Il pignoramento del conto corrente è una delle misure più temute dai debitori che si trovano a dover affrontare problemi finanziari. Quando un conto viene bloccato a causa di un’azione esecutiva da parte di un creditore, il titolare si trova spesso impossibilitato a disporre liberamente delle proprie somme di denaro. Ma è davvero impossibile prelevare da un conto pignorato? Ci sono circostanze in cui è possibile recuperare parte delle somme depositate, a seconda della natura del pignoramento e della tipologia dei fondi presenti sul conto.
La normativa italiana prevede alcuni limiti al pignoramento del conto corrente, in particolare per quanto riguarda i redditi da lavoro, le pensioni e i sussidi. Non tutti i soldi depositati possono essere trattenuti dal creditore e, in alcuni casi, il debitore può ottenere lo sblocco parziale o totale delle somme. La giurisprudenza e le modifiche legislative più recenti hanno introdotto strumenti per la tutela del debitore, consentendo in alcune situazioni il recupero del denaro bloccato.
Come funziona il pignoramento del conto corrente? Quando è possibile e quando no?
Il pignoramento del conto corrente è una procedura esecutiva con cui un creditore, compresa l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), può bloccare e prelevare somme dal conto bancario o postale di un debitore per soddisfare un credito non pagato. Questa misura è prevista dall’art. 543 del Codice di Procedura Civile e segue un iter specifico, con limiti e condizioni in base alla natura del debito e del conto pignorato.
Quando è possibile il pignoramento del conto corrente?
Il pignoramento può essere avviato quando:
- Il creditore ha un titolo esecutivo: Il creditore deve essere in possesso di un titolo che attesti il suo diritto al pagamento, come una sentenza, un decreto ingiuntivo, un mutuo non pagato o una cartella esattoriale.
- Il debitore non ha saldato il debito entro i termini previsti: Dopo la notifica del titolo esecutivo e, se necessario, dell’atto di precetto (che concede 10 giorni per il pagamento), il creditore può avviare l’esecuzione forzata.
- Il creditore notifica il pignoramento alla banca o alla posta: L’atto di pignoramento viene inviato direttamente all’istituto bancario, che è obbligato a bloccare immediatamente le somme presenti sul conto fino a concorrenza del debito.
- L’importo pignorato è disponibile sul conto: Se il saldo del conto è sufficiente, le somme vengono trattenute e successivamente trasferite al creditore. Se il saldo è insufficiente, il creditore può agire con altre forme di pignoramento (es. stipendio o immobili).
Quando il pignoramento del conto corrente non è possibile?
Esistono alcuni limiti che impediscono il pignoramento totale o parziale delle somme sul conto:
- Conti con stipendio o pensione accreditati
- Se lo stipendio o la pensione sono già stati accreditati sul conto prima del pignoramento, il creditore può pignorare solo la parte eccedente 1,5 volte l’assegno sociale (circa 780 euro nel 2024).
- Se il pignoramento dello stipendio o della pensione avviene direttamente presso il datore di lavoro o l’INPS, allora la somma versata sul conto può essere pignorata senza limiti, poiché è già stata trattenuta alla fonte.
- Conti cointestati
- Se il conto è cointestato con un’altra persona, il pignoramento può avvenire solo sulla quota di spettanza del debitore, generalmente il 50% del saldo disponibile, salvo prova contraria che dimostri una diversa suddivisione delle somme.
- Importi insufficienti o conto in rosso
- Se il conto corrente è a saldo zero o negativo al momento della notifica del pignoramento, il creditore non può prelevare nulla. Tuttavia, se il debitore effettua nuovi versamenti, le somme accreditate potrebbero essere immediatamente bloccate.
- Conti aziendali e pignoramenti personali
- Se il debito è personale del titolare (es. un amministratore di società), non è possibile pignorare direttamente il conto aziendale della SRL, poiché la società è giuridicamente separata dalla persona fisica.
- Debiti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione
- Se il debitore ha un solo immobile adibito a prima casa e il debito con AdER è inferiore a 120.000 euro, il Fisco non può procedere con il pignoramento immobiliare, ma può comunque agire con il pignoramento del conto corrente.
- Tuttavia, se il debito è inferiore a 1.000 euro, l’AdER non può procedere al pignoramento del conto, a meno che il debito non superi questa soglia con altri importi non pagati.
Come il debitore può opporsi al pignoramento del conto corrente?
Se il pignoramento è già stato avviato, il debitore può:
- Chiedere la rateizzazione del debito, se il creditore lo consente, per sospendere l’azione esecutiva.
- Presentare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), se ritiene che il debito sia già stato pagato, prescritto o illegittimo.
- Opporsi al pignoramento presso terzi (art. 617 c.p.c.), se ritiene che la procedura presenti vizi formali o errori di notifica.
- Chiedere la sospensione dell’esecuzione al giudice dell’esecuzione, se dimostra che il pignoramento gli causa un danno grave ed irreparabile.
In conclusione, il pignoramento del conto corrente è possibile quando il debitore ha un debito certo, liquido ed esigibile e non lo ha pagato nei termini previsti. Tuttavia, ci sono limiti per stipendi e pensioni già accreditati, conti cointestati e conti aziendali. Il debitore ha diversi strumenti per opporsi o limitare l’impatto del pignoramento, ma è fondamentale agire tempestivamente per evitare il blocco definitivo delle somme.
Si può prelevare dallo stipendio o dalla pensione accreditata sul conto pignorato e quanto?
Il pignoramento del conto corrente rappresenta una delle misure più temute dai debitori, in quanto impedisce la piena disponibilità delle somme depositate. Quando un creditore ottiene un titolo esecutivo, può agire direttamente sui conti bancari del debitore per recuperare il proprio credito. Ma cosa succede se sul conto pignorato vengono accreditati lo stipendio o la pensione?
La normativa italiana prevede specifiche tutele per il debitore, soprattutto quando si tratta di somme destinate al sostentamento. Infatti, lo stipendio e la pensione accreditati su un conto corrente pignorato non sono interamente soggetti all’esecuzione forzata, ma godono di limitazioni ben precise. Tuttavia, il trattamento di queste somme dipende da diversi fattori, tra cui il momento dell’accredito e l’importo percepito.
Il primo elemento da considerare è la differenza tra somme già presenti sul conto al momento del pignoramento e somme accreditate successivamente.
Se il pignoramento colpisce un conto in cui lo stipendio o la pensione erano già stati accreditati prima dell’atto esecutivo, non si applicano limiti specifici: il creditore può agire sull’intero importo disponibile, salvo la tutela del minimo vitale per le pensioni.
Diverso è il caso delle somme accreditate dopo il pignoramento. La legge prevede infatti che lo stipendio o la pensione versati sul conto corrente pignorato siano soggetti a una protezione parziale. Questo significa che il debitore potrà comunque prelevare una parte del proprio stipendio o pensione, ma nei limiti stabiliti dalla normativa vigente.
Ma quanto si può prelevare?
Secondo l’art. 545 del Codice di Procedura Civile, lo stipendio accreditato su un conto pignorato può essere prelevato fino al limite massimo dell’ultimo stipendio ricevuto, al netto della quota pignorabile.
Per le pensioni, invece, la protezione è maggiore. La legge stabilisce che una parte della pensione deve rimanere sempre disponibile per il debitore, in modo da garantirgli un minimo vitale. In particolare:
- Le somme accreditate a titolo di pensione possono essere pignorate solo per la parte eccedente il doppio dell’assegno sociale.
- Il doppio dell’assegno sociale costituisce quindi il minimo intoccabile che il debitore ha sempre diritto a prelevare.
Attualmente, l’assegno sociale ha un importo pari a circa 534 euro mensili, quindi il minimo vitale è di circa 1.068 euro. Questo significa che, se la pensione è inferiore a questa soglia, non può essere pignorata. Se invece è superiore, il pignoramento potrà riguardare solo la parte eccedente.
Per quanto riguarda gli stipendi, la disciplina è più articolata. In caso di pignoramento diretto presso il datore di lavoro, lo stipendio può essere pignorato nei seguenti limiti:
- Fino a un quinto per debiti ordinari (ad esempio, finanziamenti non pagati, mutui, carte di credito scoperte).
- Fino a un terzo per debiti alimentari (come il mantenimento per coniuge e figli).
- Fino a un quinto per debiti verso lo Stato, come tasse non pagate o multe.
Tuttavia, se lo stipendio viene accreditato su un conto corrente già pignorato, il debitore ha comunque il diritto di prelevare l’ultimo stipendio percepito al netto della quota pignorabile. Questo significa che, pur essendo bloccato il conto, il debitore non viene totalmente privato della possibilità di accedere alle somme necessarie per il proprio sostentamento.
Ma cosa accade nella pratica?
Quando il conto viene pignorato, la banca è obbligata a bloccare le somme disponibili e a comunicare l’ammontare al creditore procedente. Se sul conto sono presenti solo somme derivanti da stipendio o pensione, il debitore può richiedere alla banca di prelevare la parte di reddito non pignorabile.
Tuttavia, ci sono situazioni in cui il debitore si trova temporaneamente senza accesso alle proprie risorse. Questo può accadere perché, in attesa dell’autorizzazione del giudice o della comunicazione tra banca e creditore, l’istituto di credito può applicare un blocco generale. In questi casi, è fondamentale attivarsi immediatamente e presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione per sbloccare le somme necessarie.
Un altro aspetto critico riguarda i conti cointestati. Se il conto corrente è intestato a più persone, il pignoramento colpisce solo la quota di spettanza del debitore, ma nella pratica può bloccare l’intero saldo disponibile fino a quando non viene accertata la reale suddivisione del denaro tra i cointestatari.
Ma ci sono modi per evitare il pignoramento dello stipendio o della pensione?
Un’opzione, seppur con limiti, è l’accredito su un conto intestato a un familiare. Tuttavia, questa soluzione presenta rischi, poiché se il creditore dimostra che il conto viene utilizzato dal debitore, potrebbe estendere l’azione esecutiva anche su quel conto.
Un’altra alternativa è il ricorso alle procedure di sovraindebitamento. Se il debitore si trova in una condizione di difficoltà economica oggettiva e non riesce più a far fronte ai propri obblighi, può accedere a strumenti come il piano del consumatore o la ristrutturazione del debito. Queste procedure possono comportare la sospensione o la riduzione delle trattenute sui redditi del debitore, evitando così il pignoramento.
Ma cosa succede se il debitore riceve il proprio stipendio o pensione in contanti? In questo caso, il creditore non può agire direttamente su queste somme, ma può comunque avviare un pignoramento presso il datore di lavoro o l’ente previdenziale. Tuttavia, il prelievo in contanti può rendere più difficile l’applicazione immediata del pignoramento bancario.
Un altro punto critico è il tempo necessario per il pignoramento effettivo. Anche se il creditore ottiene il pignoramento del conto corrente, non può immediatamente disporre delle somme bloccate. È infatti necessario attendere l’udienza davanti al giudice dell’esecuzione, che deve verificare la legittimità dell’atto e le eventuali opposizioni del debitore. Durante questo periodo, il debitore può presentare richieste di sblocco parziale delle somme per esigenze di sopravvivenza.
Un aspetto da considerare è il rischio che la banca trattenga le somme in misura superiore a quanto effettivamente pignorabile. Questo accade soprattutto nei casi in cui la banca, per evitare contestazioni, blocca temporaneamente l’intero saldo del conto. In queste situazioni, il debitore deve agire rapidamente, presentando istanza al giudice per far valere i propri diritti.
In definitiva, il pignoramento del conto corrente non significa che il debitore perda completamente l’accesso al proprio stipendio o pensione. Esistono precise tutele normative che consentono di prelevare somme essenziali per il sostentamento. Tuttavia, è fondamentale conoscere i propri diritti e attivarsi tempestivamente per evitare blocchi prolungati o prelievi eccessivi da parte dei creditori.
Per chi si trova in questa situazione, il supporto di un esperto legale può essere determinante per proteggere le proprie risorse e individuare le migliori soluzioni per la gestione del debito. Agire con tempestività e consapevolezza può fare la differenza tra un pignoramento devastante e una gestione più sostenibile delle proprie difficoltà finanziarie.
Cosa succede se il conto corrente pignorato è cointestato?
Il pignoramento di un conto corrente cointestato avviene quando un creditore agisce contro uno dei titolari del conto per recuperare un debito non pagato. Tuttavia, la situazione è più complessa rispetto a un conto intestato a una sola persona, perché coinvolge più soggetti e la legge prevede alcune limitazioni e tutele per il cointestatario non debitore.
1. Il creditore può pignorare l’intero conto cointestato?
No, il creditore non può automaticamente pignorare l’intero saldo del conto corrente cointestato. Secondo la giurisprudenza, il pignoramento può colpire solo la quota spettante al debitore, che in assenza di prove contrarie si presume pari al 50% del saldo totale.
Ad esempio, se un conto ha un saldo di 10.000 euro e i titolari sono due, il creditore potrà bloccare al massimo 5.000 euro, salvo che non dimostri che il debitore detiene una quota maggiore delle somme presenti sul conto.
2. Procedura di pignoramento del conto cointestato
Il pignoramento segue questi passaggi:
- Il creditore notifica l’atto di pignoramento alla banca. L’istituto di credito è tenuto a bloccare la quota spettante al debitore e a informare il tribunale sull’ammontare del saldo disponibile.
- La banca comunica al giudice la situazione del conto. Il giudice può ordinare la separazione delle somme e autorizzare il prelievo solo della parte del debitore.
- Il giudice dell’esecuzione verifica eventuali opposizioni. Il cointestatario non debitore può dimostrare che il saldo appartiene interamente o in maggior parte a lui, riducendo o annullando l’importo pignorato.
- Se non ci sono contestazioni, il creditore riceve la quota spettante al debitore dopo la decisione del giudice.
3. Cosa può fare il cointestatario per tutelarsi?
Il cointestatario non debitore ha il diritto di opporsi al pignoramento se ritiene che le somme bloccate siano di sua esclusiva proprietà. Per farlo, può presentare un’opposizione di terzo proprietario (art. 619 c.p.c.) e fornire prove che dimostrino che le somme pignorate derivano solo dai suoi redditi, ad esempio:
- Estratti conto che mostrano accrediti provenienti solo dal suo stipendio o pensione.
- Contratti di lavoro o bonifici che confermano l’origine esclusivamente personale delle somme.
- Dichiarazioni fiscali o documentazione che escludono il debitore dalla titolarità effettiva del denaro.
Se l’opposizione viene accolta, il giudice può ordinare la liberazione delle somme di proprietà del cointestatario non debitore.
4. Cosa succede se il conto è cointestato con il coniuge?
Se il conto è cointestato tra coniugi, la situazione dipende dal regime patrimoniale:
- Se i coniugi sono in comunione dei beni, il pignoramento potrebbe riguardare anche le somme del coniuge non debitore, poiché il patrimonio è condiviso. Tuttavia, il coniuge può comunque dimostrare che le somme provengono da beni personali e chiedere la loro esclusione dal pignoramento.
- Se i coniugi sono in separazione dei beni, il pignoramento può avvenire solo sulla quota appartenente al coniuge debitore.
5. Il conto viene bloccato interamente?
In molti casi, quando la banca riceve l’ordine di pignoramento, blocca l’intero saldo del conto cointestato in via cautelativa, anche se il creditore ha diritto solo alla quota spettante al debitore. Questo può impedire sia al debitore che al cointestatario di accedere ai fondi fino alla decisione del giudice.
Se il cointestatario ha necessità di utilizzare il conto, può:
- Dimostrare alla banca la sua esclusiva titolarità delle somme e chiedere lo sblocco della parte non pignorata.
- Presentare un’istanza urgente al tribunale per lo sblocco della propria quota.
6. Il creditore può pignorare nuove somme accreditate sul conto?
Se il conto rimane cointestato, le nuove somme accreditate potrebbero essere soggette a pignoramento, soprattutto se derivano dal reddito del debitore. Per evitare questa situazione, il cointestatario può aprire un nuovo conto personale e trasferire i propri fondi, evitando così il rischio che vengano coinvolti nel pignoramento.
In conclusione, il pignoramento di un conto corrente cointestato è possibile, ma il creditore può agire solo sulla quota del debitore, salvo che dimostri che il denaro gli appartiene interamente. Il cointestatario non debitore può opporsi e chiedere lo sblocco delle proprie somme dimostrando la loro origine personale. Tuttavia, spesso la banca blocca l’intero conto in via precauzionale, rendendo necessaria un’azione legale per liberare le somme di spettanza del cointestatario. Per evitare complicazioni, il cointestatario può valutare l’apertura di un conto personale separato prima che venga avviato un pignoramento.
Come si può ottenere lo sblocco di un conto pignorato?
Il pignoramento del conto corrente è una delle misure più incisive che un creditore può adottare per recuperare un credito. Si tratta di un atto che blocca le somme depositate, impedendo al debitore di effettuare prelievi o bonifici fino a quando la procedura esecutiva non viene definita. Ma esistono modi per ottenere lo sblocco del conto pignorato?
La risposta dipende da diversi fattori, tra cui la natura del pignoramento, il tipo di somme presenti sul conto e la possibilità di contestare l’azione esecutiva. Il debitore ha diverse strade a disposizione per cercare di sbloccare il proprio conto e recuperare almeno una parte delle somme depositate.
Uno dei primi aspetti da considerare è la possibilità di presentare opposizione al pignoramento.
Se il debitore ritiene che il pignoramento sia illegittimo o eccessivo, può agire in giudizio per contestarlo. L’opposizione può essere proposta davanti al giudice dell’esecuzione, che valuterà la fondatezza delle motivazioni del debitore. Alcuni motivi validi di opposizione possono essere:
- L’inesistenza del debito. Se il debitore dimostra che il credito vantato dal creditore non è dovuto, il pignoramento può essere revocato.
- Irregolarità formali. Errori nella notifica dell’atto di pignoramento o nella sua esecuzione possono rendere l’atto nullo.
- Presenza di somme impignorabili. Alcune somme, come il minimo vitale delle pensioni o i fondi destinati al sostentamento, non possono essere pignorate.
Un altro modo per ottenere lo sblocco del conto è dimostrare che le somme depositate provengono da fonti non pignorabili.
Secondo l’art. 545 del Codice di Procedura Civile, alcune categorie di redditi sono soggette a limiti di pignorabilità. Se il conto pignorato contiene esclusivamente somme derivanti da pensioni o stipendi, il debitore ha diritto a prelevare almeno una parte di questi importi.
In particolare:
- Le pensioni possono essere pignorate solo per la parte eccedente il doppio dell’assegno sociale (circa 1.068 euro nel 2024). Se la pensione è inferiore a questa soglia, il debitore può chiedere lo sblocco totale delle somme.
- Gli stipendi accreditati successivamente al pignoramento possono essere prelevati fino all’ultimo importo percepito, al netto della quota pignorabile.
Per ottenere lo sblocco, il debitore deve presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione, allegando la documentazione necessaria a dimostrare la natura delle somme presenti sul conto.
Un’altra possibilità è il saldo e stralcio del debito.
Se il debitore dispone di una somma inferiore all’importo complessivo richiesto dal creditore, può cercare di negoziare un accordo a saldo e stralcio. In pratica, il debitore propone di pagare una somma ridotta in cambio della rinuncia al pignoramento.
Questa soluzione è particolarmente utile quando il creditore ha interesse a chiudere rapidamente la procedura, evitando lunghe attese per il recupero del credito. Tuttavia, è fondamentale gestire la trattativa con attenzione, possibilmente con l’assistenza di un legale o di un consulente esperto.
Un ulteriore strumento per ottenere lo sblocco del conto pignorato è il ricorso alle procedure di sovraindebitamento.
Se il debitore si trova in una condizione di difficoltà economica grave e non riesce più a far fronte ai propri debiti, può accedere alle soluzioni previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Tra queste, il piano del consumatore e l’accordo con i creditori possono portare alla sospensione delle azioni esecutive, compreso il pignoramento del conto.
In alcuni casi, la presentazione della domanda di accesso alle procedure di sovraindebitamento può comportare la sospensione immediata delle esecuzioni in corso. Questo permette al debitore di guadagnare tempo e trovare una soluzione sostenibile per il pagamento dei debiti.
Ma cosa succede se il conto è cointestato?
Se il conto corrente è intestato a più persone, il pignoramento riguarda solo la quota di spettanza del debitore. Tuttavia, in molti casi, la banca blocca l’intero saldo disponibile fino a quando non viene chiarita la quota effettivamente pignorabile.
Per ottenere lo sblocco della parte non pignorabile, il cointestatario deve dimostrare che il denaro presente sul conto non appartiene al debitore soggetto a pignoramento. Questa prova può essere fornita attraverso documentazione bancaria, ricevute di accrediti o dichiarazioni fiscali.
Un altro fattore importante è il tempo necessario per lo sblocco del conto.
Dopo il pignoramento, la banca deve comunicare al creditore l’importo disponibile. Il creditore ha poi un termine per chiedere l’assegnazione delle somme, e solo dopo l’udienza davanti al giudice dell’esecuzione le somme possono essere effettivamente trasferite.
Questo significa che, se il creditore non si attiva entro i termini previsti dalla legge, il pignoramento può decadere e il conto può essere sbloccato automaticamente.
Ma il debitore può aprire un nuovo conto dopo il pignoramento?
Sì, nulla vieta al debitore di aprire un nuovo conto presso un’altra banca. Tuttavia, se il creditore viene a conoscenza del nuovo conto, può pignorarlo a sua volta. Inoltre, se lo stipendio o la pensione continuano ad essere accreditati sul conto pignorato, il problema non si risolve.
Una strategia utile può essere quella di chiedere al datore di lavoro o all’ente previdenziale di versare lo stipendio o la pensione in contanti o su un altro conto, almeno fino alla risoluzione della situazione.
Un altro elemento critico riguarda i conti aziendali.
Se il pignoramento riguarda il conto di una società, lo sblocco può avvenire solo con la chiusura della procedura esecutiva o con un accordo tra le parti. In alcuni casi, può essere utile valutare la possibilità di trasferire l’attività a una nuova società, ma questa operazione deve essere effettuata con attenzione per evitare contestazioni da parte dei creditori.
Ma cosa succede se il debitore riceve aiuti economici o sussidi sul conto pignorato?
Se sul conto vengono accreditate somme provenienti da sussidi statali, come il Reddito di Cittadinanza o altre forme di assistenza sociale, queste somme sono generalmente impignorabili. Tuttavia, è necessario dimostrare la loro provenienza e chiedere formalmente il loro sblocco.
Un ulteriore aspetto da considerare è la possibilità di chiedere la rateizzazione del debito.
Se il pignoramento deriva da debiti con l’Agenzia delle Entrate o altri enti pubblici, il debitore può chiedere una rateizzazione del debito. In alcuni casi, l’accettazione della rateizzazione comporta la sospensione delle azioni esecutive, incluso il pignoramento del conto.
In conclusione, lo sblocco di un conto pignorato è possibile attraverso diverse strategie, ma richiede un’azione tempestiva e ben strutturata. Le opzioni principali includono:
- Opposizione al pignoramento per motivi di illegittimità.
- Dimostrazione della natura impignorabile delle somme presenti sul conto.
- Saldo e stralcio con il creditore.
- Accesso alle procedure di sovraindebitamento.
- Chiusura automatica del pignoramento per mancata attivazione del creditore.
Ogni caso ha le proprie peculiarità e richiede un’attenta valutazione legale per scegliere la strategia più efficace. Rivolgersi a un esperto può fare la differenza tra il recupero delle proprie risorse e la perdita definitiva delle somme pignorate.
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza può aiutare a sbloccare il conto pignorato?
Il pignoramento del conto corrente è una misura esecutiva che può creare enormi difficoltà a chi si trova in una situazione di crisi finanziaria. Il blocco delle somme disponibili impedisce al debitore di utilizzare il proprio denaro per le spese quotidiane, lasciandolo in una condizione di grave disagio. Ma il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019) può offrire una soluzione per sbloccare il conto pignorato?
La risposta è sì, a determinate condizioni. Il Codice della Crisi ha introdotto diversi strumenti per la gestione delle situazioni di difficoltà economica, sia per le imprese che per i privati. Alcune di queste procedure possono portare alla sospensione delle azioni esecutive, inclusi i pignoramenti bancari.
Uno degli strumenti più efficaci è la procedura di composizione negoziata della crisi.
Si tratta di un meccanismo introdotto per aiutare le imprese a prevenire il fallimento attraverso un percorso di ristrutturazione assistita. L’accesso a questa procedura consente di ottenere misure protettive, che includono il blocco delle azioni esecutive da parte dei creditori.
Se un’impresa accede alla composizione negoziata e richiede la protezione del proprio patrimonio, il giudice può disporre la sospensione del pignoramento del conto corrente aziendale. Questo consente all’imprenditore di continuare a operare e a gestire i pagamenti essenziali, senza subire l’immediata esecuzione sui fondi disponibili.
Ma questa tutela si applica solo alle imprese o anche ai privati?
Anche i soggetti non fallibili possono beneficiare di misure simili attraverso le procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi. Il debitore che dimostra di trovarsi in una situazione di squilibrio finanziario può accedere a strumenti come il piano del consumatore e la ristrutturazione del debito.
Questi strumenti prevedono, tra le altre cose, la possibilità di chiedere la sospensione delle azioni esecutive, inclusi i pignoramenti bancari. In pratica, se il debitore presenta un piano credibile per ristrutturare i propri debiti, il giudice può impedire ai creditori di procedere con l’esecuzione forzata.
Ma come si fa a ottenere concretamente lo sblocco del conto pignorato attraverso il Codice della Crisi?
Il primo passo è presentare una richiesta di accesso a una delle procedure previste dalla normativa. Nel caso delle imprese, si tratta della composizione negoziata, mentre per i privati si può ricorrere alla procedura di sovraindebitamento.
Una volta presentata la domanda, il giudice può disporre la sospensione delle azioni esecutive. Questo significa che il conto corrente pignorato può essere sbloccato almeno temporaneamente, in attesa che venga valutata la fattibilità della proposta di risanamento.
Ma il blocco è definitivo o solo temporaneo?
Inizialmente, la sospensione del pignoramento ha una durata limitata. Se il piano di risanamento viene approvato e attuato con successo, il pignoramento può essere definitivamente revocato. Se invece il piano non va a buon fine, il creditore può riprendere le azioni esecutive.
Un altro aspetto importante è la possibilità di ottenere l’esdebitazione.
L’esdebitazione è una misura prevista dal Codice della Crisi che consente al debitore di ottenere la cancellazione dei debiti residui una volta completata la procedura di sovraindebitamento. Se il debitore riesce a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per ripagare i propri creditori, il giudice può concedere la liberazione dai debiti rimanenti.
Ma cosa accade se il conto corrente contiene somme impignorabili?
In alcuni casi, il pignoramento può colpire somme che per legge non possono essere espropriate. Ad esempio, le pensioni fino al doppio dell’assegno sociale sono impignorabili, così come alcune tipologie di sussidi e aiuti economici.
Se il debitore dimostra che il conto pignorato contiene solo somme di questo tipo, può presentare un’istanza per ottenere lo sblocco immediato. In questo caso, non è necessario attivare una procedura di sovraindebitamento, ma basta rivolgersi al giudice dell’esecuzione con la documentazione che attesti la natura impignorabile delle somme.
Ma quali sono i tempi per ottenere lo sblocco del conto con il Codice della Crisi?
I tempi variano a seconda della procedura scelta. Nel caso della composizione negoziata, la sospensione delle azioni esecutive può essere ottenuta rapidamente, spesso nel giro di poche settimane.
Per le procedure di sovraindebitamento, i tempi possono essere più lunghi, ma la richiesta di sospensione può essere presentata già nella fase iniziale. Se il giudice accoglie l’istanza, il blocco del conto può essere revocato prima della conclusione definitiva della procedura.
Ma il Codice della Crisi è l’unica soluzione per sbloccare un conto pignorato?
No, esistono anche altre opzioni, come:
- Il saldo e stralcio con il creditore. Se il debitore riesce a negoziare un accordo con il creditore, può ottenere la revoca del pignoramento in cambio del pagamento di una somma ridotta.
- L’opposizione al pignoramento. Se ci sono irregolarità nell’atto di pignoramento o il debito è contestabile, il debitore può impugnare il provvedimento davanti al giudice.
- Il pagamento del debito. Se il debitore riesce a trovare le risorse per saldare il debito, il pignoramento viene revocato automaticamente.
Ma il Codice della Crisi offre vantaggi rispetto a queste alternative?
Sì, perché non richiede necessariamente il pagamento immediato del debito. Le procedure di sovraindebitamento e composizione negoziata consentono al debitore di ristrutturare il debito e ottenere dilazioni nei pagamenti, senza dover affrontare l’intera somma in un’unica soluzione.
Inoltre, il Codice della Crisi protegge il debitore da nuove azioni esecutive mentre la procedura è in corso. Questo è un vantaggio significativo rispetto ad altre soluzioni, che potrebbero non impedire nuovi tentativi di pignoramento da parte di altri creditori.
In definitiva, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza rappresenta un’importante risorsa per chi si trova con un conto pignorato.
Attraverso strumenti come la composizione negoziata e la ristrutturazione del debito, il debitore può ottenere la sospensione delle azioni esecutive e, in alcuni casi, la definitiva revoca del pignoramento. Queste soluzioni consentono di recuperare il controllo sulle proprie risorse finanziarie e di pianificare una strategia di uscita dalla crisi in modo sostenibile.
Per chi si trova in difficoltà, è fondamentale valutare attentamente le opzioni disponibili e agire tempestivamente. Rivolgersi a un esperto del settore può fare la differenza tra un blocco finanziario prolungato e una soluzione efficace per tornare a gestire il proprio denaro con maggiore serenità.
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È gestore della Crisi da Sovraindebitamento ai sensi della L. 3/2012, iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi). Questo gli permette di assistere i debitori nelle procedure di ristrutturazione e cancellazione dei debiti attraverso gli strumenti previsti dalla legge.
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