Pignoramento Conto Corrente Fisco: Stai Attento a Questo

Il pignoramento del conto corrente da parte del Fisco è una misura coercitiva adottata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per recuperare debiti fiscali non pagati. Questa procedura può avere conseguenze significative sulla vita finanziaria dei contribuenti, poiché impedisce loro di accedere ai fondi presenti sul conto corrente fino a quando il debito non è saldato. Il quadro normativo che regola il pignoramento dei conti correnti è complesso e articolato, con numerose disposizioni di legge che determinano quando e come il Fisco può intervenire.

Secondo l’articolo 72-bis del DPR n. 602/1973, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha il potere di notificare un atto di pignoramento direttamente alla banca presso cui il debitore ha il conto corrente. Questa notifica obbliga la banca a bloccare immediatamente le somme presenti sul conto fino a concorrenza del debito. Le somme pignorate vengono poi trasferite all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per saldare il debito del contribuente. Tuttavia, esistono limiti precisi su quali somme possono essere pignorate, per garantire che il debitore possa continuare a far fronte alle spese essenziali della vita quotidiana.

Per esempio, l’articolo 545 del Codice di Procedura Civile stabilisce che le somme dovute a titolo di pensione non possono essere pignorate per un importo inferiore al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. Nel 2023, questa cifra era pari a 1.068,80 euro, quindi il doppio corrisponde a 2.137,60 euro. Le somme eccedenti questa soglia possono essere pignorate nei limiti stabiliti dalla legge, ossia 1/10 per importi fino a 2.500 euro, 1/7 per importi da 2.500 a 5.000 euro e 1/5 per importi superiori a 5.000 euro.

Il pignoramento del conto corrente può avvenire anche nel caso di accrediti di stipendi. In base alla normativa vigente, le somme accreditate a titolo di stipendio sul conto corrente possono essere pignorate, ma anche qui esistono limiti specifici. Se il saldo del conto corrente è costituito da accrediti di stipendio, l’ultimo stipendio accreditato non può essere pignorato. Inoltre, le somme eccedenti possono essere pignorate nei limiti sopra indicati (1/10, 1/7, 1/5) a seconda dell’importo complessivo dello stipendio.

Un’altra situazione che può portare al pignoramento del conto corrente è l’inadempienza ai pagamenti verso la pubblica amministrazione. L’articolo 48-bis del DPR n. 602/1973 prevede che le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica debbano verificare se il beneficiario di un pagamento sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento. Se l’importo complessivo del debito è pari o superiore a 5.000 euro, il pagamento viene bloccato e segnalato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Il pignoramento del conto corrente può avere conseguenze gravi per i debitori, poiché li priva della possibilità di utilizzare i propri fondi per far fronte alle spese quotidiane. Tuttavia, esistono anche delle misure di difesa che i debitori possono adottare per proteggere i propri diritti. Ad esempio, il debitore può presentare un’opposizione al pignoramento se ritiene che siano stati violati i suoi diritti. L’opposizione deve essere presentata al Tribunale in funzione di Giudice dell’Esecuzione, che valuterà la legittimità del pignoramento e potrà decidere di sospenderlo o annullarlo.

Un’altra opzione a disposizione dei debitori è la rateizzazione del debito. La Legge n. 176/2020, derivante dal Decreto Legge n. 137/2020 (“Decreto Ristori”), ha reso più flessibile l’istituto della rateizzazione, permettendo ai debitori di dilazionare il pagamento del debito in più rate. Durante il periodo di rateizzazione, e finché il debitore è in regola con i pagamenti, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può avviare nuove procedure esecutive. Il pagamento della prima rata comporta l’estinzione delle procedure esecutive avviate, salvo alcune eccezioni specifiche.

Le misure agevolative introdotte dalla Legge di conversione del “Decreto Sostegni-ter” (Legge n. 25/2022) rappresentano un ulteriore strumento di difesa per i debitori in difficoltà. Questa legge ha stabilito l’estinzione delle procedure esecutive per mancato o parziale pagamento delle rate scadute della “Rottamazione-ter” e del “Saldo e stralcio”. Queste misure sono state introdotte per supportare i debitori colpiti dalla crisi economica e sanitaria legata alla pandemia di COVID-19, offrendo loro la possibilità di regolarizzare la propria posizione senza subire ulteriori azioni esecutive.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione dispone anche di strumenti avanzati per individuare i conti correnti e le somme disponibili. Grazie all’accesso alle banche dati, l’Agenzia può verificare in tempo reale le disponibilità sui conti correnti dei debitori e procedere al pignoramento delle somme. Questo rende il sistema di recupero dei crediti molto efficiente, ma anche estremamente invasivo per i debitori.

Il pignoramento del conto corrente può riguardare anche i crediti verso terzi. Ad esempio, se un debitore è un lavoratore autonomo, un professionista o un imprenditore, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può verificare chi sono i suoi clienti abituali e pignorare i crediti che il debitore ha verso questi soggetti. Questa procedura è resa possibile dall’accesso dell’Agenzia alle banche dati che contengono informazioni sui redditi e i rapporti economici del debitore.

In sintesi, il pignoramento del conto corrente da parte del Fisco è una procedura rigorosamente regolata dalla normativa italiana, che prevede limiti precisi per garantire che i debitori possano continuare a far fronte alle spese essenziali. Tuttavia, la complessità delle leggi e delle procedure richiede una conoscenza approfondita e, spesso, l’assistenza di un avvocato esperto in materia di cancellazione debiti e pignoramenti fiscali. Solo con una strategia ben pianificata e una difesa adeguata, i debitori possono proteggere i propri diritti e affrontare efficacemente le azioni esecutive del Fisco.

Ma andiamo nei dettagli con domande e risposte.

Debiti con il Fisco e Blocco del Conto Corrente

Domanda: Quali sono le principali cause del blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate?

Risposta: Il blocco del conto corrente può avvenire a causa di debiti fiscali non pagati. In particolare, se un debitore ha un debito pari o superiore a 5.000 euro con l’Agenzia delle Entrate, può trovarsi di fronte a un blocco del proprio conto corrente. Questo significa che il debitore non potrà accedere ai fondi sul conto fino a quando il debito non sarà saldato.

Domanda: Cosa succede se ho un debito superiore a 5.000 euro con il Fisco?

Risposta: Se il debito con il Fisco è pari o superiore a 5.000 euro, l’Agenzia delle Entrate può attivare il servizio di verifica degli inadempimenti. Questo servizio segnala l’inadempienza all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che può procedere con le necessarie azioni di recupero, inclusi il blocco del conto corrente e il pignoramento di somme depositate.

Domanda: Come influisce il debito fiscale sul pagamento della pensione e del TFR?

Risposta: L’esistenza di un debito con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può causare un ritardo nel pagamento della pensione e del TFR. L’articolo 48 bis del D.P.R. del 29 settembre 1973 prevede che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare un pagamento superiore a diecimila euro, devono verificare se il beneficiario sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento. Se l’importo complessivo del debito è pari o superiore a 5.000 euro, il pagamento della pensione o del TFR può essere bloccato.

Limiti al Pignoramento della Pensione

Domanda: Quali sono i limiti di impignorabilità della pensione?

Risposta: Le somme dovute a titolo di pensione, indennità o altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro (INPS, circ. 23/2023). Questo significa che la pensione non può essere pignorata per un importo inferiore a 1.000 euro, mentre le somme eccedenti possono essere pignorate secondo le seguenti fasce: 1/10 per importi fino a 2.500 euro; 1/7 per importi da 2.500 a 5.000 euro; 1/5 per importi superiori a 5.000 euro.

Domanda: Cosa succede se la pensione viene accreditata sul conto corrente?

Risposta: Le somme accreditate sul conto corrente a titolo di pensione possono essere pignorate con le stesse modalità indicate sopra, tenendo conto del triplo dell’assegno sociale. In pratica, le somme pignorabili sono quelle eccedenti il triplo dell’assegno sociale (3.019,92 euro per il 2023) se l’accredito è avvenuto prima del pignoramento. Se l’accredito avviene in data di pignoramento o successivamente, si applicano le fasce di pignorabilità indicate sopra (1/10, 1/7, 1/5).

Limiti al Pignoramento del TFR

Domanda: Il TFR può essere pignorato?

Risposta: Sì, il TFR può essere pignorato, ma solo per un quinto, ossia per il 20%. Tuttavia, le somme accantonate in un fondo pensione non sono pignorabili durante la fase di accumulo. Queste somme diventano pignorabili solo dopo la riscossione sotto forma di rendita o capitale.

Procedure di Pignoramento

Domanda: Qual è la procedura di pignoramento del conto corrente?

Risposta: Quando l’Agenzia delle Entrate-Riscossione decide di pignorare un conto corrente, notifica un atto di pignoramento alla banca presso cui il debitore ha il conto. La banca è obbligata a bloccare le somme presenti sul conto fino a concorrenza del debito. Le somme pignorate vengono poi trasferite all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per saldare il debito del contribuente.

Domanda: Quali sono i limiti al pignoramento delle somme presenti sul conto corrente?

Risposta: L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare le somme presenti sul conto corrente del debitore, ma esistono due limiti importanti. Se sul conto corrente è accreditato lo stipendio o un’altra indennità derivante da un rapporto di lavoro dipendente, il pignoramento non può estendersi all’ultimo emolumento accreditato. Inoltre, se sul conto corrente è accreditata una pensione o un’indennità che tiene luogo della pensione, le somme non possono essere pignorate per un importo pari al triplo dell’assegno sociale, pari a 1.603,20 euro. L’eccedenza può essere pignorata integralmente, mentre gli accrediti successivi possono essere pignorati nei limiti in cui è pignorabile la pensione.

Difendersi dal Pignoramento

Domanda: Come può il debitore difendersi dal pignoramento?

Risposta: Il debitore può opporsi al pignoramento se ritiene che siano stati violati i suoi diritti. L’opposizione deve essere presentata al Tribunale in funzione di Giudice dell’esecuzione. Un avvocato esperto in cancellazione debiti può assistere il debitore nel presentare l’opposizione e nel difendere i suoi diritti.

Domanda: Quali altre opzioni ha il debitore per difendersi?

Risposta: Il debitore può richiedere la rateizzazione del debito. La rateizzazione permette di dilazionare il pagamento del debito in più rate, evitando così il pignoramento immediato delle somme. Durante il periodo di rateizzazione, e finché il debitore è in regola con i pagamenti, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può avviare nuove procedure esecutive. Il pagamento della prima rata comporta l’estinzione delle procedure esecutive avviate, salvo alcune eccezioni specifiche.

Domanda: Esistono misure agevolative per i debitori in difficoltà?

Risposta: Sì, esistono diverse misure agevolative per i debitori in difficoltà. Ad esempio, la Legge di conversione del “Decreto Sostegni-ter” (Legge n. 25/2022) ha stabilito l’estinzione delle procedure esecutive per mancato o parziale pagamento delle rate scadute della “Rottamazione-ter” e del “Saldo e stralcio”. Inoltre, il Decreto Legge n. 137/2020 (“Decreto Ristori”) ha reso più flessibile l’istituto della rateizzazione, permettendo ai debitori di dilazionare il pagamento del debito in più rate.

Esempi di Pignoramento

Domanda: Potete fornire un esempio pratico di pignoramento del conto corrente?

Risposta: Certamente. Immaginiamo che Maria abbia un debito di 6.000 euro con l’Agenzia delle Entrate. Maria ha un conto corrente con un saldo di 4.000 euro. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione notifica un atto di pignoramento alla banca di Maria, che blocca immediatamente le somme presenti sul conto fino a concorrenza del debito. Maria non potrà accedere ai 4.000 euro presenti sul conto fino a quando il debito non sarà saldato.

Domanda: Cosa succede se le somme sul conto corrente sono inferiori al debito?

Risposta: Se le somme presenti sul conto corrente sono inferiori al debito, la banca bloccherà comunque tutte le somme disponibili fino a concorrenza del debito. Ad esempio, se il debito di Maria è di 6.000 euro, ma sul conto ci sono solo 2.000 euro, la banca bloccherà i 2.000 euro e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione potrà procedere con ulteriori azioni di recupero per recuperare la somma rimanente.

Domanda: E se le somme sul conto corrente sono superiori al debito?

Risposta: Se le somme presenti sul conto corrente sono superiori al debito, la banca bloccherà solo l’importo necessario per saldare il debito. Ad esempio, se il debito di Maria è di 6.000 euro e sul conto ci sono 10.000 euro, la banca bloccherà solo 6.000 euro e Maria potrà continuare ad utilizzare i restanti 4.000 euro.

Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti Con Il Fisco

Affrontare il pignoramento del conto corrente da parte del Fisco è un compito complesso e stressante che può avere gravi ripercussioni sulla vita finanziaria e quotidiana di un individuo. La legge italiana prevede una serie di norme e limiti che regolano questa procedura, ma l’interpretazione e l’applicazione di queste norme possono essere difficili da gestire senza un’adeguata assistenza legale. In questo contesto, l’importanza di avere al proprio fianco un avvocato esperto in cancellazione debiti con il Fisco non può essere sottolineata abbastanza.

Un avvocato esperto in materia di debiti fiscali può offrire una gamma di servizi fondamentali che vanno dalla consulenza preventiva alla difesa legale vera e propria. Una delle prime cose che un avvocato può fare è aiutare il debitore a comprendere la propria situazione finanziaria e le potenziali implicazioni legali del debito accumulato. Questo può includere un’analisi dettagliata delle cartelle esattoriali ricevute, la verifica della correttezza delle somme richieste e la valutazione delle possibili vie di uscita, come la rateizzazione o la richiesta di annullamento parziale del debito.

Uno degli strumenti più utili che un avvocato può proporre è la rateizzazione del debito. La legge italiana, in particolare la Legge n. 176/2020, ha reso più flessibile l’istituto della rateizzazione, permettendo ai debitori di dilazionare il pagamento del debito in più rate. Questa soluzione non solo offre al debitore un sollievo immediato, evitando il blocco del conto corrente, ma permette anche di pianificare il rimborso in modo sostenibile nel tempo. Durante il periodo di rateizzazione, e finché il debitore è in regola con i pagamenti, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può avviare nuove procedure esecutive. Il pagamento della prima rata comporta l’estinzione delle procedure esecutive avviate, salvo alcune eccezioni specifiche.

Un altro aspetto cruciale è la possibilità di contestare le azioni esecutive avviate dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Un avvocato può assistere il debitore nel presentare un’opposizione al pignoramento, che deve essere indirizzata al Tribunale in funzione di Giudice dell’Esecuzione. Questa opposizione può basarsi su vari motivi, tra cui errori procedurali da parte dell’Agenzia, la presenza di pagamenti già effettuati e non contabilizzati, o l’applicazione di importi eccessivi rispetto ai limiti stabiliti dalla legge. Ad esempio, la normativa prevede che le somme accreditate sul conto corrente a titolo di pensione non possono essere pignorate per un importo inferiore al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. Un avvocato esperto saprà individuare eventuali violazioni di questi limiti e agire di conseguenza per proteggere i diritti del debitore.

L’importanza di una consulenza legale esperta si estende anche alla gestione delle comunicazioni e delle notifiche. Spesso, i debitori ricevono notifiche di pignoramento che sono difficili da comprendere senza una formazione giuridica specifica. Un avvocato può aiutare a decifrare questi documenti, spiegare le implicazioni legali e consigliare sul da farsi. Inoltre, può rappresentare il debitore nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, negoziando direttamente con l’ente per trovare soluzioni alternative al pignoramento, come accordi transattivi o piani di pagamento personalizzati.

Un altro vantaggio significativo di avere un avvocato esperto al proprio fianco è la possibilità di accedere a misure agevolative specifiche. Ad esempio, la Legge di conversione del “Decreto Sostegni-ter” (Legge n. 25/2022) ha introdotto l’estinzione delle procedure esecutive per mancato o parziale pagamento delle rate scadute della “Rottamazione-ter” e del “Saldo e stralcio”. Queste misure sono state pensate per aiutare i debitori colpiti dalla crisi economica e sanitaria legata alla pandemia di COVID-19. Un avvocato informato e aggiornato su queste normative può guidare il debitore attraverso il processo di richiesta di tali agevolazioni, aumentando le possibilità di successo.

Inoltre, un avvocato può offrire supporto psicologico e morale, che è spesso trascurato ma fondamentale in situazioni di stress finanziario. Sapere di avere un professionista competente che si occupa del proprio caso può ridurre significativamente l’ansia e la preoccupazione, permettendo al debitore di concentrarsi su altre aree della propria vita e del proprio lavoro. Questo supporto può fare la differenza tra una gestione proattiva del debito e una spirale di problemi sempre più gravi.

Infine, la complessità e la rapidità con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può agire rendono quasi indispensabile l’intervento di un avvocato. Grazie all’accesso a banche dati e a strumenti di verifica in tempo reale, l’Agenzia può individuare rapidamente i conti correnti e le somme disponibili, procedendo al pignoramento senza preavviso. Un avvocato esperto può anticipare queste mosse, preparare una strategia difensiva efficace e intervenire tempestivamente per limitare i danni.

In conclusione, il pignoramento del conto corrente da parte del Fisco è una procedura invasiva che può avere gravi conseguenze per i debitori. La legge offre una serie di strumenti di difesa, ma la loro efficacia dipende in larga misura dalla capacità di utilizzarli correttamente e tempestivamente. In questo contesto, avere al proprio fianco un avvocato esperto in cancellazione debiti con il Fisco è essenziale per proteggere i propri diritti e trovare soluzioni sostenibili. La consulenza legale professionale non solo offre soluzioni pratiche ma anche la tranquillità necessaria per affrontare la situazione con fiducia e determinazione. Un avvocato può fare la differenza tra una soluzione efficace e il peggioramento della situazione debitoria, assicurando che ogni passo sia compiuto nel rispetto della legge e con il massimo beneficio per il cliente.

Da questo punto di vista, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).

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Giuseppe Monardo

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