Non pagare i debiti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può avere conseguenze serie per cittadini e imprenditori. Quando un debito fiscale non viene saldato, si attivano procedure di recupero forzato che possono portare a sanzioni, pignoramenti, fermi amministrativi e, nei casi più gravi, anche all’ipoteca sugli immobili. Ma cosa succede esattamente a chi ignora le cartelle esattoriali?
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER) ha il compito di recuperare le somme non pagate attraverso strumenti legali che vanno dalla notifica di solleciti fino all’avvio di esecuzioni forzate. Le cartelle esattoriali non pagate possono trasformarsi in un problema molto più grande nel tempo, con l’aumento delle sanzioni e degli interessi di mora.
Oltre ai problemi finanziari, chi non paga rischia di vedersi bloccato il conto corrente, ridotto lo stipendio o la pensione e perfino la perdita di beni di valore. Tuttavia, esistono diverse strategie legali per difendersi, ridurre il debito o evitarne il pagamento se ci sono errori nella cartella.
In questo articolo esamineremo quali sono i reali rischi di chi non paga l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, quali strumenti usa il Fisco per recuperare le somme e come difendersi legalmente. Approfondiremo anche le normative aggiornate fino al 2025 e vedremo alcuni esempi pratici per capire meglio cosa fare in queste situazioni.
Ma andiamo ora ad approfondire con Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione debiti con l’Agenzia Entrate Riscossione.
Cosa succede dopo una cartella esattoriale non pagata spiegato nel dettaglio
Ricevere una cartella esattoriale e non pagarla nei termini previsti può avere conseguenze molto gravi per il debitore. Le cartelle esattoriali vengono emesse dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) e rappresentano un atto formale con cui lo Stato o altri enti pubblici (INPS, Comuni, Regioni) richiedono il pagamento di tributi non versati, contributi previdenziali, multe, imposte e altri debiti fiscali. Se il debitore ignora la cartella e non agisce nei tempi stabiliti, il debito diventa esecutivo e può portare a una serie di misure di recupero forzato.
Il primo effetto del mancato pagamento della cartella esattoriale è l’applicazione di interessi e sanzioni. Ogni cartella ha un termine di pagamento di 60 giorni dalla notifica, entro cui il contribuente può saldare l’importo richiesto o presentare opposizione se ritiene che il debito sia illegittimo. Se il pagamento non avviene entro questa scadenza, il debito viene maggiorato con interessi di mora e spese di riscossione, facendo aumentare progressivamente l’importo dovuto.
Una volta scaduto il termine dei 60 giorni, l’Agenzia delle Entrate Riscossione può avviare azioni esecutive per recuperare il credito, senza bisogno di un ulteriore intervento del giudice. A questo punto, il contribuente rischia di subire misure come il pignoramento del conto corrente, il fermo amministrativo dell’auto, il pignoramento dello stipendio o della pensione e, nei casi più gravi, il pignoramento della casa o di altri beni immobili. Le azioni esecutive non vengono avviate automaticamente, ma dipendono dall’importo del debito e dalla situazione patrimoniale del debitore.
Il primo strumento di recupero utilizzato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione è il pignoramento del conto corrente. Se il debitore ha somme disponibili sul proprio conto, l’ente di riscossione può notificare l’ordine di pignoramento direttamente alla banca, che è obbligata a bloccare l’importo corrispondente al debito e a trasferirlo al Fisco. Se il saldo del conto corrente non è sufficiente a coprire l’intero debito, il pignoramento rimane attivo e colpirà anche i successivi accrediti fino al soddisfacimento della somma richiesta.
Se il debitore percepisce uno stipendio o una pensione, l’Agenzia delle Entrate può procedere con il pignoramento presso terzi, notificando l’atto al datore di lavoro o all’ente previdenziale. In questo caso, viene trattenuta una quota dello stipendio o della pensione fino all’estinzione del debito. L’importo pignorabile dipende dalla somma percepita e dalla natura del debito:
- Fino a un massimo di 1/10 dello stipendio per importi fino a 2.500 euro
- Fino a 1/7 per stipendi tra 2.500 e 5.000 euro
- Fino a 1/5 per stipendi superiori a 5.000 euro
Per le pensioni, il pignoramento può avvenire solo sulla parte eccedente il minimo vitale, che attualmente è pari a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 753 euro nel 2024).
Un’altra misura molto temuta dai contribuenti è il fermo amministrativo dei veicoli intestati al debitore. Questo provvedimento viene adottato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione per debiti superiori a 1.000 euro e impedisce l’utilizzo dell’auto o di altri veicoli registrati al PRA. Il fermo viene comunicato con un preavviso di 30 giorni, durante i quali il debitore può ancora pagare il debito o richiedere una rateizzazione. Se il pagamento non avviene, il fermo diventa definitivo e il veicolo non può più circolare fino all’estinzione del debito. L’unico modo per revocare il fermo è pagare il debito o ottenere una dilazione del pagamento.
Se il debito è particolarmente elevato, l’Agenzia delle Entrate può procedere con il pignoramento degli immobili del debitore. Tuttavia, la legge prevede alcune limitazioni per la tutela della prima casa. Non possono essere pignorate le abitazioni che sono l’unico immobile di proprietà del debitore, se adibite a residenza principale e non di lusso. Se il debitore possiede altri immobili o la casa non rientra nelle categorie protette, il Fisco può iscrivere un’ipoteca e avviare il procedimento di vendita forzata.
In caso di debiti fiscali, l’Agenzia delle Entrate può iscrivere un’ipoteca sugli immobili del debitore per garantire il recupero del credito. L’ipoteca viene iscritta per debiti superiori a 20.000 euro e impedisce al debitore di vendere o trasferire la proprietà dell’immobile senza prima saldare il debito. Se il debito non viene pagato, l’ipoteca può trasformarsi in un pignoramento e il bene può essere messo all’asta per soddisfare il credito dell’ente pubblico.
Il contribuente che non ha pagato una cartella esattoriale ha comunque diverse possibilità per evitare l’esecuzione forzata. Una delle soluzioni più utilizzate è la rateizzazione del debito, che permette di dilazionare il pagamento in un massimo di 72 rate mensili (6 anni) e, in situazioni di grave difficoltà economica, fino a 120 rate (10 anni). La rateizzazione sospende le azioni esecutive e impedisce il pignoramento dei beni, a condizione che il debitore rispetti i pagamenti concordati.
Un’altra opzione è la rottamazione delle cartelle, un’agevolazione fiscale che consente di pagare il debito senza sanzioni e interessi di mora. Questa misura viene introdotta periodicamente dal governo e consente ai contribuenti di ridurre l’importo complessivo dovuto, pagando solo il capitale e gli interessi legali. Per aderire alla rottamazione, è necessario presentare domanda entro le scadenze stabilite dalla legge.
Se il debitore si trova in una condizione di sovraindebitamento, può accedere alle procedure previste dal Codice della Crisi d’Impresa per ristrutturare il debito e bloccare le azioni esecutive. Il piano di ristrutturazione dei debiti o l’accordo di composizione della crisi consentono di negoziare una soluzione con il Fisco e ottenere una dilazione del pagamento. In alcuni casi, il tribunale può anche ridurre l’importo complessivo del debito per garantire la sostenibilità del piano di rientro.
Ignorare una cartella esattoriale non pagata è un errore che può portare a conseguenze gravi, tra cui pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche sugli immobili. Per evitare queste situazioni, è fondamentale agire tempestivamente, verificare la possibilità di rateizzare il debito o accedere a strumenti di protezione legale. Più si interviene rapidamente, maggiori sono le possibilità di trovare una soluzione sostenibile e evitare l’aggravarsi della situazione economica.
Il Fisco può pignorare il conto corrente? Quando e Come?
Il Fisco può pignorare il conto corrente di un contribuente quando quest’ultimo non ha saldato debiti fiscali nei tempi previsti. Questo strumento è una delle modalità di riscossione forzata che l’Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER) può utilizzare per recuperare imposte non pagate, contributi previdenziali, multe e altre somme dovute allo Stato o ad enti pubblici. Il pignoramento del conto corrente avviene senza necessità di un passaggio giudiziario e può portare al blocco immediato delle somme disponibili.
Il pignoramento del conto corrente da parte del Fisco segue una procedura ben definita e può essere avviato solo in presenza di determinati presupposti. La prima fase è l’emissione di una cartella esattoriale, che rappresenta la richiesta ufficiale di pagamento da parte dell’ente creditore. Dopo la notifica della cartella, il contribuente ha 60 giorni di tempo per saldare il debito, richiedere una rateizzazione o presentare un’eventuale opposizione se ritiene che la richiesta non sia legittima.
Se il contribuente non agisce entro questi 60 giorni, la cartella esattoriale diventa esecutiva e l’Agenzia delle Entrate Riscossione può procedere con le azioni di recupero forzato. Il primo passo è l’invio di un preavviso di pignoramento, chiamato “intimazione di pagamento”, con cui il contribuente viene nuovamente sollecitato a saldare il debito entro 5 giorni. Se anche questo termine decorre inutilmente, il Fisco può inviare direttamente l’ordine di pignoramento alla banca presso cui il contribuente ha il conto corrente.
Quando il Fisco notifica l’ordine di pignoramento alla banca, l’istituto è obbligato a bloccare immediatamente le somme presenti sul conto corrente fino all’importo richiesto. Se l’importo disponibile è sufficiente a coprire il debito, la banca deve trattenere la somma e versarla direttamente all’Agenzia delle Entrate Riscossione. Se il saldo del conto non è sufficiente a coprire il debito, il pignoramento resta comunque valido e potrà colpire anche gli accrediti successivi, fino al soddisfacimento dell’intero importo dovuto.
Il pignoramento del conto corrente non avviene in modo indiscriminato, ma è soggetto a precise regole di tutela per il contribuente. Ad esempio, se il conto corrente è intestato a più persone (conto cointestato), il Fisco può pignorare solo la parte del saldo riconducibile al debitore, salvo che dimostri che l’intera somma è di sua esclusiva proprietà. Inoltre, alcune somme depositate sul conto godono di particolari tutele e non possono essere pignorate o possono esserlo solo parzialmente.
Se sul conto corrente vengono accreditati stipendi o pensioni, il pignoramento è soggetto a limiti specifici. Nel caso in cui il pignoramento venga eseguito prima che lo stipendio o la pensione siano accreditati, si applicano le regole ordinarie del pignoramento presso terzi, che prevedono un prelievo massimo di:
- 1/10 dello stipendio netto per importi fino a 2.500 euro
- 1/7 per stipendi compresi tra 2.500 e 5.000 euro
- 1/5 per stipendi superiori a 5.000 euro
Se, invece, il pignoramento viene eseguito su un conto corrente in cui lo stipendio o la pensione sono già stati accreditati, la banca deve lasciare disponibile al debitore una somma pari al triplo dell’assegno sociale, che nel 2024 corrisponde a circa 1.506 euro. Ciò significa che, anche in presenza di un debito fiscale, il Fisco non può azzerare completamente il conto corrente di un contribuente, ma deve garantire una soglia minima di liquidità per le spese essenziali.
Alcune somme depositate sul conto corrente sono completamente impignorabili. Tra queste rientrano:
- Le indennità di accompagnamento per invalidità civile
- I sussidi di disoccupazione e le altre misure di sostegno economico
- I risarcimenti per danni biologici o morali
- Le somme destinate a finalità assistenziali o previdenziali
Il pignoramento del conto corrente rimane attivo fino a quando il debito non viene completamente estinto. Tuttavia, il contribuente ha la possibilità di intervenire per cercare di bloccare o sospendere l’esecuzione. Uno dei metodi più efficaci è la richiesta di rateizzazione del debito, che può essere concessa dall’Agenzia delle Entrate Riscossione per importi superiori a 120 euro.
Se il contribuente ottiene la rateizzazione, il pignoramento viene sospeso e le somme bloccate sul conto possono essere sbloccate. Per richiedere la dilazione, è necessario presentare domanda all’Agenzia delle Entrate Riscossione prima che l’ordine di pignoramento diventi definitivo. Le rateizzazioni possono essere concesse fino a 72 rate mensili (6 anni), mentre per situazioni di grave difficoltà economica è possibile ottenere un piano di pagamento fino a 120 rate (10 anni).
Un’altra possibilità per bloccare il pignoramento è presentare opposizione al tribunale, se si ritiene che l’azione esecutiva sia illegittima o viziata da errori. Il contribuente può contestare la validità della cartella esattoriale, la notifica dell’atto di pignoramento o la mancata applicazione delle soglie di impignorabilità. Se il giudice accoglie l’opposizione, il pignoramento viene revocato e le somme già prelevate possono essere restituite.
Un altro strumento per ottenere la sospensione del pignoramento del conto corrente è l’accesso alle procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa. Se il debitore dimostra di trovarsi in una situazione di grave difficoltà economica, può presentare un piano di ristrutturazione dei debiti o un accordo di composizione della crisi, ottenendo la sospensione delle azioni esecutive e la possibilità di negoziare una soluzione con l’Agenzia delle Entrate. Questa opzione è particolarmente utile per chi ha accumulato debiti fiscali elevati e non riesce a far fronte alle richieste di pagamento.
Se il contribuente non adotta alcuna iniziativa per fermare il pignoramento, il Fisco può continuare a prelevare le somme dal conto fino al completo recupero del credito. Nel caso in cui il debito sia particolarmente elevato e il contribuente possieda anche altri beni, l’Agenzia delle Entrate può procedere con ulteriori azioni esecutive, come il pignoramento dello stipendio, il fermo amministrativo dell’auto o l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di proprietà.
In conclusione, il Fisco può pignorare il conto corrente quando il contribuente non paga una cartella esattoriale entro i termini previsti. Il pignoramento avviene notificando un ordine direttamente alla banca, che blocca le somme disponibili fino all’importo dovuto. Esistono però limiti e tutele per il contribuente, come la soglia minima di impignorabilità per stipendi e pensioni, e strumenti per sospendere l’esecuzione, come la rateizzazione del debito o l’opposizione in tribunale.
Affrontare tempestivamente la situazione è essenziale per evitare il blocco totale del conto e ulteriori azioni di recupero forzato. Per questo motivo, è sempre consigliabile verificare le opzioni disponibili e, se necessario, rivolgersi a un professionista per valutare la strategia migliore per proteggere il proprio patrimonio.
Può essere pignorato lo stipendio o la pensione? E Quanto: Tutto Dettagliato
Sì, lo stipendio e la pensione possono essere pignorati, ma la legge stabilisce dei limiti ben precisi per tutelare il debitore e garantirgli un minimo di sostentamento. La percentuale pignorabile dipende dal tipo di debito, dall’importo dello stipendio o della pensione e da dove avviene il pignoramento (presso il datore di lavoro o sul conto corrente).
Tabella riepilogativa: Quanto può essere pignorato?
Tipo di reddito | Dove avviene il pignoramento | Percentuale massima pignorabile | Note importanti |
---|---|---|---|
Stipendio | Presso il datore di lavoro | Fino a 1/5 (20%) | Se ci sono più pignoramenti, si applica un massimo del 50% dello stipendio netto. |
Stipendio | Sul conto corrente | Intero importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa 1.600€ nel 2024) | Se l’accredito è recente, si applica un limite di impignorabilità. |
Pensione | Presso l’INPS | Fino a 1/5 (20%) | È impignorabile la parte che corrisponde a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 755€ nel 2024). |
Pensione | Sul conto corrente | Solo la parte eccedente il doppio dell’assegno sociale (circa 1.000€ nel 2024) | Se la pensione è già stata accreditata da tempo, può essere pignorata senza limiti. |
TFR (Trattamento di fine rapporto) | Dal datore di lavoro o sul conto | Fino a 1/5 (20%) | Il TFR può essere pignorato solo per specifici debiti (es. alimentari o fiscali). |
Indennità di disoccupazione (NASpI) | INPS o conto corrente | Non pignorabile | Il sussidio di disoccupazione è totalmente impignorabile. |
1. Pignoramento dello stipendio
Lo stipendio può essere pignorato in due modi:
- Direttamente dal datore di lavoro (prima che venga accreditato sul conto).
- Dal conto corrente, se il creditore ottiene il blocco del saldo disponibile.
📌 Se il pignoramento avviene presso il datore di lavoro
- Il prelievo massimo è 1/5 dello stipendio netto (20%).
- Se ci sono più pignoramenti (es. debiti diversi), il massimo pignorabile è fino al 50%.
📌 Se il pignoramento avviene sul conto corrente
- Se lo stipendio è appena accreditato, è impignorabile fino a tre volte l’assegno sociale (circa 1.600€ nel 2024).
- Le somme depositate da tempo possono essere pignorate senza limiti, salvo eccezioni.
2. Pignoramento della pensione
Anche le pensioni possono essere pignorate, ma con una protezione maggiore rispetto agli stipendi.
📌 Se il pignoramento avviene presso l’INPS
- Il creditore può pignorare fino a 1/5 (20%) della pensione netta.
- È impignorabile la parte che corrisponde a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 755€ nel 2024).
📌 Se il pignoramento avviene sul conto corrente
- Se la pensione è appena accreditata, è impignorabile fino a due volte l’assegno sociale (circa 1.000€ nel 2024).
- Se i soldi sono depositati da tempo, il pignoramento può avvenire senza limiti.
3. Tipologie di debiti e percentuale pignorabile
La percentuale pignorabile varia in base al tipo di debito:
Tipo di debito | Percentuale pignorabile (su stipendio o pensione) |
---|---|
Debiti ordinari (prestiti, finanziamenti, fornitori, privati) | 1/5 (20%) |
Debiti fiscali (Agenzia Entrate-Riscossione, tasse, multe) | Da 1/10 a 1/5 (a seconda dell’importo dello stipendio o pensione) |
Debiti alimentari (mantenimento figli, ex coniuge) | Stabilito dal giudice (può superare il 20%) |
Più pignoramenti contemporanei | Fino al 50% dello stipendio netto totale |
Se ci sono più pignoramenti, si segue questo ordine di priorità:
- Assegni di mantenimento.
- Debiti fiscali.
- Debiti ordinari.
4. Il caso particolare del TFR (Trattamento di Fine Rapporto)
- Il TFR può essere pignorato fino a 1/5, ma solo per debiti specifici (es. alimentari o fiscali).
- Se viene accreditato sul conto corrente, può essere pignorato senza limiti.
5. Come opporsi a un pignoramento di stipendio o pensione?
Se ritieni che il pignoramento sia illegittimo o eccessivo, puoi:
- Chiedere la riduzione del pignoramento dimostrando che mette a rischio la tua sopravvivenza economica.
- Impugnare il provvedimento se il prelievo supera i limiti di legge.
- Opporsi per errore di notifica o prescrizione del debito.
In conclusione, lo stipendio e la pensione possono essere pignorati, ma con limiti precisi per evitare che il debitore resti senza mezzi di sostentamento. Il massimo pignorabile è il 20% dello stipendio o della pensione netta, con maggiori tutele per le pensioni. Sul conto corrente, lo stipendio e la pensione godono di una protezione parziale, ma solo per gli accrediti recenti. Se il pignoramento è eccessivo o illegittimo, è possibile contestarlo e chiedere la riduzione o la revoca.
Cos’è il fermo amministrativo e quando scatta?
Il fermo amministrativo è una misura cautelare adottata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER) o da altri enti pubblici per garantire il recupero di crediti non pagati. Questo provvedimento consiste nel blocco di un veicolo intestato al debitore, impedendone la circolazione fino a quando il debito non viene saldato o rateizzato. Il fermo amministrativo non è un sequestro né un pignoramento, ma una restrizione che vieta al proprietario del mezzo di utilizzarlo finché la situazione debitoria non viene risolta.
Il fermo amministrativo scatta quando il contribuente non paga una cartella esattoriale entro i termini previsti. Dopo la notifica della cartella, il debitore ha 60 giorni di tempo per saldare l’importo richiesto o richiedere una rateizzazione. Se trascorso questo periodo il debito non viene pagato, l’Agenzia delle Entrate Riscossione può procedere con il fermo del veicolo senza bisogno di un’autorizzazione del giudice.
Prima di applicare il fermo, il Fisco invia un preavviso, concedendo al debitore un ulteriore termine di 30 giorni per saldare il debito o trovare una soluzione alternativa. Se il contribuente non agisce entro questo periodo, il fermo diventa effettivo e il veicolo non può più essere utilizzato. Il provvedimento viene registrato presso il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) e impedisce qualsiasi operazione sul mezzo, come il passaggio di proprietà, la demolizione o la radiazione.
Il fermo amministrativo può essere applicato a qualsiasi veicolo intestato al debitore, inclusi auto, moto, camion e mezzi agricoli. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni: non può essere imposto sui mezzi utilizzati per lo svolgimento dell’attività lavorativa, a condizione che il debitore dimostri che il veicolo è essenziale per la sua professione. Ad esempio, un artigiano che usa il furgone per lavorare può opporsi al fermo, mentre un’auto ad uso privato non gode di questa protezione.
Se il fermo amministrativo è già stato applicato, il debitore ha diverse opzioni per rimuoverlo. Il metodo più immediato è il pagamento integrale del debito, che porta alla revoca automatica del fermo. Se il debitore non può pagare l’intero importo in un’unica soluzione, può richiedere la rateizzazione della cartella esattoriale. In questo caso, il fermo viene sospeso una volta pagata la prima rata e il veicolo può tornare a circolare. Tuttavia, se il contribuente interrompe i pagamenti, il fermo diventa nuovamente operativo.
Un’altra possibilità è la vendita del veicolo con il fermo ancora attivo, ma questa operazione presenta delle limitazioni. Chi acquista un mezzo con fermo amministrativo non può utilizzarlo fino alla cancellazione del provvedimento. Di conseguenza, la maggior parte degli acquirenti evita di acquistare veicoli con questo vincolo, rendendo difficile la vendita a un prezzo equo.
Il fermo amministrativo ha conseguenze pesanti per il debitore, soprattutto se il veicolo è indispensabile per la sua vita quotidiana o per il lavoro. Circolare con un veicolo sottoposto a fermo è vietato e, se si viene fermati dalle forze dell’ordine, si rischiano multe fino a 7.953 euro, oltre alla confisca del mezzo. Se il fermo non viene rimosso e il debito continua a essere insoluto, l’Agenzia delle Entrate può decidere di procedere con il pignoramento del veicolo e la sua vendita all’asta.
Per evitare il fermo amministrativo, è fondamentale agire tempestivamente quando si riceve una cartella esattoriale. Rateizzare il debito, verificare la legittimità della richiesta o cercare una soluzione alternativa sono le strategie migliori per evitare il blocco del veicolo. Ignorare il problema può portare a conseguenze molto più gravi, rendendo difficile la gestione della propria vita lavorativa e personale.
Quando l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può ipotecare la casa?
Quando l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può ipotecare la casa?
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) può iscrivere un’ipoteca sulla casa di un contribuente se il debito supera una determinata soglia e se il contribuente non ha pagato dopo aver ricevuto una cartella esattoriale. Tuttavia, esistono limiti e tutele che impediscono l’ipoteca in alcuni casi.
1. Importo minimo del debito per l’iscrizione dell’ipoteca
L’AdER può ipotecare un immobile solo se il debito complessivo supera €20.000 e se è stata regolarmente notificata una cartella esattoriale non pagata.
Importo del debito | Può essere iscritta ipoteca? |
---|---|
Meno di €20.000 | ❌ No, l’ipoteca non può essere iscritta. |
Oltre €20.000 | ✅ Sì, l’AdER può iscrivere ipoteca. |
Oltre €120.000 | ✅ L’AdER può anche avviare la vendita forzata dell’immobile (con alcune eccezioni). |
2. Procedura prima dell’ipoteca
Prima di iscrivere un’ipoteca, l’AdER deve seguire un iter preciso:
- Notifica della cartella esattoriale
- L’AdER deve inviare una cartella esattoriale con l’indicazione del debito.
- Il contribuente ha 60 giorni per pagare o contestare la cartella.
- Mancato pagamento e iscrizione a ruolo
- Se il debito non viene saldato entro 60 giorni, viene iscritto a ruolo e diventa esecutivo.
- Notifica dell’intimazione di pagamento
- Prima di procedere con l’ipoteca, l’AdER invia un’intimazione di pagamento con un preavviso di 30 giorni.
- Il contribuente ha 30 giorni per pagare, rateizzare o contestare il debito.
- Iscrizione dell’ipoteca
- Se dopo 30 giorni il contribuente non paga, l’AdER può iscrivere ipoteca sull’immobile presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.
3. La casa può essere venduta all’asta?
L’ipoteca non significa che la casa venga immediatamente venduta all’asta. L’AdER può procedere alla vendita forzata solo se il debito supera €120.000 e se il contribuente possiede più immobili.
Situazione | Vendita all’asta possibile? |
---|---|
Unico immobile di proprietà e prima casa | ❌ No, la casa non può essere pignorata né venduta. |
Più immobili intestati al contribuente | ✅ Sì, l’AdER può procedere alla vendita. |
Debito inferiore a €120.000 | ❌ No, la casa non può essere venduta. |
Debito superiore a €120.000 e più immobili** | ✅ Sì, la casa può essere pignorata e venduta all’asta. |
📌 Importante: Se il contribuente ha solo un immobile che è la prima casa e non è di lusso (categorie catastali A/8 e A/9), non può essere pignorato né venduto, ma l’AdER può comunque iscrivere ipoteca.
4. Quando si può contestare l’ipoteca dell’AdER?
È possibile opporsi all’ipoteca nei seguenti casi:
Motivo di contestazione | Come contestare |
---|---|
Il debito è inferiore a €20.000 | Chiedere la cancellazione dell’ipoteca perché non rispetta i limiti di legge. |
Non è stata notificata la cartella esattoriale | Opporsi per vizio di notifica. |
L’immobile è l’unica casa e non è di lusso | Contestare l’ipoteca perché l’AdER non può pignorare la prima casa non di lusso. |
Il debito è prescritto | Opporsi dimostrando che il debito non è più esigibile. |
Mancato invio dell’intimazione di pagamento | Chiedere l’annullamento per mancato rispetto della procedura. |
📌 Il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’iscrizione dell’ipoteca al Giudice Tributario.
5. Come evitare l’ipoteca sulla casa?
✅ Rateizzazione del debito
- Se si richiede una rateizzazione prima dell’iscrizione dell’ipoteca, l’AdER non può procedere con l’ipoteca.
- Se l’ipoteca è già stata iscritta, pagando la prima rata della rateizzazione si può chiedere la cancellazione dell’ipoteca.
✅ Saldo e stralcio o transazione fiscale
- Se il debito è elevato, si può chiedere un saldo e stralcio per pagare solo una parte e ottenere la cancellazione dell’ipoteca.
✅ Ricorso per vizi di forma o prescrizione
- Se il debito è prescritto o irregolare, si può contestare l’ipoteca per farla annullare.
In conclusione l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può iscrivere un’ipoteca su un immobile se il debito è superiore a €20.000 e il contribuente non ha pagato dopo la notifica della cartella esattoriale. Tuttavia, la prima casa non può essere pignorata e venduta, a meno che il contribuente possegga altri immobili e il debito sia superiore a €120.000.
Se l’ipoteca viene iscritta ingiustamente o in violazione delle regole, è possibile presentare ricorso entro 60 giorni per chiederne l’annullamento. Rateizzare il debito o trovare un accordo con l’AdER è la soluzione migliore per evitare l’ipoteca.
Come difendersi dalle azioni esecutive dell’Agenzia Entrate-Riscossione?
Come difendersi dalle azioni esecutive dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione?
Se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) ha avviato un’azione esecutiva contro di te per recuperare un debito (pignoramento, ipoteca, fermo amministrativo), hai diverse opzioni per difenderti. La strategia migliore dipende dalla tipologia di debito, dalla sua legittimità e dalla tua situazione economica.
📌 Le principali azioni esecutive dell’AdER e come difendersi
Tipo di azione esecutiva | Quando può avvenire? | Come difendersi? |
---|---|---|
Pignoramento dello stipendio o pensione | Se il debito supera €5.000 | Chiedere la riduzione del pignoramento per eccessiva onerosità. Dimostrare che il debito è prescritto o contestarlo per vizi di notifica. |
Pignoramento del conto corrente | Se il debito supera €1.000 | Verificare se le somme sono impignorabili (es. stipendio/pensione sotto soglia). Opporsi per errori nella notifica. |
Iscrizione di ipoteca sulla casa | Se il debito supera €20.000 | Verificare se la casa è prima casa non di lusso (A/8 o A/9), in quel caso l’ipoteca può essere annullata. Contestare l’iscrizione per vizi procedurali. |
Fermo amministrativo dell’auto | Se il debito supera €1.000 | Chiedere la sospensione con la rateizzazione del debito. Contestare l’atto se il fermo è stato imposto per errore. |
Blocco della disponibilità sul conto corrente | Se l’importo depositato è superiore ai limiti impignorabili | Dimostrare che il denaro proviene da entrate non pignorabili (es. sussidi, pensioni minime). |
Vendita forzata di un immobile | Se il debito supera €120.000 e il contribuente ha più immobili | Contestare il pignoramento se l’importo dovuto è errato o se la notifica è stata irregolare. |
1️⃣ Controllare la validità del debito e dei documenti notificati
Prima di difenderti, verifica se le azioni esecutive sono legittime. Controlla:
- Se hai ricevuto la cartella esattoriale: l’AdER può agire solo se la cartella è stata notificata regolarmente.
- Se il debito è prescritto: le cartelle hanno una scadenza oltre la quale non sono più esigibili (5 o 10 anni a seconda del tributo).
- Se ci sono errori di calcolo: verifica che l’importo richiesto sia corretto.
📌 Se il debito è irregolare, puoi contestarlo con un ricorso al giudice tributario o civile entro 60 giorni.
2️⃣ Fare opposizione contro le azioni esecutive
Se ritieni che il pignoramento, l’ipoteca o il fermo amministrativo siano illegittimi, puoi:
- Presentare opposizione al Giudice Tributario (per debiti fiscali) entro 60 giorni.
- Presentare opposizione al Tribunale Ordinario (per pignoramenti e fermi amministrativi) entro 40 giorni.
- Chiedere la sospensione dell’azione esecutiva se il debito è contestato.
📌 Motivi per fare opposizione:
✅ Il debito è prescritto.
✅ Il debito è stato già pagato o è stato richiesto un importo errato.
✅ La cartella non è stata notificata regolarmente.
✅ L’azione esecutiva colpisce beni impignorabili (es. pensione minima, prima casa non di lusso).
3️⃣ Rateizzare il debito per fermare le azioni esecutive
Se il debito è corretto ma non riesci a pagarlo subito, puoi chiedere la rateizzazione fino a 120 rate (10 anni).
Importo del debito | Rateizzabile? | Cosa succede alla riscossione? |
---|---|---|
Fino a €60.000 | ✅ Sì, senza necessità di dimostrare difficoltà economiche | Il pignoramento e il fermo amministrativo vengono sospesi. |
Oltre €60.000 | ✅ Sì, ma bisogna dimostrare difficoltà economiche | Il debito si paga in rate mensili, bloccando le azioni esecutive. |
📌 Importante: Se l’ipoteca è già stata iscritta, pagando la prima rata della rateizzazione puoi chiedere la cancellazione dell’ipoteca.
4️⃣ Chiedere la sospensione dell’azione esecutiva per motivi di necessità
Se il pignoramento o l’ipoteca mettono in pericolo la tua sopravvivenza economica, puoi chiedere la riduzione o la sospensione dell’azione esecutiva dimostrando che:
- Il pignoramento lascia meno del minimo vitale per vivere.
- La casa è l’unica abitazione non di lusso e l’AdER non può venderla.
- L’auto soggetta a fermo amministrativo è necessaria per lavorare.
📌 Puoi presentare richiesta di riduzione al giudice dell’esecuzione per ottenere una modifica della misura esecutiva.
5️⃣ Ricorrere alla Legge sul Sovraindebitamento
Se non hai modo di pagare il debito e sei in una situazione di difficoltà economica grave, puoi chiedere l’accesso alla Legge sul Sovraindebitamento (ex Legge Salva Suicidi).
✅ Vantaggi:
- Blocca immediatamente pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi.
- Riduce o annulla i debiti, se dimostri l’impossibilità di pagarli.
- Permette di ristrutturare il debito con un piano sostenibile.
📌 Come si richiede?
- Presentare domanda al Tribunale con l’aiuto di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC).
- Dimostrare di essere in una situazione di grave difficoltà economica.
📌 Conclusione: Strategie per difendersi dalle azioni dell’AdER
Azione dell’AdER | Come difendersi? |
---|---|
Pignoramento dello stipendio/pensione | Chiedere la riduzione o contestare l’importo se errato. |
Pignoramento del conto corrente | Opporsi se colpisce somme impignorabili (es. pensione minima). |
Iscrizione di ipoteca sulla casa | Contestare se è l’unica casa e non di lusso. |
Fermo amministrativo dell’auto | Chiedere la sospensione con la rateizzazione del debito. |
Vendita forzata di un immobile | Contestare la legittimità o ricorrere alla Legge sul Sovraindebitamento. |
📌 Difendersi è possibile!
1️⃣ Controlla la validità del debito (prescrizione, notifica corretta).
2️⃣ Presenta opposizione se il debito è errato o già pagato.
3️⃣ Rateizza per bloccare le azioni esecutive.
4️⃣ Chiedi la sospensione se il pignoramento è eccessivo.
5️⃣ Se la situazione è grave, ricorri alla Legge sul Sovraindebitamento.
Se ricevi un atto esecutivo dall’AdER, agisci subito per evitare pignoramenti o la perdita di beni!
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza può aiutare a risolvere i debiti con il Fisco e come?
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019) rappresenta un’importante riforma del sistema italiano per la gestione delle situazioni di difficoltà economica e debitoria. Questo nuovo quadro normativo ha introdotto strumenti che consentono sia alle imprese che ai privati di affrontare e risolvere il problema dei debiti, compresi quelli nei confronti del Fisco. Per chi ha debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione, il Codice della Crisi offre la possibilità di accedere a procedure che permettono di ristrutturare il debito, ridurre l’importo dovuto e bloccare le azioni esecutive.
Uno degli strumenti più efficaci per chi ha debiti fiscali è la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Questa procedura è pensata per i soggetti non fallibili, come privati, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori, che si trovano in una condizione di impossibilità a far fronte ai propri obblighi finanziari. Attraverso questa soluzione, il debitore può ottenere la sospensione delle esecuzioni in corso e presentare un piano per il rientro del debito, evitando il pignoramento di beni, stipendi e conti correnti.
Uno dei principali strumenti previsti dal Codice della Crisi per risolvere i debiti con il Fisco è il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore. Questa procedura consente a persone fisiche sovraindebitate di proporre un piano sostenibile per il pagamento dei debiti, anche nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Se il piano viene approvato dal tribunale, l’ente di riscossione è obbligato a rispettarlo e non può proseguire con azioni esecutive come il pignoramento di conti, stipendi o immobili.
Per accedere a questa procedura, il debitore deve dimostrare di trovarsi in una situazione di crisi economica e di non essere in grado di pagare integralmente i propri debiti. Un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) aiuta il debitore a redigere un piano di ristrutturazione che tenga conto della sua capacità economica e che permetta di rimborsare il Fisco in modo compatibile con le sue possibilità. Il piano può prevedere una riduzione dell’importo complessivo del debito e la rateizzazione fino a un massimo di 5 anni.
Un altro strumento utile è l’accordo di composizione della crisi, destinato ai piccoli imprenditori e ai professionisti che hanno accumulato debiti fiscali. Questa procedura consente di negoziare direttamente con i creditori, inclusa l’Agenzia delle Entrate, per ottenere uno sconto sul debito e un piano di pagamento dilazionato. Se almeno il 60% dei creditori approva l’accordo, il tribunale lo omologa e tutte le azioni esecutive vengono sospese.
Nei casi più gravi, il Codice della Crisi prevede la liquidazione controllata del patrimonio, una procedura che consente al debitore di liberarsi definitivamente dei debiti cedendo i propri beni. Se il tribunale accoglie la richiesta di liquidazione, tutte le azioni di recupero vengono interrotte e il debitore può ottenere l’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti residui dopo la vendita dei beni disponibili. Questa soluzione è particolarmente utile per chi non ha più possibilità di ripagare il debito in altro modo e vuole ottenere una chiusura definitiva della propria situazione debitoria.
Uno degli aspetti più vantaggiosi del Codice della Crisi è la possibilità di ottenere la sospensione delle esecuzioni già avviate. Se il debitore ha già ricevuto un pignoramento da parte del Fisco, può presentare una richiesta di accesso a una delle procedure di sovraindebitamento e chiedere al tribunale di sospendere il pignoramento fino alla valutazione del piano di ristrutturazione. Questo consente di recuperare liquidità e di negoziare un pagamento più sostenibile, evitando il blocco totale delle risorse economiche del debitore.
Il Codice della Crisi introduce anche il principio della “meritevolezza”, che premia i debitori che hanno accumulato debiti in buona fede e senza dolo. Se il tribunale riconosce che il debitore non ha agito in modo fraudolento o colposo, può concedere condizioni più favorevoli per la ristrutturazione del debito, inclusa la possibilità di ridurre l’importo complessivo dovuto. Questo significa che chi si trova in difficoltà economica non per propria responsabilità ha maggiori possibilità di ottenere un trattamento più favorevole.
Per chi ha debiti fiscali molto elevati, l’accesso alle procedure del Codice della Crisi può rappresentare un’alternativa più vantaggiosa rispetto alla rateizzazione ordinaria offerta dall’Agenzia delle Entrate. La rateizzazione concessa dall’AdER permette di dilazionare il pagamento del debito fino a 120 rate mensili, ma non prevede alcuna riduzione dell’importo complessivo dovuto. Attraverso il piano di ristrutturazione o l’accordo di composizione della crisi, invece, il debitore può ottenere uno sconto sul debito e condizioni di pagamento più flessibili.
In alcuni casi, il Codice della Crisi può anche consentire la cancellazione delle cartelle esattoriali non pagate. Se il debitore dimostra di trovarsi in una situazione di impossibilità totale di pagamento, il tribunale può concedere l’esdebitazione anche senza la necessità di liquidare il patrimonio. Questa soluzione è riservata a chi non possiede beni e ha un reddito insufficiente a garantire il rimborso dei crediti fiscali.
Un altro vantaggio delle procedure previste dal Codice della Crisi è che permettono di ricostruire la propria situazione finanziaria e di evitare il blocco definitivo dell’attività economica. Chi ha accumulato debiti con il Fisco può utilizzare questi strumenti per ristrutturare la propria posizione e tornare progressivamente in regola, evitando il rischio di nuove azioni esecutive. Questo è particolarmente importante per imprenditori e professionisti, che rischiano di perdere la propria attività a causa dei debiti fiscali non pagati.
Affrontare tempestivamente una situazione di debito fiscale con il supporto del Codice della Crisi è fondamentale per evitare che la situazione si aggravi ulteriormente. Più si attende, più aumentano le sanzioni e gli interessi, rendendo più difficile trovare una soluzione sostenibile. Per questo motivo, è consigliabile rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi o a un avvocato specializzato per valutare la migliore strategia da adottare.
In conclusione, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza offre diverse opportunità per risolvere i debiti con il Fisco, permettendo ai debitori di ottenere la sospensione delle esecuzioni, la riduzione del debito e un piano di rientro sostenibile. Grazie a strumenti come il piano di ristrutturazione dei debiti, l’accordo di composizione della crisi e la liquidazione controllata, è possibile evitare il pignoramento di beni e conti correnti, recuperare la propria stabilità finanziaria e ottenere una seconda possibilità per ripartire. La chiave è agire in tempo, evitando di accumulare ulteriori sanzioni e sfruttando le opportunità offerte dalla legge per ristrutturare il proprio debito nel modo più vantaggioso possibile.
Hai Forti Debiti Con Il Fisco? Fatti Aiutare Dagli Avvocati Specializzati di Studio Monardo
L’Avvocato Monardo è un esperto in diritto bancario e tributario, con un’esperienza consolidata nella gestione delle controversie con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Coordina un team di professionisti specializzati nell’assistenza a cittadini e imprenditori che si trovano in difficoltà con il Fisco.
Grazie alla sua iscrizione presso gli elenchi del Ministero della Giustizia come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento e alla sua collaborazione con un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), aiuta i contribuenti a valutare le migliori strategie per ridurre o annullare il debito.
Le sue principali aree di competenza includono:
- Ricorsi contro cartelle esattoriali illegittime. I contribuenti hanno il diritto di opporsi a cartelle esattoriali errate o illegittime attraverso specifici strumenti legali. Se un contribuente riceve una cartella esattoriale che presenta errori di calcolo, notifica irregolare o vizi formali, può presentare un’istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate-Riscossione o avviare un ricorso presso la Commissione Tributaria.
L’opposizione può basarsi su vari motivi:
- Prescrizione del debito: se il debito è prescritto, la cartella può essere annullata.
- Errori di calcolo: importi errati, doppia imposizione o somme già versate.
- Notifica irregolare: se l’atto non è stato notificato correttamente.
- Mancata motivazione dell’atto: una cartella priva di spiegazioni dettagliate può essere contestata.
Il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica della cartella e, se accolto, può portare all’annullamento totale o parziale del debito. Inoltre, se il contribuente dimostra che l’importo richiesto è sproporzionato rispetto alla sua capacità economica, è possibile richiedere una rateizzazione agevolata o una revisione dell’importo dovuto. Rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto tributario è fondamentale per ottenere il miglior risultato possibile in queste situazioni.
- Sospensione delle procedure esecutive e azioni di opposizione. La sospensione delle procedure esecutive è una misura fondamentale per proteggere il patrimonio del debitore e garantire il tempo necessario per trovare una soluzione adeguata alla propria situazione economica.
Quando un contribuente si trova di fronte a una cartella esattoriale o a un atto di pignoramento, può presentare un’istanza di sospensione dell’esecuzione al giudice competente. Questa richiesta può essere motivata da diversi fattori, tra cui la presenza di vizi formali nell’atto, la prescrizione del debito o l’eccessiva onerosità delle somme richieste rispetto alla capacità economica del debitore.
L’opposizione alle azioni esecutive può avvenire in diverse modalità:
- Ricorso alla Commissione Tributaria: se il debito riguarda imposte dirette o tributi locali, il contribuente può contestare l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, con la possibilità di ottenere una sospensione immediata dell’esecuzione.
- Opposizione al Giudice dell’Esecuzione: nei casi di pignoramenti su conti correnti, stipendi o immobili, è possibile avviare un’opposizione diretta per dimostrare l’illegittimità dell’atto esecutivo.
- Richiesta di sospensione in autotutela: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può essere sollecitata direttamente tramite un’istanza di autotutela, se il debito risulta palesemente errato o già prescritto.
Inoltre, se il contribuente è in condizioni di grave difficoltà economica, può accedere a strumenti di rinegoziazione del debito, come la rateizzazione straordinaria in 120 rate o l’applicazione delle misure previste dalla Legge sul Sovraindebitamento.
Un avvocato specializzato può valutare il caso specifico e proporre la strategia più efficace per ottenere la sospensione dell’esecuzione, evitando conseguenze dannose come pignoramenti o ipoteche sugli immobili del debitore.
- Gestione di piani di rientro e negoziazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Affrontare un debito con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può risultare complesso, ma esistono strumenti di gestione che permettono di evitare conseguenze gravi come il pignoramento di beni e conti correnti. La legge prevede diverse soluzioni per i contribuenti in difficoltà, tra cui la rateizzazione e la rinegoziazione dell’importo dovuto.
La rateizzazione del debito consente ai contribuenti di suddividere l’importo in più tranche mensili, rendendo più gestibile il pagamento. In base alla normativa vigente, è possibile accedere a piani di rateizzazione standard fino a 72 rate, mentre per chi dimostra una grave difficoltà economica è prevista una rateizzazione straordinaria fino a 120 rate.
Un’altra strategia efficace è la rinegoziazione del debito, che permette di discutere direttamente con l’ente riscossore per ottenere condizioni di pagamento più favorevoli. In alcuni casi, è possibile accedere a strumenti di definizione agevolata, come la rottamazione delle cartelle, che consente di saldare il debito pagando solo l’importo originario senza interessi e sanzioni. La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto nuove possibilità di saldo e stralcio per debiti di piccola entità, offrendo ai contribuenti un’opportunità concreta di ridurre la propria esposizione fiscale.
La negoziazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve essere condotta con attenzione, analizzando tutti gli strumenti disponibili e scegliendo l’opzione più vantaggiosa in base alla propria situazione finanziaria. Un avvocato esperto può assistere il contribuente nel presentare correttamente l’istanza di rateizzazione o nell’individuare la migliore strategia per ridurre il debito complessivo, evitando il rischio di azioni esecutive come fermi amministrativi e pignoramenti.
- Accesso alle procedure di sovraindebitamento per annullare i debiti insostenibili.
Le procedure di sovraindebitamento rappresentano un’importante opportunità per chi si trova in una situazione di grave difficoltà economica e non è in grado di far fronte ai propri debiti. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) disciplina strumenti specifici che consentono ai debitori non fallibili di ristrutturare o, in alcuni casi, ottenere la cancellazione del proprio debito.
Tra le principali soluzioni disponibili vi sono:
- Piano del consumatore: uno strumento che consente ai debitori con un reddito dimostrabile di presentare un piano di rimborso dei debiti in base alla loro capacità economica. La particolarità di questa procedura è che non richiede il consenso dei creditori, ma solo l’approvazione del giudice, che valuterà la fattibilità del piano e la sua equità.
- Liquidazione controllata del patrimonio: una procedura che prevede la vendita di parte dei beni del debitore per soddisfare i creditori. Una volta completata la liquidazione, il debitore viene liberato dalle obbligazioni residue, ottenendo una seconda possibilità per ripartire senza il peso dei debiti pregressi.
- Esdebitazione del debitore incapiente: una misura che permette la cancellazione totale dei debiti residui nei confronti di chi non dispone di beni o redditi sufficienti a sostenere il rimborso anche parziale. Questa procedura è riservata ai soggetti che dimostrano un’incapacità totale di far fronte agli obblighi finanziari e mira a garantire un nuovo inizio senza vincoli economici insostenibili.
Queste misure possono essere attivate tramite l’assistenza di un avvocato esperto in crisi d’impresa, che guiderà il debitore nella scelta della soluzione più adeguata alla propria situazione, aiutandolo a presentare correttamente la documentazione necessaria e ad ottenere la sospensione delle procedure esecutive in corso.
Se hai ricevuto una cartella esattoriale e vuoi proteggere il tuo patrimonio, è fondamentale agire tempestivamente per evitare conseguenze irreversibili. Le azioni di recupero dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione possono essere aggressive, ma con la giusta strategia legale è possibile tutelarsi ed evitare pignoramenti o altre misure esecutive che potrebbero compromettere la tua stabilità finanziaria.
Lo Studio Monardo offre consulenze specializzate per analizzare la tua situazione, valutare eventuali vizi negli atti ricevuti e proporre soluzioni concrete per ridurre o annullare il tuo debito. Se il tuo caso lo consente, potrai accedere a procedure di sospensione delle azioni esecutive, a piani di rateizzazione sostenibili o, nei casi più gravi, alle soluzioni offerte dalla legge sul sovraindebitamento.
Non aspettare che la situazione diventi ingestibile.
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