Il pignoramento del conto corrente è una delle misure più incisive che un creditore può adottare per recuperare un credito. Quando un debitore si trova in questa situazione, è essenziale comprendere cosa accade dopo il pignoramento e quali strumenti legali possono essere utilizzati per difendersi.
Il blocco del conto corrente può causare difficoltà economiche immediate, poiché impedisce di disporre delle somme depositate, compresi stipendi, pensioni e altre entrate fondamentali per la vita quotidiana. Tuttavia, la normativa italiana prevede limiti e strumenti di tutela per il debitore, permettendo in alcuni casi di recuperare parzialmente o totalmente l’accesso alle proprie risorse.
Comprendere la procedura esecutiva, i diritti del debitore e le possibili azioni da intraprendere è il primo passo per affrontare un pignoramento bancario nel modo più efficace. Le recenti modifiche normative, incluse quelle previste fino al 2025, offrono nuove possibilità di difesa per chi si trova in difficoltà economica.
Ma andiamo nei dettagli con Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazioni pignoramenti dai conti correnti:
Cosa accade subito dopo il pignoramento del conto corrente?
Subito dopo il pignoramento del conto corrente, il creditore ha avviato una procedura esecutiva per ottenere il recupero delle somme che gli sono dovute. Questa procedura è regolata dal Codice di procedura civile italiano, e comporta una serie di passaggi immediati che incidono sia sulla disponibilità delle somme presenti sul conto sia sulle azioni che possono intraprendere il debitore e il creditore.
Una volta notificato il pignoramento alla banca o all’istituto di credito presso cui il debitore ha il proprio conto corrente, la banca blocca immediatamente tutte le somme presenti sul conto fino a concorrenza dell’importo indicato nell’atto di pignoramento. Questo significa che il debitore non può più disporre liberamente delle somme pignorate, né effettuare prelievi, bonifici o altre operazioni. Il blocco delle somme avviene in modo automatico e riguarda sia il saldo disponibile al momento della notifica, sia eventuali somme che verranno successivamente accreditate sul conto.
Successivamente al blocco, la banca è obbligata a inviare una comunicazione al creditore e al tribunale competente, indicando l’ammontare delle somme pignorate e se vi siano effettivamente fondi sufficienti per soddisfare il credito vantato. Questa comunicazione prende il nome di “dichiarazione del terzo pignorato” e costituisce un elemento essenziale per la prosecuzione della procedura esecutiva. Se il conto corrente del debitore non contiene fondi sufficienti, il creditore può comunque agire con altre azioni esecutive per recuperare la somma dovuta.
A questo punto, il giudice dell’esecuzione valuta la situazione e può emettere un provvedimento di assegnazione delle somme pignorate al creditore. Questo provvedimento consente al creditore di ottenere direttamente il trasferimento delle somme dal conto corrente del debitore al proprio favore. In genere, questa fase richiede qualche settimana, ma i tempi possono variare a seconda della complessità della procedura e del carico di lavoro del tribunale.
Nel frattempo, il debitore ha la possibilità di presentare un’opposizione al pignoramento, se ritiene che vi siano motivi validi per contestare la legittimità dell’azione esecutiva. Le opposizioni possono riguardare diversi aspetti, come l’inesistenza del credito, la prescrizione dello stesso o eventuali vizi procedurali. Se l’opposizione viene accolta dal giudice, il pignoramento può essere sospeso o annullato, e le somme bloccate sul conto possono essere nuovamente rese disponibili al debitore.
Se il pignoramento riguarda un conto corrente cointestato, il blocco delle somme si applica solo alla parte spettante al debitore. In assenza di altre indicazioni, si presume che le somme siano divise in parti uguali tra i cointestatari. Tuttavia, il cointestatario non debitore ha la possibilità di dimostrare di essere l’unico proprietario delle somme pignorate, evitando così che queste vengano assegnate al creditore.
Nel caso in cui il pignoramento riguardi somme che derivano da stipendi o pensioni accreditati sul conto corrente, esistono limiti di impignorabilità che devono essere rispettati. In particolare, la legge prevede che l’importo equivalente al triplo dell’assegno sociale non sia pignorabile e che, per la parte eccedente, possa essere pignorato al massimo un quinto dello stipendio o della pensione. Se la banca non applica correttamente questi limiti, il debitore può presentare un’istanza di riduzione del pignoramento.
Dopo il provvedimento di assegnazione delle somme al creditore, le somme vengono effettivamente trasferite dal conto corrente del debitore a quello del creditore. Questa fase segna il completamento del pignoramento, ma non implica automaticamente la cancellazione del debito residuo, se l’importo pignorato non è sufficiente a coprire l’intero ammontare del credito. In tal caso, il creditore può proseguire con ulteriori azioni esecutive per recuperare la parte restante del debito.
Se il conto corrente del debitore risulta vuoto al momento del pignoramento, il creditore può richiedere alla banca il blocco di eventuali somme future accreditate sul conto, come stipendi, pensioni o altri bonifici in entrata. Questo blocco ha effetto fino a quando il credito non viene interamente soddisfatto o fino a quando il creditore non decide di revocare il pignoramento.
In conclusione, il pignoramento del conto corrente comporta il blocco immediato delle somme presenti, la comunicazione alla banca e al tribunale, e il successivo trasferimento delle somme al creditore in caso di provvedimento di assegnazione. Il debitore può presentare opposizione per contestare la legittimità del pignoramento o richiedere la riduzione delle somme pignorate, ma deve agire tempestivamente per evitare che il credito venga definitivamente assegnato.
È possibile recuperare parte delle somme bloccate in caso di pignoramento di un conto corrente?
Il pignoramento di un conto corrente è una delle forme di esecuzione forzata più impattanti per un debitore, poiché blocca l’accesso immediato alle proprie disponibilità finanziarie. Questa misura viene adottata dai creditori per recuperare somme dovute e può riguardare sia conti personali che conti aziendali. Ma è possibile recuperare parte delle somme bloccate? E in che modo il debitore può tutelarsi per evitare il completo azzeramento delle proprie risorse?
La prima cosa da sapere è che non tutte le somme presenti su un conto corrente possono essere pignorate integralmente. Il Codice di procedura civile stabilisce una serie di limiti e tutele per il debitore, a seconda della natura delle somme accreditate sul conto e delle sue condizioni economiche. Comprendere questi limiti è essenziale per chi si trova improvvisamente con un conto bloccato.
Ma quali sono i casi in cui è possibile recuperare parte delle somme pignorate?
Il primo aspetto da considerare riguarda la distinzione tra pignoramento presso la banca e pignoramento presso il datore di lavoro o l’ente previdenziale. Se il conto corrente contiene somme derivanti da stipendio o pensione, la legge prevede che una parte di queste resti impignorabile, per garantire al debitore un minimo vitale per il proprio sostentamento. Nel caso di somme accreditate a titolo di stipendio o pensione, il pignoramento non può superare il quinto dell’importo, salvo che si tratti di crediti alimentari o fiscali, che possono avere regole diverse.
Un caso particolare riguarda i conti correnti su cui vengono accreditati esclusivamente stipendi o pensioni. Se il saldo del conto è inferiore a una determinata soglia (pari a 1,5 volte l’assegno sociale), l’intera somma è impignorabile. Questo significa che il debitore può chiedere alla banca di sbloccare immediatamente la parte non pignorabile, evitando così di rimanere senza risorse.
Ma cosa succede se il pignoramento è già stato eseguito?
Una volta notificato il pignoramento alla banca, il conto viene congelato e le somme presenti vengono destinate al soddisfacimento del credito del creditore procedente. Tuttavia, il debitore può presentare un’istanza di opposizione al giudice dell’esecuzione per chiedere la riduzione o l’annullamento del pignoramento delle somme ritenute impignorabili.
Il pignoramento riguarda tutti i conti bancari di un debitore oppure no?
Il pignoramento dei conti bancari di un debitore non coinvolge automaticamente tutti i suoi conti, ma dipende da diversi fattori legali e procedurali. Il creditore ha il diritto di pignorare il conto corrente o il deposito bancario presso la banca che viene indicata nell’atto di pignoramento, ma questo non significa che tutti i conti del debitore vengano automaticamente bloccati.
Quando un creditore avvia il pignoramento presso terzi, deve indicare espressamente l’istituto di credito presso cui intende agire. Se il creditore conosce solo uno dei conti del debitore, procederà con il pignoramento su quel conto specifico. Tuttavia, se il creditore ha informazioni su più conti bancari intestati al debitore presso diverse banche, può avviare pignoramenti separati per ciascun conto, con la necessità di presentare atti distinti per ogni istituto di credito coinvolto.
In alcuni casi, il creditore può chiedere al tribunale di ottenere informazioni sui conti bancari del debitore, per individuare dove siano depositate le somme. Attraverso l’accesso ai dati finanziari del debitore, il creditore può estendere il pignoramento ad altri conti se emergono ulteriori depositi bancari. Questo strumento viene utilizzato soprattutto in caso di debiti rilevanti, dove si sospetta che il debitore stia occultando fondi su conti secondari.
Se il debitore ha un conto cointestato, il pignoramento riguarda solo la sua quota del saldo disponibile. Se non è specificata una suddivisione diversa, si presume che le somme siano divise equamente tra i cointestatari. Questo significa che, in un conto intestato a due persone, il creditore può pignorare solo il 50% del saldo, salvo prova contraria. Il cointestatario non debitore può dimostrare che le somme depositate sul conto sono esclusivamente di sua proprietà per evitare il blocco dei fondi.
Un aspetto importante riguarda il trattamento degli stipendi e delle pensioni accreditati sul conto. Se il pignoramento avviene su un conto bancario in cui vengono versati regolarmente stipendio o pensione, il giudice applica i limiti di impignorabilità previsti dalla legge. In particolare, una somma pari a tre volte l’assegno sociale rimane impignorabile, mentre la parte eccedente può essere soggetta a pignoramento solo fino a un quinto. Se il pignoramento supera questi limiti, il debitore può presentare opposizione per ottenere una riduzione della somma bloccata.
Un altro caso riguarda i conti aziendali intestati a una società di persone o di capitali. Se il pignoramento riguarda un debito personale del titolare, i conti aziendali non possono essere toccati, salvo che il creditore dimostri che il debitore stia utilizzando il conto della società per fini personali. Tuttavia, se il debito riguarda la società, il pignoramento può coinvolgere i conti aziendali, e in alcune forme societarie, come le SNC, anche i conti personali dei soci.
Nel caso in cui il primo pignoramento non sia sufficiente a soddisfare il credito, il creditore può richiedere un nuovo pignoramento su altri conti bancari, fino al recupero completo della somma dovuta. Tuttavia, ogni nuovo pignoramento richiede una procedura separata e deve essere autorizzato dal tribunale.
Un debitore può cercare di prevenire il pignoramento trasferendo le somme su conti intestati a terzi, ma questa operazione può essere considerata una manovra fraudolenta se effettuata con l’intento di sottrarre fondi ai creditori. Se il creditore dimostra che il trasferimento è stato fatto solo per eludere il pignoramento, può chiedere al giudice di annullare l’operazione e procedere con l’esecuzione forzata anche su quei fondi.
In conclusione, il pignoramento non riguarda automaticamente tutti i conti bancari del debitore, ma solo quelli specificamente indicati nell’atto esecutivo. Se il creditore ha conoscenza di più conti, può avviare pignoramenti separati su ciascuno di essi, mentre i conti cointestati e quelli aziendali seguono regole particolari. Il debitore ha diritto di opporsi in caso di irregolarità o di superamento dei limiti legali di pignorabilità, ma deve agire tempestivamente per evitare che le somme vengano definitivamente assegnate al creditore.
Quali somme non possono essere pignorate?
La normativa vigente stabilisce che alcune somme non possono essere toccate dal creditore. Tra queste vi sono:
- Assegni di accompagnamento per disabili
- Sussidi di natura assistenziale
- Indennità di invalidità
- Fondi destinati a esigenze specifiche come il mantenimento dei figli
Se il creditore tenta di pignorare queste somme, è possibile presentare opposizione al giudice per ottenerne la liberazione.
Come si presenta opposizione al pignoramento del conto corrente? Tutte Le Soluzioni
L’opposizione al pignoramento del conto corrente è un’azione legale che il debitore può intraprendere per contestare l’esecuzione forzata e cercare di ottenere il blocco, la riduzione o l’annullamento del pignoramento. Le soluzioni disponibili dipendono dal motivo per cui il pignoramento viene contestato, dai vizi procedurali che possono essere presenti e dalle circostanze specifiche del debitore. Agire tempestivamente è fondamentale, perché una volta che le somme pignorate vengono assegnate al creditore, diventa molto più difficile recuperarle.
L’opposizione può essere presentata attraverso due tipi principali di ricorsi legali:
- Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., quando il debitore contesta il diritto del creditore a procedere con il pignoramento.
- Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., quando il debitore contesta la validità del pignoramento a causa di errori formali o vizi procedurali.
Se il debitore ritiene che il pignoramento sia illegittimo perché il credito non esiste, è già stato pagato o è prescritto, deve presentare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.). Questa opposizione serve a dimostrare che il creditore non aveva il diritto di avviare la procedura esecutiva. Ad esempio, può essere usata quando il debitore ha già saldato il debito, ma il creditore ha comunque avviato il pignoramento, oppure quando il debito si riferisce a un obbligo che è stato annullato o non riconosciuto legalmente. L’opposizione all’esecuzione può essere proposta prima o dopo il pignoramento, ma se viene presentata dopo che l’atto esecutivo è già in corso, è necessario chiedere la sospensione immediata dell’esecuzione.
Se il pignoramento presenta errori nella procedura, come la mancata notifica degli atti o l’indicazione errata delle somme dovute, il debitore può presentare opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.). Questa opposizione riguarda la forma e la regolarità degli atti del pignoramento, non il merito del debito. Ad esempio, se il pignoramento è stato notificato senza rispettare i termini previsti dalla legge o se l’importo richiesto è superiore a quello effettivamente dovuto, il giudice può annullare il pignoramento o correggere l’importo esecutivo. L’opposizione agli atti esecutivi deve essere presentata entro 20 giorni dalla notifica dell’atto contestato.
Se il pignoramento riguarda somme che per legge non possono essere toccate, il debitore può chiedere la riduzione del pignoramento. Ad esempio, se il conto corrente contiene solo somme derivanti da stipendi o pensioni, la legge prevede specifiche soglie di impignorabilità. In particolare, il triplo dell’assegno sociale (circa 1.600 euro nel 2025) è impignorabile, mentre per la parte eccedente possono essere pignorati solo un quinto dello stipendio o della pensione. Se la banca non ha applicato correttamente questi limiti e ha bloccato somme superiori al dovuto, il debitore può presentare un’istanza di riduzione al giudice dell’esecuzione.
Se il pignoramento riguarda un conto cointestato, il cointestatario che non è debitore può opporsi dimostrando che le somme presenti nel conto appartengono solo a lui. In assenza di prove contrarie, si presume che le somme siano divise equamente tra i cointestatari, ma il cointestatario può presentare documenti bancari o dichiarazioni per dimostrare che i fondi sono esclusivamente suoi e ottenere lo sblocco della sua parte.
In alcuni casi, il debitore può chiedere la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), un’alternativa che consente di sostituire il blocco del conto con il pagamento di una somma equivalente al debito. Questo permette di evitare la vendita forzata dei beni o il trasferimento immediato delle somme al creditore, guadagnando tempo per negoziare un accordo o reperire il denaro necessario.
Se l’importo pignorato è sproporzionato rispetto alla situazione economica del debitore, è possibile presentare un’istanza per ottenere una riduzione della quota pignorata. Il giudice dell’esecuzione può valutare il bilanciamento tra le esigenze del creditore e il diritto del debitore a un minimo vitale, specialmente se il pignoramento mette a rischio la sua sopravvivenza economica.
Se il debitore ha subito un pignoramento a causa di difficoltà finanziarie gravi e non riesce a saldare il debito, può valutare l’accesso alle procedure di sovraindebitamento, previste dalla Legge n. 3/2012 e dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Attraverso strumenti come il Piano del Consumatore o l’Accordo con i Creditori, è possibile ottenere la sospensione delle azioni esecutive e un piano di ristrutturazione del debito, evitando il blocco definitivo delle somme sul conto.
Per presentare un’opposizione al pignoramento, il debitore deve depositare un ricorso presso il tribunale competente, allegando tutta la documentazione che dimostra le proprie ragioni. È consigliabile rivolgersi a un avvocato specializzato in esecuzioni forzate per aumentare le possibilità di successo e gestire correttamente la procedura. Se il tribunale ritiene fondate le motivazioni del debitore, può sospendere il pignoramento e, nei casi più gravi, annullarlo del tutto.
In conclusione, il debitore ha diverse possibilità per opporsi a un pignoramento del conto corrente, a seconda delle circostanze specifiche. Dall’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, alla riduzione o conversione del pignoramento, fino all’accesso a procedure di sovraindebitamento, esistono strumenti legali per difendersi e cercare di limitare i danni economici. L’importante è agire rapidamente e con il supporto di un professionista per evitare che le somme vengano definitivamente assegnate al creditore.
La rateizzazione del debito può bloccare il pignoramento oppure è una soluzione debole?
La rateizzazione del debito può in alcuni casi bloccare il pignoramento, ma non è una soluzione automatica e dipende dalle circostanze specifiche, dal creditore coinvolto e dallo stato della procedura esecutiva. Se il creditore accetta un piano di rientro, il pignoramento può essere evitato o sospeso, ma se la richiesta di rateizzazione viene fatta quando il pignoramento è già in corso, la sua efficacia può essere limitata.
Se il pignoramento non è ancora stato avviato, il debitore può negoziare direttamente con il creditore una rateizzazione del debito, proponendo un piano di pagamento dilazionato. Molti creditori preferiscono accettare un accordo rateale piuttosto che intraprendere una lunga e costosa procedura esecutiva, specialmente se il debitore dimostra la volontà e la capacità di rispettare il piano di rientro. In questo caso, il creditore può rinunciare all’azione esecutiva e il pignoramento non viene mai avviato.
Se il debitore ha ricevuto un atto di precetto, che è il primo passo prima dell’esecuzione forzata, può ancora proporre una rateizzazione per evitare il pignoramento. Il creditore non è obbligato ad accettare, ma se vede una concreta possibilità di recuperare il credito senza dover ricorrere al tribunale, potrebbe accettare una dilazione di pagamento.
Quando il pignoramento è già stato notificato alla banca o al datore di lavoro, la situazione diventa più complessa. Se il pignoramento è stato eseguito su un conto corrente, le somme già bloccate non possono essere sbloccate automaticamente con una semplice richiesta di rateizzazione. Tuttavia, il debitore può proporre un accordo transattivo al creditore e, se questo lo accetta, il creditore può revocare il pignoramento, sbloccando le somme congelate.
Se il pignoramento riguarda lo stipendio o la pensione, il debitore può chiedere una rateizzazione del debito direttamente al creditore oppure tentare una conversione del pignoramento ai sensi dell’articolo 495 del Codice di procedura civile. Questa procedura consente di sostituire il pignoramento con il pagamento rateale di una somma concordata, ma richiede l’autorizzazione del giudice e il deposito di una garanzia sufficiente per il pagamento del debito.
Quando il pignoramento riguarda debiti fiscali e contributivi, la possibilità di bloccare l’azione esecutiva con una rateizzazione dipende dall’ente creditore. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione permette la rateizzazione delle cartelle esattoriali fino a 120 rate (10 anni), e in alcuni casi, se la richiesta di rateizzazione viene accolta prima che il pignoramento venga eseguito, l’azione esecutiva viene sospesa. Tuttavia, se il pignoramento è già in corso, la rateizzazione non lo annulla automaticamente, e l’ente creditore può decidere di proseguire comunque con l’esecuzione.
Un’altra opzione per bloccare il pignoramento è accedere alle procedure di sovraindebitamento, previste dalla Legge n. 3/2012 e dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Queste procedure permettono di ottenere una sospensione delle esecuzioni forzate e la ristrutturazione del debito con un piano di pagamento sostenibile.
Se la rateizzazione viene concessa dopo che il creditore ha già ottenuto il provvedimento di assegnazione delle somme pignorate, non è più possibile annullare il trasferimento delle somme al creditore. In questo caso, il debitore dovrà trovare altre soluzioni per gestire il debito residuo e prevenire ulteriori azioni esecutive.
In definitiva, la rateizzazione può bloccare il pignoramento solo se viene concordata prima dell’esecuzione o se il creditore accetta volontariamente di sospendere l’azione esecutiva. Se il pignoramento è già in corso, la rateizzazione non è una soluzione automatica, ma può essere utilizzata come leva per negoziare con il creditore o per ottenere una conversione del pignoramento attraverso il tribunale. Per evitare rischi e trovare la soluzione più efficace, è fondamentale agire tempestivamente e valutare con attenzione tutte le opzioni disponibili.
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza può aiutare in caso di pignoramento del conto corrente e come?
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, introdotto con il D.Lgs. n. 14/2019, rappresenta uno strumento fondamentale per le imprese e i privati che si trovano in difficoltà finanziaria, offrendo soluzioni per evitare il tracollo economico e la perdita dei beni essenziali. In caso di pignoramento del conto corrente, questo codice può fornire diverse opportunità di tutela, specialmente per i soggetti sovraindebitati.
Una delle principali misure previste è la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, destinata a debitori non soggetti alle procedure concorsuali ordinarie. Attraverso questa procedura, il debitore può presentare un piano di ristrutturazione del debito, che, se omologato dal tribunale, consente di bloccare le azioni esecutive, compreso il pignoramento del conto corrente.
Il piano del consumatore è un’altra opzione accessibile ai privati, che permette di ottenere una riduzione del debito e una rateizzazione compatibile con la situazione economica del debitore. Questo strumento non richiede l’accordo dei creditori, rendendolo particolarmente efficace nei casi in cui il debitore non riesca a trovare una soluzione negoziale con la banca o l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Un ulteriore strumento è la liquidazione controllata del patrimonio, che consente di liquidare i beni del debitore sotto la supervisione del tribunale per soddisfare i creditori in modo equo. Anche in questo caso, l’apertura della procedura sospende eventuali azioni esecutive, inclusi i pignoramenti in corso.
Un elemento chiave introdotto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza è l’esdebitazione, ovvero la possibilità di ottenere la cancellazione dei debiti residui al termine della procedura, a condizione che il debitore abbia agito in buona fede e collaborato con gli organi della procedura. Questo permette di ripartire senza il peso delle obbligazioni passate, prevenendo nuove azioni esecutive sul conto corrente.
Il codice prevede inoltre misure di allerta e di composizione assistita della crisi, strumenti pensati per le imprese che mostrano segnali di difficoltà finanziaria prima che la situazione diventi irreversibile. Se attivata tempestivamente, questa procedura può evitare il pignoramento del conto corrente e altre misure aggressive da parte dei creditori.
Per beneficiare di queste tutele, è fondamentale rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o a un avvocato esperto in diritto fallimentare, che possano guidare il debitore nella scelta della procedura più adatta al proprio caso. Agire con tempestività è cruciale per evitare che il pignoramento diventi definitivo e renda più complessa la risoluzione del problema.
In sintesi, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza offre diversi strumenti per contrastare il pignoramento del conto corrente e consentire al debitore di ripristinare un equilibrio finanziario. Tuttavia, è indispensabile valutare ogni caso specifico con attenzione e con l’ausilio di professionisti esperti per massimizzare le probabilità di successo nella gestione della crisi economica.
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L’Avvocato Monardo è un punto di riferimento a livello nazionale nella gestione di pignoramenti e sovraindebitamento.
Grazie alla sua esperienza in diritto bancario e tributario, coordina un team di avvocati e commercialisti esperti in strategie difensive contro le esecuzioni forzate.
È Gestore della Crisi da Sovraindebitamento ai sensi della L. 3/2012, iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).
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