importo dovuto. Un avvocato può presentare opposizione entro i termini previsti dalla legge, normalmente 40 giorni dalla notifica del pignoramento, al fine di sospendere o annullare il blocco.

L’opposizione al pignoramento può essere una delle prime mosse strategiche per guadagnare tempo e ottenere una valutazione più approfondita del debito. Inoltre, un avvocato può identificare eventuali somme impignorabili che, per legge, devono rimanere a disposizione del debitore. Ad esempio, lo stipendio e la pensione sono solo parzialmente pignorabili, fino a un quinto, e alcuni benefici come indennità di invalidità o assegni di mantenimento sono totalmente impignorabili. Senza una corretta assistenza legale, il rischio è che il debitore perda l’accesso a fondi che, in realtà, avrebbe il diritto di conservare.

Un altro aspetto fondamentale della consulenza legale riguarda la rateizzazione del debito. La legge italiana permette di dilazionare i pagamenti in rate mensili, offrendo una soluzione sostenibile per i debitori che non sono in grado di pagare l’intero importo in un’unica soluzione. Tuttavia, la richiesta di rateizzazione non è automatica e richiede la presentazione di una documentazione accurata e convincente. Un avvocato esperto sa come presentare questa richiesta in modo che venga accolta rapidamente, garantendo che il debito venga gestito in maniera più flessibile.

Inoltre, durante il processo di rateizzazione, un avvocato può aiutare a negoziare con l’Agenzia delle Entrate per garantire che le rate siano proporzionate alle reali possibilità economiche del debitore. Questo è particolarmente importante perché il mancato pagamento di una sola rata potrebbe comportare la ripresa delle azioni esecutive, con il rischio di un nuovo blocco del conto corrente o di altre proprietà.

Avere un professionista a fianco è anche cruciale quando si tratta di interpretare le notifiche e le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate. Spesso, le procedure fiscali comportano una serie di atti formali che, per chi non è pratico di diritto tributario, possono risultare incomprensibili. Un avvocato è in grado di spiegare al cliente il significato di ogni notifica, indicare le scadenze da rispettare e assicurarsi che tutte le azioni necessarie vengano intraprese entro i tempi stabiliti dalla legge. Questa capacità di leggere e interpretare rapidamente la documentazione può fare la differenza tra una soluzione rapida e una situazione che si prolunga nel tempo.

Un altro punto da considerare è la capacità di un avvocato di prevenire che la situazione finanziaria del debitore peggiori ulteriormente. Quando un conto corrente è bloccato, il debitore non solo perde l’accesso ai fondi, ma può anche accumulare ulteriori difficoltà economiche, ad esempio, per il mancato pagamento di altre obbligazioni come mutui o bollette. Un avvocato esperto può aiutare a pianificare una strategia per gestire queste scadenze e per evitare che la situazione sfugga di mano.

In casi di sovraindebitamento, un avvocato può anche suggerire l’accesso a strumenti come il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza o l’esdebitazione per soggetti incapienti, che consentono di gestire situazioni di debito critiche in maniera ordinata e strutturata. Attraverso queste procedure, è possibile sospendere temporaneamente le azioni esecutive in corso e proporre un piano di rientro che tenga conto delle reali possibilità del debitore. L’obiettivo è evitare il pignoramento prolungato dei beni e dare al debitore la possibilità di risanare la propria situazione finanziaria senza subire conseguenze devastanti.

Infine, un aspetto che non va sottovalutato è l’impatto psicologico di affrontare un blocco del conto corrente o un pignoramento. Queste situazioni generano ansia e preoccupazione, non solo per le conseguenze economiche immediate, ma anche per l’incertezza sul futuro. Un avvocato esperto offre non solo supporto legale, ma anche un importante sostegno morale, accompagnando il debitore in ogni fase del processo, dal primo contatto con l’Agenzia delle Entrate fino alla risoluzione del debito. Avere una figura di riferimento su cui contare, capace di rispondere a tutte le domande e di difendere i propri diritti, contribuisce a ridurre lo stress e a far sentire il debitore più sicuro.

In sintesi, affrontare un blocco del conto corrente o un pignoramento senza l’assistenza di un avvocato esperto è estremamente rischioso. Le normative fiscali e le procedure di riscossione sono complesse e possono comportare gravi conseguenze economiche se non gestite correttamente. Un avvocato specializzato non solo protegge i diritti del debitore, ma offre soluzioni concrete per risolvere il problema in tempi brevi, garantendo che il blocco del conto venga rimosso il prima possibile e che il debito venga gestito in modo sostenibile.

A tal riguardo, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).

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Giuseppe Monardo

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