Quando una società decide di chiudere i battenti, il processo di cancellazione dal Registro delle Imprese non sempre significa la fine delle responsabilità per i soci e gli amministratori, soprattutto se vi sono debiti tributari irrisolti. Il diritto tributario e commerciale stabilisce regole precise su come si devono gestire le pendenze fiscali prima e dopo la chiusura della società.
Molti imprenditori credono erroneamente che la cancellazione di una società rappresenti una soluzione definitiva ai problemi fiscali, ma la realtà è ben diversa. L’Agenzia delle Entrate e l’INPS, ad esempio, hanno strumenti per recuperare i crediti tributari anche dopo la cancellazione, colpendo direttamente gli ex amministratori e soci, specie se si dimostra che vi è stata mala gestio o distribuzione di utili non dovuta.
Esistono però delle strategie legali per difendersi da richieste ingiuste o eccessive, e per gestire la situazione nel rispetto delle normative vigenti. Il supporto di un avvocato esperto in diritto tributario può fare la differenza tra una soluzione favorevole e un incubo giudiziario.
Nel seguente articolo di Studio Monardo, gli avvocati esperti nel cancellare debiti con il Fisco, analizzeremo i principali aspetti della cancellazione societaria con debiti tributari: cosa succede dopo la cancellazione, chi può essere chiamato a rispondere, le principali normative applicabili e le strategie di difesa. Vedremo inoltre come il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) offre delle vie d’uscita per chi si trova in gravi difficoltà economiche.
Ma andiamo ora ad approfondire:
La cancellazione della società estingue o no i debiti tributari?
La cancellazione della società dal Registro delle Imprese non estingue automaticamente i debiti tributari, che possono continuare a essere richiesti ai soci e agli amministratori in determinati casi. Questo principio è stato più volte confermato dalla giurisprudenza, che distingue tra il destino dei debiti sociali in base al tipo di società e alla natura delle obbligazioni fiscali.
Per le società di capitali (SRL, SPA), la cancellazione segna la cessazione della personalità giuridica della società, ma non implica la scomparsa dei debiti tributari ancora esistenti. Se la società viene cancellata senza aver saldato le imposte dovute, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione possono tentare di recuperare le somme direttamente dagli ex amministratori e dai soci, nei limiti della loro responsabilità. Gli amministratori possono essere chiamati a rispondere se si dimostra che hanno omesso di versare imposte o contributi, mentre i soci possono essere coinvolti se hanno ricevuto somme dalla liquidazione della società, fino all’ammontare delle risorse distribuite.
Per le società di persone (SNC, SAS), la cancellazione non libera automaticamente i soci dai debiti tributari, poiché questi rispondono illimitatamente con il proprio patrimonio personale. Anche dopo la cancellazione della società, l’Agenzia delle Entrate può agire direttamente nei confronti dei soci per il pagamento delle imposte non versate, senza necessità di un’ulteriore fase di recupero sul patrimonio sociale. Nei confronti del socio accomandante di una SAS, la responsabilità è limitata alla quota conferita, mentre per i soci di una SNC e per gli accomandatari della SAS, la responsabilità è totale.
Anche dopo la cancellazione, i crediti tributari possono essere richiesti agli ex amministratori in caso di condotte illecite nella gestione della società. Se, ad esempio, l’amministratore ha omesso il versamento di IVA, ritenute fiscali o contributi previdenziali, può essere considerato personalmente responsabile per il danno arrecato all’Erario. In questi casi, l’Agenzia delle Entrate può avviare azioni di recupero contro l’ex amministratore, indipendentemente dalla chiusura della società.
Un altro aspetto rilevante è che la cancellazione della società non impedisce all’Agenzia delle Entrate di notificare accertamenti e cartelle esattoriali relative a periodi d’imposta precedenti alla cancellazione. Se l’atto di accertamento o la cartella vengono notificati entro i termini di decadenza previsti dalla legge, i debiti tributari possono essere richiesti agli ex soci o agli amministratori, secondo le regole della responsabilità fiscale.
In caso di liquidazione volontaria della società, è opportuno verificare che tutte le imposte siano state correttamente versate prima della cancellazione, per evitare future richieste da parte del Fisco. Un liquidatore che chiuda la società senza aver accertato l’assenza di debiti tributari potrebbe essere chiamato a risponderne personalmente.
In sintesi, la cancellazione della società non estingue automaticamente i debiti tributari, che possono essere richiesti ai soci e agli amministratori in base alla loro responsabilità. Per evitare problemi futuri, è fondamentale verificare la posizione fiscale della società prima della chiusura e adottare eventuali misure di regolarizzazione, come la rateizzazione dei debiti o la richiesta di saldo e stralcio con l’Agenzia delle Entrate. In caso di incertezza sulla gestione fiscale della liquidazione, è consigliabile affidarsi a un professionista esperto in diritto tributario e societario per valutare la migliore strategia di chiusura.
Quali sono le responsabilità di soci e amministratori in caso di debiti di società cancellate
Le responsabilità di soci e amministratori in caso di debiti di società cancellate dipendono dalla forma giuridica della società, dal tipo di obbligazioni non saldate e dalla gestione della fase di liquidazione. La cancellazione dal Registro delle Imprese non estingue automaticamente i debiti, e i creditori possono ancora agire nei confronti di soci e amministratori per recuperare le somme dovute, soprattutto se emergono irregolarità nella gestione della società prima della chiusura.
Se la società era una Società in Nome Collettivo (SNC) o una Società in Accomandita Semplice (SAS), i soci restano personalmente responsabili per i debiti sociali, anche dopo la cancellazione. Nelle SNC, i soci rispondono in modo illimitato e solidale, il che significa che ciascuno di loro può essere chiamato a pagare l’intero debito, senza limiti legati alla propria quota di partecipazione. Nelle SAS, invece, solo gli accomandatari hanno responsabilità illimitata, mentre gli accomandanti rispondono solo nei limiti della quota conferita.
Se la società era una Società a Responsabilità Limitata (SRL) o una Società per Azioni (SPA), i soci non rispondono personalmente per i debiti sociali, salvo specifiche eccezioni. La responsabilità è limitata al capitale investito, quindi, in linea generale, i creditori possono rivalersi solo sul patrimonio aziendale. Tuttavia, se i soci hanno ricevuto somme o beni dalla società prima della liquidazione, potrebbero essere obbligati a restituirle per soddisfare i creditori insoddisfatti.
Se la società è stata cancellata con debiti ancora esistenti, i creditori possono agire nei confronti dei soci e degli amministratori entro cinque anni dalla cancellazione. Questo termine di prescrizione permette di contestare eventuali irregolarità nella gestione della liquidazione e di richiedere il pagamento di debiti non estinti, soprattutto se vi sono prove che la società abbia distribuito utili o capitali ai soci prima di saldare le obbligazioni.
Se i soci hanno ricevuto somme dalla società senza rispettare l’ordine di pagamento dei creditori, possono essere obbligati a restituire quanto percepito per soddisfare le obbligazioni residue. Questo accade se, ad esempio, il liquidatore ha distribuito il patrimonio residuo tra i soci prima di saldare i creditori privilegiati, come il Fisco o i fornitori con garanzie specifiche.
Se la società aveva debiti fiscali o contributivi, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS possono tentare di recuperare le somme direttamente dai soci o dagli amministratori. Se questi ultimi hanno adottato comportamenti che hanno aggravato la situazione debitoria, potrebbero essere chiamati a rispondere personalmente, soprattutto in caso di omessi versamenti di imposte e contributi previdenziali.
Se gli amministratori hanno condotto la società in modo illecito o hanno proseguito l’attività nonostante una situazione di evidente insolvenza, possono essere ritenuti responsabili per mala gestio e obbligati a risarcire i creditori. Questo principio si applica soprattutto nei casi in cui gli amministratori abbiano aggravato il dissesto finanziario con operazioni speculative, distratto fondi aziendali o accumulato debiti senza possibilità di rimborso.
Se la società è stata cancellata senza aver correttamente concluso la liquidazione, i creditori possono chiedere al tribunale la riapertura della procedura per ottenere il pagamento delle somme dovute. Questa richiesta è possibile se emergono irregolarità nella chiusura della società o se si scoprono nuovi beni non liquidati che potrebbero essere utilizzati per soddisfare i debiti.
Se la società era una SRL semplificata (SRLS), le regole sulla responsabilità dei soci sono le stesse di una SRL ordinaria, ma la cancellazione potrebbe lasciare debiti non coperti a causa del capitale minimo spesso insufficiente a soddisfare i creditori. In questi casi, se i soci hanno adottato comportamenti scorretti, potrebbero essere chiamati a rispondere in prima persona.
Se un socio si è ritirato prima della cancellazione della società, può essere ancora responsabile per i debiti sorti fino al momento della sua uscita. Nelle società di persone, il socio che si è ritirato rimane obbligato per le obbligazioni contratte prima della sua uscita, salvo che non abbia ottenuto una liberatoria dai creditori.
Se la società ha lasciato debiti non pagati e i soci non sono direttamente responsabili, i creditori possono comunque aggredire eventuali fideiussioni personali rilasciate dai soci o dagli amministratori. Se la società ha ottenuto finanziamenti con garanzie personali, le banche o altri creditori garantiti possono escutere i fideiussori anche dopo la cancellazione della società.
Se la società aveva beni intestati prima della cancellazione e questi sono stati ceduti a condizioni sospette, i creditori possono impugnare tali operazioni con un’azione revocatoria. Questo strumento consente di annullare trasferimenti di beni avvenuti in danno dei creditori, permettendo loro di recuperare le somme dovute.
Se la società è stata cancellata per evitare il pagamento dei debiti, i creditori possono dimostrare che si tratta di un’operazione fraudolenta e ottenere la riapertura della procedura di liquidazione o azioni risarcitorie nei confronti dei soci e degli amministratori. Questo può accadere quando la società viene chiusa improvvisamente senza giustificazione, con l’evidente intento di eludere il pagamento delle obbligazioni.
Se la società non è stata formalmente liquidata, i soci possono tentare di accedere a una procedura di sovraindebitamento per ridurre o cancellare i debiti residui. Il concordato minore o la liquidazione controllata possono rappresentare una via per evitare pignoramenti e altre azioni esecutive personali.
Se i creditori ottengono una condanna nei confronti degli ex amministratori o soci, possono procedere al recupero forzato del credito attraverso il pignoramento dei beni personali. Questo include conti correnti, immobili e altri asset aggredibili, salvo le limitazioni previste dalla legge.
Affrontare la chiusura di una società con debiti richiede una gestione attenta per evitare che soci e amministratori si trovino coinvolti in azioni di recupero crediti anche dopo la cancellazione. Rivolgersi a un esperto in diritto societario e crisi d’impresa può essere determinante per limitare le responsabilità personali e gestire la liquidazione in modo corretto e conforme alla legge.
Quali strumenti ha l’Agenzia delle Entrate per recuperare i crediti di società cancellate?
L’Agenzia delle Entrate ha diversi strumenti per recuperare i crediti tributari di società cancellate dal Registro delle Imprese, e può agire nei confronti di amministratori, soci e liquidatori a seconda della situazione specifica. La cancellazione di una società non comporta automaticamente l’estinzione dei debiti fiscali, quindi l’Erario ha la possibilità di attivare procedure di recupero forzoso anche dopo la chiusura della società.
Uno dei principali strumenti di recupero è l’azione contro gli ex soci, che possono essere chiamati a rispondere dei debiti tributari nei limiti delle somme ricevute in sede di liquidazione. Se i soci hanno ottenuto somme derivanti dallo scioglimento della società, l’Agenzia delle Entrate può agire nei loro confronti per il pagamento delle imposte non versate, fino all’importo delle risorse distribuite. Questo principio vale sia per le società di capitali (SRL, SPA) sia per le società di persone (SNC, SAS), anche se nelle società di persone la responsabilità può essere ben più ampia.
Per le società di persone, l’Agenzia delle Entrate può agire direttamente sui soci, che rispondono illimitatamente dei debiti sociali con il proprio patrimonio personale. Se la società era una SNC o una SAS con soci accomandatari, la cancellazione dal Registro delle Imprese non impedisce all’Erario di notificare cartelle esattoriali direttamente ai soci, che rimangono obbligati in solido per i debiti fiscali non saldati dalla società.
Un altro strumento di recupero è l’azione contro gli ex amministratori, se hanno commesso irregolarità nella gestione fiscale della società. Se gli amministratori hanno omesso il versamento di imposte, trattenute previdenziali o IVA, possono essere ritenuti responsabili personalmente e l’Agenzia delle Entrate può avviare azioni esecutive nei loro confronti. Questo accade, ad esempio, se il Fisco dimostra che gli amministratori hanno sottratto risorse aziendali o hanno proseguito l’attività sapendo che la società non sarebbe stata in grado di pagare le imposte.
L’Agenzia delle Entrate può anche contestare la responsabilità ai liquidatori se questi hanno chiuso la società senza aver provveduto al pagamento dei debiti tributari. Il liquidatore ha l’obbligo di soddisfare i creditori sociali prima di distribuire eventuali attivi ai soci, quindi se ha proceduto alla cancellazione della società senza pagare il Fisco, può essere chiamato a rispondere personalmente per le somme non versate.
Un altro strumento a disposizione dell’Agenzia delle Entrate è la riapertura della partita IVA e l’accertamento di un’attività occulta o proseguita dai soci sotto altre forme. Se l’amministrazione finanziaria sospetta che l’attività sia stata formalmente chiusa per evitare il pagamento delle imposte, ma in realtà continui sotto un’altra denominazione o con una nuova società, può effettuare accertamenti e contestare l’evasione fiscale, avviando azioni di recupero sui soggetti responsabili.
L’Agenzia delle Entrate può inoltre iscrivere ipoteche e avviare pignoramenti su beni personali di soci e amministratori, nei casi in cui sia possibile dimostrare la loro responsabilità nei confronti del debito fiscale. Se un ex amministratore o socio riceve una cartella esattoriale per un debito della società cancellata e non lo paga nei termini previsti, il Fisco può avviare procedure esecutive come il pignoramento del conto corrente, dello stipendio o di eventuali beni immobili di proprietà.
Un altro strumento di recupero è la contestazione di operazioni elusive o fraudolente avvenute prima della cancellazione della società. Se l’Agenzia delle Entrate rileva che gli amministratori hanno trasferito beni della società a soggetti collegati per evitare il pagamento delle imposte, può contestare l’operazione e annullare la cancellazione della società ai fini fiscali, procedendo con la riscossione delle somme dovute.
In sintesi, l’Agenzia delle Entrate dispone di diversi strumenti per recuperare i crediti di società cancellate, tra cui l’azione contro i soci nei limiti delle somme ricevute, il coinvolgimento degli ex amministratori in caso di irregolarità gestionali, la responsabilità dei liquidatori, la riapertura dell’attività sotto altra forma e le azioni esecutive sui beni personali dei responsabili. Per questo motivo, prima di procedere alla chiusura di una società con debiti fiscali, è fondamentale valutare attentamente le conseguenze e adottare strategie di regolarizzazione o rateizzazione per evitare future contestazioni da parte dell’Erario.
Come difendersi dalle richieste dell’Agenzia delle Entrate con l’Avvocato in caso di debiti di società cancellate
Difendersi dalle richieste dell’Agenzia delle Entrate per debiti di una società cancellata è possibile con una strategia legale ben strutturata, che un avvocato esperto in diritto tributario e societario può mettere in atto per tutelare gli ex soci, amministratori e liquidatori. La cancellazione di una società dal Registro delle Imprese non comporta automaticamente l’estinzione dei debiti tributari, e l’Agenzia delle Entrate può tentare di recuperare le somme dovute attraverso azioni contro i soggetti coinvolti nella gestione della società. Tuttavia, vi sono diverse linee di difesa che possono essere adottate per contestare le richieste dell’Erario e limitare i danni.
Un primo passo per difendersi è verificare la legittimità della richiesta di pagamento e accertare che i termini di prescrizione non siano già scaduti. I debiti tributari seguono specifici termini di decadenza e prescrizione, che variano a seconda del tipo di imposta. Ad esempio, l’IVA si prescrive in 10 anni, mentre l’IRPEF e l’IRES in 5 anni. Se l’Agenzia delle Entrate notifica una cartella esattoriale dopo la scadenza del termine previsto dalla legge, l’avvocato può presentare un’opposizione e far dichiarare il debito inesigibile.
Se l’Agenzia delle Entrate richiede il pagamento ai soci della società cancellata, è possibile contestare la richiesta dimostrando che non vi è stata alcuna distribuzione di utili o attivi. I soci rispondono dei debiti della società solo nei limiti delle somme ricevute in sede di liquidazione. Se il socio non ha ottenuto alcun beneficio economico dalla chiusura della società, l’avvocato può eccepire l’insussistenza della responsabilità e ottenere l’annullamento della richiesta.
Un’altra strategia difensiva riguarda la responsabilità degli amministratori e dei liquidatori, che possono essere chiamati a rispondere personalmente solo in caso di comportamenti illeciti o violazioni degli obblighi gestionali. Se l’Agenzia delle Entrate contesta un’omissione di versamenti fiscali e contributivi, l’avvocato può dimostrare che la società ha operato in buona fede e che il mancato pagamento non è dovuto a dolo o negligenza dell’amministratore. Inoltre, se il liquidatore ha rispettato l’ordine di priorità nel pagamento dei creditori e ha agito nel rispetto della normativa, non può essere ritenuto personalmente responsabile.
Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate tenti di rivalersi sugli ex amministratori per debiti fiscali, è possibile contestare l’imputazione dimostrando che la crisi della società era inevitabile e che la gestione è stata condotta senza violazioni della legge. Se il mancato pagamento delle imposte è stato causato da difficoltà finanziarie oggettive e non da una cattiva amministrazione, il debitore può difendersi dimostrando che non vi è stata alcuna condotta fraudolenta o dolosa.
Se l’Agenzia delle Entrate ha avviato un’azione esecutiva come il pignoramento di beni personali, è possibile impugnarla per contestare eventuali vizi formali o la mancanza di un valido titolo esecutivo. Un avvocato esperto può analizzare la documentazione e individuare errori procedurali, come notifiche irregolari, calcoli errati degli importi dovuti o vizi negli atti di riscossione. Se emergono irregolarità, si può presentare un ricorso per annullare o sospendere l’azione esecutiva.
Un’altra possibile linea di difesa è la richiesta di accesso agli strumenti di definizione agevolata, come la rottamazione delle cartelle o la rateizzazione del debito. Se il debito è fondato ma insostenibile, l’avvocato può assistere il debitore nella presentazione di una richiesta di rateizzazione fino a 120 mesi o valutare la possibilità di un saldo e stralcio per ridurre l’importo complessivo dovuto.
In alcuni casi, è possibile dimostrare che la società è stata cancellata senza che l’Agenzia delle Entrate abbia tempestivamente notificato gli atti impositivi, facendo decadere il diritto del Fisco a richiedere il pagamento. Se la chiusura della società è avvenuta nel rispetto delle procedure di liquidazione e l’Agenzia delle Entrate non ha fatto valere i suoi crediti nei tempi previsti, si può contestare la legittimità delle richieste di pagamento successive.
Infine, se il debito è troppo elevato e il debitore non ha la possibilità di farvi fronte, è possibile accedere alla procedura di esdebitazione del debitore incapiente prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Questa procedura consente di ottenere la cancellazione definitiva del debito se il giudice accerta che il debitore non ha beni o redditi sufficienti a soddisfare i creditori e che la sua situazione economica non è destinata a migliorare nel breve termine.
In conclusione, un avvocato specializzato può difendere soci, amministratori e liquidatori di una società cancellata dalle richieste dell’Agenzia delle Entrate attraverso diverse strategie, tra cui la contestazione della prescrizione, la dimostrazione dell’assenza di responsabilità, l’impugnazione di atti illegittimi e l’accesso a strumenti di definizione agevolata o esdebitazione. La tempestività nell’azione legale e una consulenza mirata possono fare la differenza nel proteggere il patrimonio personale e ridurre al minimo l’impatto delle richieste del Fisco. Per questo motivo, è fondamentale rivolgersi a un professionista esperto non appena si riceve una contestazione fiscale per debiti di una società cancellata.
Come Il Codice della Crisi d’Impresa può aiutare le società che hanno debiti tributari
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) offre strumenti concreti per aiutare le società con debiti tributari a evitare pignoramenti, gestire la crisi e ottenere una riduzione o una rateizzazione sostenibile delle somme dovute. Le imprese che si trovano in difficoltà finanziaria a causa di debiti fiscali possono accedere a procedure che permettono di ristrutturare il debito con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, evitando azioni esecutive come il pignoramento di conti correnti, immobili o beni aziendali.
Uno degli strumenti più efficaci è la transazione fiscale e contributiva, che consente alla società di negoziare direttamente con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS una riduzione dell’importo dovuto e una dilazione nei pagamenti. Questa soluzione permette di eliminare sanzioni e interessi e di pagare solo una parte del debito residuo, rendendo più sostenibile il rientro dalla crisi senza dover chiudere l’attività.
Se la società è in una situazione di grave difficoltà e non è in grado di pagare integralmente i debiti tributari, può accedere al concordato preventivo semplificato. Questa procedura permette all’impresa di proporre ai creditori, inclusi l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, un piano di rientro che può prevedere il pagamento di una percentuale ridotta del debito complessivo. Se approvato dal tribunale e accettato dai creditori, il piano consente di evitare il fallimento e di mantenere in vita l’azienda.
Se la società non ha più prospettive di continuità e deve chiudere, la liquidazione controllata rappresenta un’alternativa al fallimento per gestire in modo ordinato la cessione dei beni e la distribuzione del ricavato ai creditori. In questa procedura, il tribunale nomina un gestore della crisi che si occupa di liquidare il patrimonio disponibile e di saldare i debiti nella misura possibile. Se il ricavato non è sufficiente a coprire i debiti tributari, il residuo può essere cancellato con l’esdebitazione, liberando i soci e gli amministratori da future azioni di recupero da parte del Fisco.
Se l’Agenzia delle Entrate ha già avviato azioni esecutive come pignoramenti, fermi amministrativi o ipoteche, l’accesso a una procedura di composizione della crisi consente di ottenere la sospensione delle misure in corso. Il tribunale può bloccare temporaneamente le esecuzioni per permettere alla società di presentare una proposta di ristrutturazione del debito, evitando la perdita di beni aziendali fondamentali per la continuità dell’attività.
Se la società è una società di persone, come una SNC o una SAS, e i soci rischiano di dover rispondere personalmente dei debiti tributari, l’accesso a una procedura di sovraindebitamento può proteggerli dal pignoramento dei beni personali. Il concordato minore consente di ristrutturare i debiti in base alle capacità economiche dei soci, evitando che il Fisco possa aggredire il loro patrimonio per il pagamento delle somme non saldate dalla società.
Se la società è una SRL o una SPA e gli amministratori temono di essere ritenuti responsabili per il mancato pagamento di imposte e contributi, l’accesso a una procedura di composizione negoziata può dimostrare la volontà di risolvere la crisi in modo trasparente. Questo può evitare contestazioni per bancarotta fraudolenta o distrazione di fondi, riducendo il rischio di responsabilità personali nei confronti del Fisco.
Se la società ha subito un calo improvviso di liquidità e non riesce a rispettare le scadenze fiscali, può richiedere la sospensione delle obbligazioni tributarie nell’ambito della composizione negoziata della crisi. Questa procedura permette di evitare nuove cartelle esattoriali e di ottenere un piano di rientro agevolato, senza subire l’aggressione immediata del Fisco.
Se la società ha già ricevuto avvisi di accertamento o cartelle esattoriali per debiti tributari, può accedere alla procedura di adesione agevolata prevista dal Codice della Crisi per negoziare direttamente con l’Agenzia delle Entrate una riduzione delle somme dovute. Questo strumento consente di evitare il contenzioso tributario e di chiudere il debito con un pagamento concordato, evitando sanzioni e interessi di mora.
Se la società ha accumulato debiti IVA o IRPEF e non è in grado di pagarli integralmente, il Codice della Crisi consente di accedere alla rateizzazione straordinaria del debito. Questo permette di dilazionare il pagamento su un periodo più lungo rispetto alle normali rateizzazioni, evitando il rischio di pignoramenti o altre azioni di riscossione forzata.
Se la società ha subito un pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, può chiedere al tribunale la sospensione della procedura esecutiva dimostrando che il debito può essere ristrutturato nell’ambito di un piano di concordato preventivo o di una composizione della crisi. Questa richiesta permette di guadagnare tempo per trovare una soluzione sostenibile, evitando la perdita immediata di beni o risorse aziendali.
Se la società è stata cancellata dal Registro delle Imprese ma i soci rischiano di dover rispondere personalmente dei debiti tributari, possono accedere individualmente a una procedura di sovraindebitamento per ottenere l’esdebitazione. Questa soluzione è particolarmente utile nelle società di persone, dove la responsabilità è illimitata, ma può essere utilizzata anche per le SRL se i soci hanno prestato fideiussioni personali o hanno ricevuto somme dalla società prima della liquidazione.
Se l’azienda è in crisi ma ha ancora un’attività potenzialmente sostenibile, il Codice della Crisi consente di avviare una composizione negoziata con i creditori, inclusa l’Agenzia delle Entrate, per evitare il fallimento e ottenere una ristrutturazione del debito fiscale senza dover interrompere l’attività. Questo strumento è particolarmente utile per le imprese che stanno attraversando una crisi temporanea ma hanno ancora prospettive di recupero.
Affrontare una crisi aziendale causata da debiti tributari richiede un intervento tempestivo e una strategia ben definita per evitare il blocco delle attività e la perdita di beni aziendali o personali. Rivolgersi a un professionista esperto in diritto della crisi d’impresa e ristrutturazione del debito può fare la differenza tra il rischio di fallimento e la possibilità di trovare una soluzione che permetta di salvare l’azienda e rientrare gradualmente dai debiti tributari.
Come Ti Può Aiutare Studio Monardo In Caso Di Debiti Tributari Societari
Gestire la cancellazione di una società con debiti tributari senza il supporto di un avvocato può essere molto rischioso. Le richieste del fisco possono arrivare anche anni dopo la chiusura e colpire direttamente il patrimonio personale di soci e amministratori. Non è raro che l’Agenzia delle Entrate, attraverso strumenti di accertamento e verifica, avvii procedimenti contro ex amministratori e soci, contestando loro eventuali responsabilità gestionali o irregolarità nelle operazioni di liquidazione.
L’Avvocato Monardo coordina a livello nazionale un team di avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario e tributario. La sua esperienza gli consente di individuare le migliori strategie di difesa per evitare che ex amministratori e soci vengano ingiustamente colpiti da richieste di pagamento che potrebbero essere contestabili. Gestore della crisi da sovraindebitamento ai sensi della L. 3/2012, è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi). La sua competenza si estende alla difesa di coloro che, a causa della cancellazione di una società, si trovano improvvisamente a dover fronteggiare debiti tributari imprevisti.
Con una strategia legale mirata, è possibile difendersi da pretese ingiuste, contestare cartelle esattoriali e trovare soluzioni concrete per affrontare i debiti tributari. Attraverso un’analisi approfondita della documentazione e una valutazione della correttezza degli atti emessi, si possono individuare irregolarità, vizi di forma o contestazioni infondate che possono portare alla riduzione o all’annullamento delle richieste avanzate dal fisco.
Se ti trovi in questa situazione, contatta subito l’Avvocato Monardo per una consulenza personalizzata e proteggi il tuo futuro finanziario. Una valutazione tempestiva del tuo caso può fare la differenza tra subire passivamente un’azione del fisco e trovare soluzioni efficaci per evitare gravi ripercussioni sul tuo patrimonio.
Qui di seguito tutti i contatti di Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione debiti tributari: