Cosa Fare Quando l’Agenzia delle Entrate Sbaglia?

Interagire con l’Agenzia delle Entrate può risultare complesso, specialmente quando si riscontrano errori nei documenti fiscali o nelle comunicazioni ricevute. È fondamentale conoscere i propri diritti e le procedure appropriate per affrontare tali situazioni, garantendo una corretta gestione delle proprie posizioni fiscali.

Questo articolo di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti con l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, fornisce una guida dettagliata su come procedere in caso di errori da parte dell’Agenzia delle Entrate, analizzando le normative vigenti, le modalità di ricorso e le tempistiche da rispettare.

Ma andiamo nei dettagli con domande e risposte.

Quali sono i tipi comuni di errori commessi dall’Agenzia delle Entrate?

Gli errori commessi dall’Agenzia delle Entrate possono essere di diversa natura e gravità, ma hanno un impatto significativo sul contribuente, che si trova a dover affrontare potenziali problematiche fiscali, finanziarie e amministrative. Tra i più comuni vi sono gli errori di calcolo, in cui le imposte dovute vengono erroneamente quantificate a causa di disguidi tecnici o materiali. Ad esempio, può capitare che il sistema attribuisca al contribuente importi non corretti derivanti da un conteggio errato dei redditi imponibili o delle detrazioni spettanti. Questo tipo di errore, spesso derivante da una discrepanza nei dati elaborati dai sistemi informatici, è particolarmente comune e può portare a richieste di pagamento ingiustificate o a importi inferiori rispetto a quanto realmente dovuto.

Un altro errore frequente riguarda l’attribuzione di redditi non pertinenti. In questo caso, il contribuente può vedersi attribuire redditi che in realtà non gli appartengono, come quelli di un soggetto omonimo o legati a un’attività cessata da tempo. Tali incongruenze derivano spesso da un errato abbinamento delle informazioni presenti nei database dell’Agenzia. Questo problema può essere aggravato dal fatto che l’attribuzione errata di redditi può influire non solo sull’imposta complessiva, ma anche sulla determinazione delle aliquote marginali, aumentando significativamente il carico fiscale.

Un altro esempio riguarda i dati anagrafici errati, che possono sembrare di minore impatto ma che in realtà possono generare complicazioni sostanziali. Errori nei dati personali, come il codice fiscale, l’indirizzo di residenza o lo stato civile, possono impedire la corretta ricezione delle comunicazioni ufficiali, compromettendo la possibilità di rispondere tempestivamente a richieste o notifiche. Inoltre, un errore anagrafico potrebbe influire sul riconoscimento di benefici fiscali, come detrazioni per carichi di famiglia o agevolazioni legate al nucleo familiare.

La mancata applicazione di detrazioni o deduzioni è un ulteriore problema comune. Questi errori si verificano quando l’Agenzia delle Entrate non riconosce agevolazioni fiscali spettanti al contribuente, spesso a causa di dichiarazioni incomplete o di un’interpretazione restrittiva delle norme da parte dell’amministrazione. Ad esempio, detrazioni per spese mediche, istruzione o ristrutturazioni edilizie possono essere omesse, portando a un’imposta dovuta più alta rispetto al reale obbligo fiscale del contribuente. Questo tipo di errore è particolarmente frustrante, in quanto il contribuente si trova costretto a dimostrare il proprio diritto a ricevere un beneficio già previsto dalla legge.

Gli errori possono inoltre derivare da problemi tecnici o informatici, come malfunzionamenti dei sistemi di elaborazione dati o incongruenze nei database utilizzati dall’Agenzia. Questi problemi, sebbene involontari, hanno un impatto rilevante sui contribuenti, che devono affrontare iter burocratici per ottenere la correzione degli atti. Infine, vi sono situazioni in cui gli errori derivano da una comunicazione insufficiente o incompleta tra l’Agenzia delle Entrate e il contribuente. La mancata chiarezza nelle notifiche o negli avvisi può indurre in errore il destinatario, portandolo a contestare atti che in realtà potrebbero essere corretti o, al contrario, ad accettare senza riserve atti contenenti errori.

Riassumendo in sintesi:

  • Errori di calcolo: importi delle imposte dovute calcolati in modo errato a causa di incongruenze tecniche o materiali.
  • Attribuzione di redditi non pertinenti: inserimento di redditi appartenenti a soggetti diversi o non più attivi.
  • Errori nei dati anagrafici: inesattezze nelle informazioni personali che complicano la gestione della posizione fiscale.
  • Mancata applicazione di detrazioni o deduzioni: omissione di agevolazioni fiscali spettanti al contribuente.
  • Problemi tecnici o informatici: malfunzionamenti dei sistemi che generano errori nei documenti fiscali.
  • Comunicazione insufficiente: mancanza di chiarezza nelle notifiche che porta a incomprensioni o contestazioni inappropriate.

Un controllo attento della propria posizione fiscale e un’eventuale consulenza con un professionista esperto sono fondamentali per affrontare queste problematiche in modo efficace e per tutelare i propri diritti.

Come posso verificare se c’è un errore nella mia posizione fiscale?

Verificare se nella propria posizione fiscale sono presenti errori è un passaggio essenziale per evitare problemi con l’Agenzia delle Entrate e garantire il rispetto degli obblighi fiscali. Un controllo accurato consente di individuare eventuali incongruenze o errori che potrebbero portare a richieste indebite o a calcoli errati delle imposte dovute. Per farlo, è necessario adottare un approccio strutturato, utilizzando tutti gli strumenti messi a disposizione dall’amministrazione finanziaria e, se necessario, affidandosi a un professionista.

Il primo passo è esaminare attentamente tutte le comunicazioni ricevute dall’Agenzia delle Entrate. Questi documenti, come avvisi di accertamento, cartelle esattoriali o lettere di compliance, contengono dettagli precisi sulle somme richieste, sui redditi dichiarati e sulle imposte calcolate. Un’analisi dettagliata può rivelare discrepanze evidenti, come errori nei redditi attribuiti, detrazioni non riconosciute o calcoli delle sanzioni non corretti. È fondamentale conservare e organizzare questa documentazione per poterla confrontare con le proprie dichiarazioni dei redditi.

Un ulteriore strumento cruciale è il “Cassetto Fiscale”, un servizio online offerto dall’Agenzia delle Entrate. Attraverso questo portale, accessibile con SPID, CIE o CNS, è possibile visualizzare la propria posizione fiscale in tempo reale. Nel Cassetto Fiscale si trovano informazioni dettagliate sulle dichiarazioni presentate, i pagamenti effettuati, eventuali rimborsi spettanti e comunicazioni relative a controlli o verifiche. Analizzando queste informazioni, è possibile confrontare i dati dichiarati con quelli registrati dall’Agenzia e identificare eventuali discrepanze.

Confrontare i dati dichiarati con quelli presenti nelle comunicazioni dell’Agenzia è un altro passaggio fondamentale. Spesso, gli errori si verificano a causa di incomprensioni o omissioni nei documenti presentati. Ad esempio, una deduzione per spese mediche potrebbe non essere stata considerata perché il contribuente non ha fornito la documentazione necessaria, o un reddito potrebbe essere stato duplicato a causa di errori nei software utilizzati. In questi casi, il confronto puntuale consente di individuare l’errore e di raccogliere le prove necessarie per contestarlo.

In presenza di dubbi o di situazioni complesse, è consigliabile rivolgersi a un professionista, come un commercialista o un consulente fiscale. Questi esperti hanno le competenze per analizzare la situazione fiscale nel dettaglio e identificare problemi che potrebbero non essere immediatamente evidenti. Possono inoltre assistere nella preparazione della documentazione necessaria per contestare eventuali errori e guidare il contribuente attraverso le procedure appropriate.

Un altro elemento da considerare è la verifica dei termini di pagamento e delle scadenze. Talvolta, gli errori si manifestano sotto forma di notifiche per imposte o sanzioni già saldate o per cui il termine di prescrizione è già decorso. Controllare attentamente i propri versamenti e confrontarli con le richieste dell’Agenzia è quindi essenziale per evitare pagamenti duplicati o indebiti.

Infine, è importante mantenere una comunicazione aperta con l’Agenzia delle Entrate. Attraverso i servizi di assistenza telefonica o le sedi locali, è possibile richiedere chiarimenti o segnalare direttamente eventuali anomalie. In molti casi, un semplice errore materiale può essere corretto rapidamente senza la necessità di intraprendere azioni legali o ricorsi.

Riassumendo in sintesi:

  • Analizzare le comunicazioni ricevute: verificare avvisi di accertamento, cartelle esattoriali e lettere di compliance per individuare eventuali errori.
  • Utilizzare il Cassetto Fiscale: accedere al portale online per confrontare i dati dichiarati con quelli registrati dall’Agenzia.
  • Confrontare i documenti: controllare che le dichiarazioni presentate corrispondano ai redditi, alle detrazioni e alle deduzioni riportate.
  • Consultare un professionista: rivolgersi a un commercialista o consulente fiscale per un’analisi approfondita e assistenza nella gestione degli errori.
  • Verificare i pagamenti e le scadenze: controllare che gli importi richiesti non siano già stati saldati o prescritti.
  • Comunicare con l’Agenzia: segnalare eventuali errori tramite i canali di assistenza per ottenere chiarimenti o correzioni.

Effettuare verifiche regolari sulla propria posizione fiscale e utilizzare gli strumenti disponibili aiuta a prevenire problemi e a garantire una gestione fiscale corretta e trasparente.

Cosa devo fare se ricevo un avviso di accertamento errato?

Ricevere un avviso di accertamento errato dall’Agenzia delle Entrate può generare preoccupazione e incertezza, ma è fondamentale agire con tempestività e precisione per tutelare i propri diritti. La prima azione da compiere è analizzare attentamente il contenuto dell’avviso, verificando tutti i dati riportati, come il periodo d’imposta, gli importi contestati e le motivazioni alla base dell’atto. Questo primo controllo è essenziale per comprendere se l’errore riguarda un calcolo delle imposte, un’errata attribuzione di redditi, o altre questioni fiscali. Conoscere la natura dell’errore consente di adottare le contromisure più adeguate.

Una volta identificata la problematica, è necessario raccogliere tutta la documentazione utile a dimostrare la propria posizione. Questa documentazione può includere dichiarazioni dei redditi, ricevute di pagamento, certificazioni del sostituto d’imposta o altre prove pertinenti. Ad esempio, se l’avviso contesta un reddito non dichiarato, il contribuente può presentare documenti che dimostrino che tale reddito non gli appartiene. Analogamente, in caso di mancato riconoscimento di una detrazione fiscale, sarà necessario fornire le ricevute o i documenti che ne attestano la legittimità.

Il passo successivo è valutare la possibilità di presentare un’istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate. L’autotutela è uno strumento che consente di richiedere la revisione o l’annullamento di un atto amministrativo riconosciuto come errato. Questa richiesta deve essere presentata per iscritto, indicando chiaramente gli errori riscontrati e allegando la documentazione comprovante. Sebbene l’autotutela non sospenda i termini per eventuali ricorsi, rappresenta un’opportunità per risolvere il problema in modo rapido ed economico, evitando il contenzioso.

Nel caso in cui l’autotutela non produca l’esito desiderato, è necessario considerare la possibilità di presentare un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado. Il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento, e per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro è obbligatorio procedere con un tentativo di mediazione tributaria prima di accedere al giudizio. La mediazione offre un’ulteriore possibilità di risolvere il conflitto senza affrontare un contenzioso formale, spesso con tempi e costi inferiori.

Se si decide di procedere con il ricorso, è consigliabile affidarsi a un professionista esperto, come un avvocato tributarista o un commercialista, che possa redigere un atto di impugnazione chiaro e ben documentato. Questo atto deve contenere una dettagliata esposizione dei fatti, le motivazioni per cui si ritiene l’avviso errato e le richieste avanzate al giudice. Un professionista esperto sarà in grado di individuare eventuali vizi formali o sostanziali nell’avviso e di utilizzarli a favore del contribuente.

Durante tutto il processo, è fondamentale rispettare i termini previsti dalla legge per evitare la decadenza del diritto di contestazione. Anche nel caso in cui si stia attendendo una risposta all’istanza di autotutela, i termini per il ricorso continuano a decorrere, e una mancata azione nei tempi previsti potrebbe compromettere irrimediabilmente la posizione del contribuente.

In situazioni particolarmente complesse, come quelle che coinvolgono importi elevati o implicano la violazione di norme specifiche, può essere utile valutare la possibilità di proporre una transazione con l’Agenzia delle Entrate, qualora prevista dalla normativa. Questa soluzione, benché meno comune, può consentire di raggiungere un accordo favorevole evitando il rischio di un contenzioso.

Riassumendo in sintesi:

  • Analizzare l’avviso di accertamento: verificare i dati riportati e identificare la natura dell’errore.
  • Raccogliere la documentazione: preparare tutte le prove utili a dimostrare la propria posizione.
  • Presentare un’istanza di autotutela: richiedere la revisione o l’annullamento dell’atto all’Agenzia delle Entrate.
  • Valutare il ricorso: presentare un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria entro i termini previsti, se necessario.
  • Rispettare i termini: agire tempestivamente per evitare la decadenza del diritto di contestazione.
  • Affidarsi a un professionista: consultare un esperto per la redazione di atti di autotutela o ricorso.
  • Considerare la mediazione o la transazione: esplorare soluzioni alternative al contenzioso, ove applicabili.

Affrontare un avviso di accertamento errato richiede prontezza, organizzazione e una conoscenza approfondita delle normative fiscali. Con il giusto supporto e una gestione attenta, è possibile risolvere la situazione e garantire la tutela dei propri diritti.

Quali sono i termini per presentare un ricorso contro l’Agenzia Entrate e Riscossione?

Presentare un ricorso contro l’Agenzia delle Entrate e Riscossione è un diritto fondamentale del contribuente quando ritiene che un atto impositivo o una procedura esecutiva siano errati o illegittimi. Tuttavia, per esercitare efficacemente questo diritto, è essenziale rispettare i termini previsti dalla legge, che variano a seconda del tipo di atto contestato. Non rispettare tali scadenze comporta la decadenza del diritto al ricorso e l’impossibilità di contestare successivamente l’atto. Per questo motivo, è cruciale conoscere con precisione i termini e i passaggi necessari.

In generale, il termine principale per presentare un ricorso è di 60 giorni dalla data di notifica dell’atto impugnato. Questo periodo si applica alla maggior parte degli atti, come avvisi di accertamento, cartelle di pagamento e intimazioni di pagamento. La decorrenza dei termini inizia dal giorno in cui l’atto è notificato al contribuente, sia tramite raccomandata con avviso di ricevimento sia attraverso altri metodi previsti dalla normativa, come la notifica digitale tramite PEC.

In alcune circostanze particolari, i termini possono essere modificati o sospesi. Ad esempio, durante il mese di agosto, i termini per presentare ricorso sono sospesi per un periodo di 31 giorni, dal 1° al 31 agosto, secondo quanto previsto dall’articolo 1 della legge n. 742/1969. Questo significa che il conteggio del termine di 60 giorni riprende al termine della sospensione estiva. Analogamente, eventuali sospensioni straordinarie possono essere disposte in situazioni di emergenza, come calamità naturali o eventi eccezionali, ma tali circostanze devono essere specificatamente indicate nella normativa vigente.

Per controversie di valore fino a 50.000 euro, è obbligatorio avviare un tentativo di mediazione tributaria prima di procedere con il ricorso. In questo caso, l’istanza di mediazione deve essere presentata entro lo stesso termine di 60 giorni previsto per il ricorso. La mediazione ha una durata massima di 90 giorni, durante i quali il procedimento è sospeso. Se al termine di questo periodo non si raggiunge un accordo, il contribuente ha 30 giorni di tempo per presentare il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.

Un altro elemento fondamentale riguarda la tipologia di atti che possono essere impugnati e i relativi termini. Per le cartelle di pagamento, il termine decorre dalla notifica della cartella stessa. Nel caso di avvisi di accertamento esecutivo, introdotti con il decreto legislativo n. 159/2015, il termine per il ricorso è anch’esso di 60 giorni dalla notifica. Per atti più specifici, come le ipoteche o i fermi amministrativi, è necessario prestare attenzione alla tipologia di provvedimento e alle modalità di notifica, in quanto potrebbero influire sul calcolo dei termini.

Un aspetto importante è la possibilità di usufruire di strumenti alternativi al ricorso, come l’autotutela. Sebbene la presentazione di un’istanza di autotutela non sospenda i termini per il ricorso, è possibile avvalersene parallelamente per richiedere una revisione o l’annullamento dell’atto da parte dell’amministrazione finanziaria. Se l’autotutela viene accolta, il ricorso non sarà più necessario; tuttavia, è consigliabile procedere comunque con il deposito del ricorso nei termini, per evitare la decadenza dei diritti in caso di mancata risposta.

Infine, è essenziale verificare con precisione la data di notifica dell’atto, che deve essere chiaramente indicata sulla documentazione ricevuta. In caso di notifica tramite PEC, fa fede la data di consegna nella casella di posta elettronica certificata. In caso di notifica tramite posta raccomandata, la data da considerare è quella riportata sull’avviso di ricevimento firmato dal destinatario. Errori o omissioni nella notifica possono costituire motivo di contestazione e, in alcuni casi, portare all’annullamento dell’atto stesso.

Riassumendo in sintesi:

  • Termine generale per il ricorso: 60 giorni dalla notifica dell’atto.
  • Sospensione dei termini: dal 1° al 31 agosto e in situazioni straordinarie specifiche.
  • Mediazione tributaria: obbligatoria per controversie fino a 50.000 euro, con un termine di 90 giorni per la definizione.
  • Atti contestabili: avvisi di accertamento, cartelle di pagamento, ipoteche, fermi amministrativi e altri provvedimenti esecutivi.
  • Autotutela: può essere avviata parallelamente, ma non sospende i termini per il ricorso.
  • Verifica della notifica: controllare la data riportata sull’avviso di ricevimento o nella PEC per calcolare correttamente i termini.

Rispettare i termini per il ricorso è essenziale per proteggere i propri diritti e contestare eventuali irregolarità o errori. Con il supporto di un professionista esperto, è possibile gestire queste procedure in modo efficace, assicurandosi di seguire tutti i passaggi richiesti dalla normativa vigente.

Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti Con L’Agenzia Entrate e Riscossione

Affrontare situazioni di conflitto con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione rappresenta una sfida complessa che richiede precisione, conoscenza delle normative e prontezza nell’agire. Gli errori o le discrepanze negli atti notificati dall’amministrazione fiscale possono avere conseguenze significative per il contribuente, con potenziali ricadute sul piano economico, patrimoniale e, non da ultimo, psicologico. In tali circostanze, il supporto di un avvocato esperto in cancellazione debiti e pendenze con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione diventa non solo una scelta strategica, ma una necessità per proteggere i propri diritti e ristabilire una posizione fiscale corretta.

Uno dei principali vantaggi di avvalersi di un professionista specializzato è la capacità di analizzare a fondo la situazione del contribuente, identificando eventuali vizi di forma o sostanza negli atti notificati. Spesso, questi errori possono rappresentare la chiave per annullare o ridurre significativamente l’importo contestato. Ad esempio, una notifica non correttamente eseguita, un calcolo errato delle somme dovute o la mancata indicazione delle motivazioni alla base dell’atto possono costituire motivi validi per un ricorso efficace. Tuttavia, individuare e sfruttare queste opportunità richiede una conoscenza approfondita della legislazione tributaria e della giurisprudenza applicabile, competenze che solo un avvocato esperto può garantire.

Il ruolo del legale non si limita alla gestione tecnica del contenzioso, ma si estende anche alla pianificazione strategica della difesa. Questo significa valutare con attenzione tutte le opzioni a disposizione del contribuente, dalla presentazione di un’istanza di autotutela alla scelta del ricorso in sede giurisdizionale, passando per la possibilità di avviare una mediazione tributaria. Ogni caso è unico, e una strategia che risulta efficace per un contribuente potrebbe non esserlo per un altro. L’avvocato esperto è in grado di personalizzare l’approccio, tenendo conto delle specificità della situazione e delle esigenze del cliente.

Un altro aspetto cruciale è la gestione delle tempistiche. Le procedure con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione sono caratterizzate da termini stringenti, che devono essere rigorosamente rispettati per evitare la decadenza del diritto al ricorso. Rispettare questi termini è fondamentale, ma richiede un monitoraggio costante e un’organizzazione precisa, soprattutto in situazioni in cui sono coinvolte più notifiche o atti amministrativi. Un avvocato specializzato può assicurare che tutte le scadenze siano rispettate, evitando così complicazioni e ulteriori problematiche per il contribuente.

In aggiunta, l’avvocato rappresenta un interlocutore autorevole nei confronti dell’amministrazione fiscale. La capacità di negoziare direttamente con l’Agenzia delle Entrate o con gli uffici di riscossione può fare la differenza, soprattutto in situazioni in cui è possibile raggiungere una soluzione consensuale, come nel caso della mediazione tributaria o della rateizzazione delle somme dovute. Un professionista esperto sa come presentare le istanze e come argomentare in modo efficace, aumentando le probabilità di ottenere un esito favorevole per il contribuente.

Dal punto di vista pratico, il supporto di un legale è essenziale anche per gestire le implicazioni economiche derivanti da un contenzioso tributario. Gli importi contestati possono essere molto elevati, con un impatto significativo sul bilancio familiare o aziendale. Un avvocato esperto non solo aiuta a ridurre o annullare tali somme, ma può anche proporre soluzioni per la gestione del debito residuo, come piani di rateizzazione o richieste di sospensione temporanea delle procedure esecutive. Queste misure consentono al contribuente di affrontare la situazione con maggiore serenità e senza compromettere la propria stabilità finanziaria.

L’assistenza di un avvocato specializzato è particolarmente importante nelle situazioni più complesse, come quelle che coinvolgono debiti pregressi, multe o sanzioni accumulate nel tempo. In questi casi, la possibilità di ottenere una cancellazione totale o parziale del debito dipende dalla capacità di dimostrare la legittimità delle proprie ragioni e di contestare in modo puntuale gli atti notificati. Un professionista esperto è in grado di analizzare ogni aspetto della vicenda, individuando i punti deboli nell’azione dell’amministrazione fiscale e costruendo una difesa solida e ben argomentata.

È inoltre fondamentale considerare il valore del supporto emotivo e pratico offerto da un avvocato in queste circostanze. Affrontare un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione può essere estremamente stressante, specialmente per chi non ha familiarità con le procedure fiscali e legali. Avere al proprio fianco un professionista competente non solo offre sicurezza, ma permette anche di affrontare la situazione con maggiore fiducia e serenità. Questo supporto è particolarmente prezioso in momenti di difficoltà economica, quando la pressione derivante da richieste di pagamento o da procedimenti esecutivi può sembrare insostenibile.

Un altro vantaggio rilevante è la possibilità di evitare errori nella gestione delle procedure, che potrebbero aggravare ulteriormente la situazione del contribuente. Un ricorso presentato fuori termine, un’istanza di autotutela incompleta o una contestazione formulata in modo impreciso possono compromettere irrimediabilmente la posizione del contribuente, rendendo più difficile o impossibile ottenere una soluzione favorevole. L’avvocato esperto si occupa di ogni aspetto procedurale con la massima attenzione, assicurando che ogni azione intrapresa sia conforme alle normative vigenti.

Infine, il valore di un avvocato specializzato in cancellazione debiti con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione si misura anche nella capacità di prevenire problemi futuri. Attraverso una consulenza mirata, è possibile evitare errori nella gestione delle proprie posizioni fiscali, adottare strategie preventive per ridurre il rischio di contenziosi e garantire una maggiore sicurezza economica nel lungo termine. Questo approccio proattivo rappresenta un investimento nella tranquillità e nella stabilità finanziaria, proteggendo il contribuente da situazioni potenzialmente dannose.

Affidarsi a un avvocato esperto non è solo una scelta strategica per affrontare un contenzioso fiscale, ma una garanzia di tutela dei propri diritti e della propria dignità economica. In un contesto complesso e spesso opprimente come quello della riscossione fiscale, il supporto di un professionista qualificato può fare la differenza tra una soluzione equa e una situazione ingestibile. Per questo motivo, chiunque si trovi in difficoltà con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione dovrebbe considerare l’assistenza di un legale come una risorsa indispensabile per superare con successo le proprie problematiche fiscali.

Da questo punto di vista, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).

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Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo riflettono il punto di vista personale degli Autori, maturato sulla base della loro esperienza professionale. Non devono essere considerate come consulenza tecnica o legale. Per chiarimenti specifici o ulteriori informazioni, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si invita a tenere presente che l’articolo fa riferimento al contesto normativo vigente alla data di redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono cambiare nel tempo. Non ci assumiamo alcuna responsabilità per un utilizzo inappropriato delle informazioni contenute in queste pagine.
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Giuseppe Monardo

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