Il pignoramento del conto corrente aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate è una procedura esecutiva utilizzata dall’amministrazione fiscale per recuperare crediti tributari non pagati da parte di un’impresa o azienda. Questa misura può avere un impatto significativo sulla liquidità e sulle operazioni quotidiane dell’impresa, poiché blocca la disponibilità di fondi presenti sul conto. La procedura è regolata da specifiche normative fiscali e processuali, e viene attivata solo dopo che l’Agenzia delle Entrate ha espletato una serie di passaggi, tra cui la notifica al debitore e l’emissione di un atto esecutivo. In questo articolo, analizzeremo in dettaglio come funziona il pignoramento del conto corrente aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate, quali sono i diritti e le obbligazioni delle parti coinvolte, e come affrontare al meglio una situazione di pignoramento.
Ma andiamo nei dettagli con Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti aziendali.
Cosa vuol dire pignoramento del conto corrente aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione?
Il pignoramento del conto corrente aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione è una misura esecutiva che consente all’amministrazione fiscale di recuperare i crediti fiscali non pagati da un’azienda. In sostanza, questa procedura si attiva quando un’impresa è inadempiente nei confronti del fisco per il pagamento di imposte, tributi, o contributi previdenziali. L’Agenzia delle Entrate, attraverso la sua funzione di riscossione, può bloccare i fondi presenti sul conto corrente dell’azienda, impedendone l’utilizzo fino a quando il debito non viene saldato o non viene concordato un piano di pagamento rateizzato.
Il pignoramento è regolato dal Codice di Procedura Civile e da normative specifiche relative alla riscossione coattiva dei tributi. Prima di poter procedere, l’Agenzia delle Entrate deve notificare all’azienda il debito da saldare, solitamente sotto forma di una cartella esattoriale. Se l’azienda non provvede al pagamento entro i termini indicati, l’importo viene iscritto a ruolo e l’Agenzia può procedere al pignoramento vero e proprio.
Nel momento in cui la procedura viene avviata, l’Agenzia delle Entrate invia alla banca dove è acceso il conto corrente aziendale un avviso di pignoramento. La banca, a quel punto, è obbligata a bloccare immediatamente le somme presenti sul conto fino all’importo del debito. Questo impedisce all’azienda di accedere ai fondi per effettuare pagamenti o altre operazioni finanziarie, mettendo a rischio la sua capacità di operare normalmente. Tuttavia, l’azienda ha ancora la possibilità di evitare il prelievo forzoso delle somme se agisce rapidamente, ad esempio richiedendo una rateizzazione del debito o saldando l’importo dovuto.
Il blocco delle somme rimane in vigore fino a quando il debito non viene estinto, o fino a che non viene concordato un piano di pagamento rateizzato con l’Agenzia delle Entrate. Se l’azienda non prende alcuna iniziativa, l’Agenzia delle Entrate può procedere con il prelievo diretto delle somme pignorate dal conto corrente, portando a termine la procedura esecutiva. Il pignoramento del conto corrente aziendale è una misura particolarmente invasiva perché può compromettere la liquidità dell’impresa e ostacolare la sua capacità di pagare fornitori, dipendenti o sostenere le spese operative.
Ci sono però dei limiti legali al pignoramento. Alcune somme possono essere impignorabili, come ad esempio quelle destinate al pagamento degli stipendi dei dipendenti o somme vincolate per il pagamento di contributi previdenziali e imposte. Inoltre, l’azienda può richiedere al giudice la liberazione di una parte dei fondi se dimostra che sono necessari per garantire la continuità aziendale. Infine, è importante sottolineare che il pignoramento riguarda solo le somme effettivamente presenti sul conto al momento del blocco; eventuali depositi futuri non sono automaticamente inclusi nel pignoramento.
Riassumendo per punti:
- Il pignoramento del conto corrente aziendale è una misura esecutiva utilizzata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione per recuperare debiti fiscali.
- Si attiva dopo che l’azienda ha ricevuto una cartella esattoriale e non ha pagato entro i termini previsti.
- L’Agenzia delle Entrate invia un avviso di pignoramento alla banca, che blocca le somme presenti sul conto corrente dell’azienda fino all’ammontare del debito.
- L’azienda non può accedere ai fondi bloccati fino a quando non viene risolta la situazione con il pagamento del debito o la richiesta di una rateizzazione.
- Il pignoramento riguarda solo i fondi presenti al momento del blocco e non i depositi futuri, a meno che non vengano emessi nuovi provvedimenti.
- Alcune somme possono essere impignorabili, come quelle destinate agli stipendi dei dipendenti o al pagamento di tributi e contributi.
- L’azienda può richiedere la liberazione parziale dei fondi dimostrando che sono necessari per continuare l’attività operativa.
Come funziona il pignoramento del conto aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate?
Il pignoramento del conto aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate è una misura esecutiva che consente all’amministrazione fiscale di recuperare i crediti dovuti da un’azienda inadempiente nei confronti del fisco. Questo procedimento si attiva quando un’azienda non ha saldato debiti relativi a imposte, tributi o contributi previdenziali. Il funzionamento del pignoramento segue una procedura dettagliata, regolata dal Codice di Procedura Civile e da norme specifiche sulla riscossione coattiva dei tributi.
La prima fase del pignoramento è l’emissione di una cartella esattoriale. Questa cartella è un documento ufficiale che notifica all’azienda l’importo del debito e invita il debitore a saldarlo entro un termine stabilito. Se l’azienda non paga entro i tempi previsti, l’importo viene iscritto a ruolo dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, il che consente di procedere alla fase esecutiva.
Una volta iscritto a ruolo il debito, l’Agenzia delle Entrate invia alla banca dell’azienda un avviso di pignoramento. Questo avviso richiede alla banca di bloccare immediatamente le somme presenti sul conto corrente dell’azienda fino all’ammontare del debito iscritto a ruolo. Il blocco dei fondi è immediato, il che significa che l’azienda non può accedere ai fondi presenti sul conto per effettuare pagamenti, trasferimenti o altre operazioni finanziarie. Le somme pignorate restano congelate fino a quando il debito non viene risolto.
L’azienda viene informata del pignoramento tramite una notifica formale, che le permette di conoscere la situazione e prendere eventuali misure correttive. Nonostante il blocco, l’azienda ha ancora la possibilità di intervenire. Prima che l’Agenzia delle Entrate possa prelevare le somme pignorate, l’impresa può agire in diversi modi. La soluzione più immediata è saldare il debito nella sua interezza, il che comporterebbe la revoca del pignoramento e il ripristino della piena disponibilità dei fondi bloccati.
Se il pagamento integrale non è possibile, l’azienda può richiedere una rateizzazione del debito presso l’Agenzia delle Entrate. Questa richiesta, se approvata, sospende temporaneamente la procedura di pignoramento, permettendo all’azienda di continuare ad avere accesso ai suoi fondi, a condizione che vengano rispettate le scadenze del piano di pagamento rateale. In questo caso, la rateizzazione diventa una strategia cruciale per evitare il prelievo forzato e garantire la continuità aziendale.
Se l’azienda non salda il debito o non richiede la rateizzazione entro il termine stabilito, l’Agenzia delle Entrate può procedere con il prelievo forzato delle somme pignorate. In questa fase, la banca trasferisce direttamente all’Agenzia delle Entrate le somme bloccate sul conto, fino all’importo necessario per estinguere il debito. Se le somme presenti sul conto non sono sufficienti a coprire l’intero debito, la procedura esecutiva può continuare con ulteriori azioni sui beni o altri conti dell’azienda.
È importante notare che esistono alcuni limiti legali al pignoramento del conto aziendale. Ad esempio, determinate somme potrebbero essere impignorabili, come quelle destinate al pagamento degli stipendi dei dipendenti o somme vincolate per il pagamento di tributi o contributi previdenziali. Inoltre, il pignoramento riguarda solo i fondi presenti sul conto al momento del blocco. Se in seguito vengono effettuati nuovi depositi, questi non sono automaticamente inclusi nel pignoramento, a meno che non venga emesso un nuovo provvedimento di blocco.
In sintesi, il pignoramento del conto aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate è una procedura esecutiva ben strutturata, che si articola in diverse fasi: l’emissione della cartella esattoriale, la notifica del pignoramento alla banca, il blocco delle somme presenti sul conto e, infine, il prelievo forzato, se l’azienda non interviene in tempo. La possibilità di richiedere una rateizzazione o saldare il debito prima che il pignoramento diventi definitivo offre all’azienda margini di manovra per evitare conseguenze economiche gravi e preservare la sua operatività.
Riassumendo per punti:
- Il pignoramento inizia con la notifica di una cartella esattoriale da parte dell’Agenzia delle Entrate per il recupero di crediti fiscali non pagati.
- Se il debito non viene saldato, l’Agenzia iscrive il debito a ruolo e invia alla banca un avviso di pignoramento, che blocca immediatamente i fondi presenti sul conto corrente aziendale.
- L’azienda può ancora evitare il prelievo forzoso saldando il debito o richiedendo una rateizzazione, che sospende temporaneamente la procedura.
- Se l’azienda non agisce, l’Agenzia delle Entrate procede con il prelievo forzato delle somme pignorate per estinguere il debito.
- Esistono limiti legali al pignoramento, e alcune somme, come quelle destinate agli stipendi o al pagamento di tributi, potrebbero essere impignorabili.
- Il pignoramento riguarda solo i fondi presenti sul conto al momento del blocco, mentre nuovi depositi non sono automaticamente soggetti al pignoramento senza un ulteriore provvedimento.
È possibile evitare il pignoramento del conto corrente aziendale dopo la notifica?
Sì, è possibile evitare il pignoramento del conto corrente aziendale anche dopo aver ricevuto la notifica, ma è fondamentale agire tempestivamente per impedire che l’Agenzia delle Entrate Riscossione completi la procedura esecutiva. La notifica di pignoramento non comporta immediatamente il prelievo forzoso delle somme dal conto corrente, poiché ci sono ancora delle opportunità che l’azienda può sfruttare per evitare che i fondi vengano definitivamente bloccati e prelevati.
Dopo la notifica, l’azienda ha principalmente due opzioni per evitare il pignoramento:
La prima opzione è saldare immediatamente il debito. Questo è il modo più diretto per risolvere la situazione e impedire che la procedura di pignoramento prosegua. Se l’azienda dispone della liquidità necessaria, può versare l’importo dovuto direttamente all’Agenzia delle Entrate. Una volta effettuato il pagamento, l’Agenzia notificherà alla banca che il debito è stato estinto e il blocco sul conto sarà rimosso, consentendo all’azienda di riprendere l’uso completo dei suoi fondi. È importante agire rapidamente, poiché più tempo passa, più diventa difficile fermare la procedura esecutiva, soprattutto se il pignoramento è già stato trascritto.
La seconda opzione, nel caso in cui l’azienda non possa pagare l’intero debito in una sola soluzione, è richiedere una rateizzazione del debito. Questa possibilità consente all’azienda di dilazionare il pagamento del debito su un periodo più lungo, in base alla propria capacità finanziaria. Per ottenere la rateizzazione, l’azienda deve presentare una richiesta formale all’Agenzia delle Entrate Riscossione, dimostrando la sua volontà di risolvere il debito ma spiegando anche le difficoltà economiche che impediscono un pagamento immediato. Una volta approvata la richiesta, l’Agenzia sospenderà temporaneamente la procedura di pignoramento, permettendo all’azienda di accedere nuovamente ai fondi presenti sul conto corrente, a condizione che rispetti le scadenze del piano di pagamento concordato.
Oltre al pagamento del debito o alla richiesta di rateizzazione, un’altra via percorribile per sospendere il pignoramento è quella di presentare un’istanza di autotutela o una contestazione formale del debito. In alcuni casi, può verificarsi che l’importo del debito notificato sia errato o che ci siano stati problemi formali nella notifica della cartella esattoriale o del pignoramento. Se l’azienda ritiene che il pignoramento sia stato effettuato in modo improprio o che il debito non sia dovuto, può presentare un’istanza di sospensione del pignoramento, richiedendo una revisione dell’importo o delle circostanze. Se l’Agenzia delle Entrate accoglie l’istanza, il pignoramento verrà sospeso fino alla risoluzione della questione.
Anche in questo caso, la tempestività è cruciale. Più velocemente si agisce, maggiori sono le possibilità di evitare il blocco definitivo delle somme. Il pignoramento, infatti, non si conclude immediatamente con la notifica: la banca blocca le somme, ma l’Agenzia delle Entrate non preleva subito il denaro. Questo offre all’azienda una finestra temporale durante la quale può intervenire per risolvere la situazione e recuperare il controllo delle proprie risorse finanziarie.
Infine, l’azienda potrebbe valutare la possibilità di richiedere una sospensione giudiziale del pignoramento. Questa opzione è più rara e richiede un ricorso formale davanti al giudice, in cui l’azienda dovrà dimostrare l’esistenza di gravi motivi per cui il pignoramento debba essere sospeso. Ciò può includere il rischio di un danno irreparabile per la continuità aziendale o l’erronea quantificazione del debito da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, questo tipo di ricorso è complesso e deve essere sostenuto da un’adeguata documentazione e da una solida strategia legale.
Riassumendo per punti:
- Dopo la notifica del pignoramento, l’azienda può evitare il prelievo forzoso agendo tempestivamente.
- La prima opzione è saldare immediatamente il debito, risolvendo così la situazione e bloccando la procedura esecutiva.
- In alternativa, è possibile richiedere una rateizzazione del debito, che sospende la procedura di pignoramento e consente all’azienda di continuare ad accedere ai propri fondi, purché rispetti i termini di pagamento concordati.
- Se ci sono errori o irregolarità nel procedimento, l’azienda può presentare una contestazione formale o un’istanza di autotutela, chiedendo la revisione dell’importo o della procedura.
- In casi più complessi, l’azienda può richiedere una sospensione giudiziale del pignoramento, presentando un ricorso al giudice, ma questa opzione richiede una solida base legale e adeguata documentazione.
Quali sono i limiti al pignoramento del conto corrente aziendale?
Il pignoramento del conto corrente aziendale, pur essendo una misura esecutiva efficace e invasiva, è soggetto a una serie di limiti legali che mirano a garantire la tutela dei diritti dell’azienda e a impedire che questa misura comprometta completamente la sua operatività. Questi limiti sono previsti dalla legge per bilanciare il diritto del creditore a recuperare il suo credito con l’esigenza dell’azienda di continuare a operare, soprattutto quando è necessario preservare la continuità aziendale e la protezione di determinati fondi.
Un primo limite importante è che solo le somme effettivamente presenti sul conto corrente al momento del pignoramento possono essere bloccate. Questo significa che il pignoramento colpisce esclusivamente il saldo disponibile al momento in cui la banca riceve l’ordine di pignoramento dall’Agenzia delle Entrate Riscossione. Se, ad esempio, il saldo del conto è inferiore all’importo del debito, la banca bloccherà solo le somme disponibili, lasciando scoperto il restante importo. Inoltre, eventuali nuovi depositi effettuati sul conto dopo il pignoramento non vengono automaticamente bloccati a meno che non venga emesso un nuovo provvedimento di pignoramento per i fondi futuri.
Un altro limite riguarda le somme impignorabili, che la legge protegge in maniera specifica. In particolare, le somme destinate al pagamento degli stipendi dei dipendenti sono generalmente escluse dal pignoramento, poiché queste risorse sono considerate vitali per la continuità aziendale e per garantire che l’impresa possa adempiere ai propri obblighi contrattuali verso i lavoratori. Se l’azienda ha fondi specificamente destinati al pagamento degli stipendi o altre risorse legate a obbligazioni analoghe, è possibile che queste somme siano esenti dal pignoramento.
Allo stesso modo, le somme vincolate per il pagamento di tributi o contributi previdenziali possono essere escluse dal pignoramento. Se il conto corrente aziendale include fondi già destinati al pagamento di imposte o contributi previdenziali, questi potrebbero essere considerati impignorabili. La legge riconosce l’importanza di permettere all’azienda di continuare a soddisfare le proprie obbligazioni fiscali e previdenziali per evitare che il pignoramento stesso crei ulteriori situazioni di insolvenza nei confronti di enti pubblici.
Esiste anche la possibilità, in casi specifici, di richiedere al giudice la liberazione di una parte dei fondi pignorati se l’azienda può dimostrare che queste somme sono necessarie per la continuità operativa. Ad esempio, se il blocco dei fondi impedisce all’azienda di pagare fornitori essenziali o di coprire le spese operative indispensabili per la prosecuzione delle attività, il tribunale potrebbe concedere la liberazione di una parte del denaro pignorato per garantire la sopravvivenza dell’impresa. Questa richiesta, tuttavia, deve essere supportata da adeguate prove documentali che dimostrino il rischio concreto per la continuità aziendale.
Un altro importante limite riguarda la proporzionalità del pignoramento. La legge impone che il pignoramento sia proporzionato al debito da recuperare. Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate non può bloccare somme superiori a quelle necessarie per estinguere il debito iscritto a ruolo. Se, ad esempio, il debito fiscale ammonta a 50.000 euro, il pignoramento deve riguardare esclusivamente quella somma, e non può essere esteso ad importi superiori. Questo principio di proporzionalità serve a garantire che il pignoramento non si traduca in un blocco eccessivo delle risorse aziendali, proteggendo così la liquidità necessaria per le attività quotidiane.
Infine, vi è il limite temporale del pignoramento. Il blocco delle somme non può durare indefinitamente. Se l’azienda salda il debito o concorda un piano di rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate, il pignoramento deve essere revocato e i fondi sbloccati. Inoltre, se l’Agenzia delle Entrate non riesce a completare la procedura esecutiva entro un certo periodo, il pignoramento può essere dichiarato nullo o decadere, soprattutto se l’azienda dimostra di aver preso provvedimenti per risolvere la situazione.
In sintesi, anche se il pignoramento del conto corrente aziendale rappresenta una misura molto incisiva, ci sono diversi limiti legali progettati per proteggere l’azienda da un blocco totale delle sue risorse. Questi limiti includono la possibilità di escludere determinate somme (come stipendi e tributi) dal pignoramento, il principio di proporzionalità del pignoramento rispetto al debito e la protezione delle somme necessarie per garantire la continuità operativa.
Riassumendo per punti:
- Il pignoramento colpisce solo le somme presenti sul conto al momento del blocco, mentre nuovi depositi non sono inclusi senza un nuovo provvedimento.
- Le somme destinate al pagamento degli stipendi dei dipendenti e quelle vincolate per tributi o contributi possono essere impignorabili.
- L’azienda può richiedere la liberazione parziale dei fondi se dimostra che sono necessari per garantire la continuità operativa.
- Il pignoramento deve essere proporzionato all’importo del debito da recuperare, non potendo superare l’ammontare dovuto.
- Il pignoramento ha una durata limitata e può essere revocato se il debito viene saldato o se viene accettata una rateizzazione.
Quali sono le conseguenze per l’azienda se il conto viene pignorato?
Il pignoramento del conto corrente aziendale da parte dell’Agenzia delle Entrate può avere conseguenze significative sulla gestione finanziaria e operativa di un’azienda. Questo tipo di procedura esecutiva, che viene utilizzata per recuperare debiti fiscali o contributivi non pagati, può influenzare in modo sostanziale l’attività quotidiana dell’impresa, riducendo la disponibilità di liquidità necessaria per sostenere le spese correnti e compromettere i rapporti con fornitori, dipendenti e istituti bancari.
La conseguenza più immediata del pignoramento è che le somme presenti sul conto corrente vengono bloccate. Questo significa che l’azienda non può più utilizzare i fondi pignorati per effettuare pagamenti, bonifici o altre operazioni finanziarie. La banca, in ottemperanza all’ordine di pignoramento ricevuto dall’Agenzia delle Entrate, congela le somme fino all’importo corrispondente al debito da recuperare. Di conseguenza, se l’azienda fa affidamento su quel conto per la sua liquidità giornaliera, potrebbero sorgere problemi nell’onorare le proprie obbligazioni finanziarie, come il pagamento dei fornitori, delle bollette o degli stipendi.
Un altro effetto significativo del pignoramento è il blocco della disponibilità degli utili aziendali. Se i fondi pignorati includono utili o altre risorse destinate alla distribuzione tra i soci, tali somme rimarranno indisponibili fino a quando il debito non viene estinto o la procedura non viene risolta. Questo può influenzare direttamente la remunerazione dei soci o azionisti, soprattutto in piccole e medie imprese dove gli utili rappresentano una parte significativa della distribuzione dei profitti.
Il pignoramento può anche compromettere la reputazione finanziaria dell’azienda. Una volta che l’Agenzia delle Entrate avvia una procedura di pignoramento, questo può segnalare ai fornitori, ai partner commerciali e alle banche che l’azienda sta attraversando difficoltà finanziarie o ha problemi di liquidità. Anche se il pignoramento riguarda solo una parte dei fondi disponibili, l’effetto può essere quello di scoraggiare nuovi contratti commerciali o accordi di finanziamento. Le banche potrebbero rivalutare il rischio creditizio associato all’azienda, restringendo la concessione di prestiti o richiedendo garanzie aggiuntive per eventuali linee di credito già attive. Allo stesso modo, i fornitori potrebbero decidere di richiedere pagamenti anticipati o ridurre i termini di pagamento, peggiorando ulteriormente la situazione di liquidità dell’impresa.
Un altro effetto collaterale del pignoramento è la compromissione dei rapporti con i dipendenti. Se i fondi pignorati includono somme destinate al pagamento degli stipendi, l’azienda potrebbe non essere in grado di onorare i suoi impegni verso i lavoratori. Anche se in molti casi le somme destinate agli stipendi sono protette dal pignoramento, ciò potrebbe non essere sufficiente a garantire che l’azienda riesca a coprire tutte le sue spese operative e le retribuzioni. Se il pagamento degli stipendi viene ritardato, potrebbe generarsi una perdita di fiducia da parte del personale, con il rischio di proteste interne, dimissioni o addirittura cause legali da parte dei lavoratori.
Il pignoramento può anche portare alla difficoltà di pagare i fornitori. Poiché i fondi del conto corrente aziendale sono bloccati, l’azienda potrebbe non essere in grado di onorare le fatture in scadenza, compromettendo i rapporti commerciali con i fornitori. Questo potrebbe portare a un’interruzione nella fornitura di beni e servizi essenziali per l’attività operativa dell’azienda, aggravando ulteriormente la crisi finanziaria. I fornitori, infatti, potrebbero decidere di sospendere le consegne fino a quando l’azienda non avrà saldato i propri debiti o trovare altri clienti più affidabili.
Inoltre, il pignoramento del conto corrente può influenzare anche la gestione interna delle risorse finanziarie. Poiché l’azienda non ha accesso diretto ai fondi bloccati, deve trovare soluzioni alternative per gestire la liquidità, ad esempio utilizzando altri conti correnti o cercando nuove fonti di finanziamento. Questa situazione può portare a un aumento delle difficoltà gestionali, poiché l’impresa deve concentrare le proprie risorse e sforzi nel risolvere il problema del pignoramento, piuttosto che investire nella crescita o nello sviluppo del business.
Tuttavia, esistono alcune soluzioni per attenuare le conseguenze del pignoramento. Se l’azienda agisce tempestivamente, ha la possibilità di richiedere una rateizzazione del debito all’Agenzia delle Entrate. Questo potrebbe sospendere temporaneamente il pignoramento, permettendo all’azienda di accedere nuovamente ai fondi bloccati, a condizione che vengano rispettate le scadenze del piano di pagamento rateale concordato. Inoltre, in determinati casi, l’azienda può anche chiedere al giudice di liberare una parte dei fondi bloccati se riesce a dimostrare che tali somme sono necessarie per garantire la continuità operativa. In questo modo, l’impresa potrebbe riuscire a preservare una parte della propria liquidità per coprire le spese essenziali.
Infine, è importante considerare anche l’impatto a lungo termine del pignoramento sulle prospettive di crescita dell’azienda. Se il pignoramento non viene risolto rapidamente, può creare una spirale di difficoltà finanziarie che rende sempre più complesso recuperare la normale operatività. La mancanza di liquidità, l’incapacità di pagare i fornitori e i dipendenti e la perdita di fiducia da parte dei partner commerciali possono ostacolare la capacità dell’azienda di attrarre nuovi investitori, stipulare nuovi contratti o accedere a finanziamenti futuri. Se non gestito correttamente, il pignoramento può portare alla perdita di competitività sul mercato e, nei casi peggiori, alla cessazione dell’attività.
Riassumendo per punti:
- Blocco dei fondi: L’azienda non può utilizzare i fondi pignorati, con un impatto diretto sulla liquidità e sulla capacità di effettuare pagamenti.
- Impossibilità di pagare stipendi e fornitori: Il pignoramento può compromettere il pagamento degli stipendi e delle fatture, portando a problemi con i dipendenti e con i fornitori.
- Danno alla reputazione finanziaria: Il pignoramento può segnalare a banche e fornitori una potenziale crisi finanziaria, compromettendo la fiducia e le opportunità di finanziamento.
- Gestione interna complicata: L’azienda deve affrontare difficoltà gestionali legate alla mancanza di liquidità e alla necessità di trovare fonti di finanziamento alternative.
- Possibili soluzioni: L’azienda può richiedere una rateizzazione del debito o la liberazione parziale dei fondi, se dimostra che sono necessari per garantire la continuità operativa.
- Conseguenze a lungo termine: Se il pignoramento non viene risolto rapidamente, può avere effetti duraturi sulla capacità di crescita e competitività dell’azienda.
Quanto tempo ci vuole per completare un pignoramento?
Il tempo necessario per completare un pignoramento dipende da diversi fattori, tra cui la rapidità con cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione avvia e gestisce la procedura, le eventuali azioni intraprese dall’azienda per saldare il debito o richiedere una rateizzazione, e i tempi tecnici delle banche per bloccare i fondi e trasferirli. In generale, il pignoramento non è un processo istantaneo, ma può richiedere da alcune settimane a diversi mesi, a seconda delle circostanze.
Il primo fattore da considerare è l’emissione e notifica della cartella esattoriale. Dopo che l’azienda accumula un debito fiscale o contributivo, l’Agenzia delle Entrate invia una cartella esattoriale che notifica ufficialmente l’importo dovuto. Da questo momento, l’azienda ha un termine per saldare il debito volontariamente, solitamente di 60 giorni dalla notifica. Se il debito non viene pagato entro questo periodo, l’Agenzia delle Entrate può procedere con l’iscrizione a ruolo del debito e con l’avvio della procedura di pignoramento.
Una volta scaduto il termine di pagamento, l’Agenzia delle Entrate può inviare un avviso di pignoramento alla banca dell’azienda. Questo avviso richiede alla banca di bloccare immediatamente i fondi presenti sul conto corrente dell’azienda fino all’importo corrispondente al debito. Il blocco dei fondi avviene rapidamente, spesso entro pochi giorni dal momento in cui la banca riceve l’ordine di pignoramento. L’azienda viene contestualmente informata del pignoramento, ma i fondi sono già bloccati e non possono essere utilizzati per le operazioni aziendali quotidiane.
Dopo il blocco dei fondi, l’azienda ha ancora un periodo di tempo per intervenire e risolvere la situazione prima che l’Agenzia delle Entrate proceda al prelievo forzoso. Durante questo lasso di tempo, che può variare ma di solito è compreso tra 15 e 30 giorni, l’azienda può cercare di saldare il debito, richiedere una rateizzazione o tentare altre soluzioni legali come la contestazione dell’importo dovuto. Se l’azienda riesce a risolvere il debito durante questo periodo, il pignoramento può essere sospeso e i fondi sbloccati.
Se invece l’azienda non agisce entro il termine previsto, l’Agenzia delle Entrate procede con il prelievo forzoso delle somme pignorate. Questo passaggio consiste nel trasferimento delle somme bloccate dal conto corrente aziendale all’Agenzia delle Entrate, che le utilizza per coprire il debito iscritto a ruolo. Questo processo richiede alcuni giorni o settimane, a seconda delle procedure interne della banca e dell’Agenzia delle Entrate, ma una volta completato, le somme pignorate vengono prelevate e il debito viene estinto, o ridotto se il saldo del conto non è sufficiente a coprire l’intero importo.
Tuttavia, esistono situazioni in cui i tempi del pignoramento possono allungarsi. Ad esempio, se l’azienda richiede una rateizzazione del debito, il processo di pignoramento viene sospeso fino a quando la rateizzazione non viene approvata e l’azienda inizia a pagare le rate concordate. Anche eventuali contenziosi legali o istanze di autotutela presentate dall’azienda possono prolungare i tempi, poiché la procedura di pignoramento può essere temporaneamente bloccata in attesa di una decisione da parte dell’Agenzia o del giudice. In questi casi, il pignoramento potrebbe richiedere diversi mesi o più per essere completato, a seconda della complessità della situazione.
In conclusione, il pignoramento del conto corrente aziendale può richiedere un tempo variabile, influenzato dalla prontezza della risposta dell’azienda e dai meccanismi amministrativi e bancari coinvolti. In generale, il blocco dei fondi avviene rapidamente, entro pochi giorni dall’ordine di pignoramento, mentre il prelievo forzoso può richiedere alcune settimane o mesi, a seconda delle azioni intraprese dall’azienda per risolvere la situazione.
Riassumendo per punti:
- Notifica della cartella esattoriale: L’azienda ha 60 giorni per pagare il debito prima che l’Agenzia delle Entrate proceda con l’iscrizione a ruolo.
- Blocco dei fondi: Una volta che la banca riceve l’avviso di pignoramento, i fondi vengono bloccati entro pochi giorni.
- Tempo per intervenire: Dopo il blocco, l’azienda ha circa 15-30 giorni per pagare il debito o richiedere una rateizzazione prima del prelievo forzoso.
- Prelievo forzoso: Se l’azienda non agisce, il prelievo delle somme bloccate avviene entro alcune settimane, a seconda delle procedure bancarie.
- Tempi prolungati: In caso di rateizzazione o contenziosi legali, i tempi del pignoramento possono estendersi di diversi mesi..
Come può un’azienda difendersi dal pignoramento del conto aziendale?
Un’azienda può difendersi dal pignoramento del conto corrente aziendale in diversi modi, ma è fondamentale agire tempestivamente per evitare conseguenze gravi sulla liquidità e sull’operatività quotidiana. Una volta che l’Agenzia delle Entrate Riscossione avvia la procedura di pignoramento, ci sono ancora alcune opzioni che l’azienda può sfruttare per proteggersi, ma è essenziale intervenire prima che il prelievo forzoso venga completato.
La prima e più immediata strategia per difendersi dal pignoramento è salvare il debito prima che diventi esecutivo. Quando l’azienda riceve la cartella esattoriale, ha un periodo di tempo, generalmente 60 giorni, per pagare l’importo dovuto. Se l’azienda riesce a saldare il debito entro questo termine, la procedura di pignoramento non verrà attivata. In alternativa, l’azienda può verificare se ci sono errori nella cartella esattoriale o nella notifica. Se l’importo del debito è errato o se ci sono vizi formali, l’azienda può contestare la cartella e richiedere la sospensione della procedura, presentando un’istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate.
Se l’azienda non è in grado di pagare l’intero debito entro il termine previsto, un’altra importante difesa contro il pignoramento è la richiesta di rateizzazione del debito. La rateizzazione permette all’azienda di dilazionare il pagamento su più anni, riducendo l’impatto immediato sulla liquidità. Per richiedere la rateizzazione, l’azienda deve presentare domanda formale all’Agenzia delle Entrate Riscossione, che valuterà la capacità finanziaria dell’impresa e stabilirà un piano di pagamento in base alle sue esigenze economiche. Se la rateizzazione viene concessa, la procedura di pignoramento viene sospesa e l’azienda può continuare ad accedere ai fondi presenti sul conto, a condizione che rispetti i termini del piano di pagamento. Questa soluzione è particolarmente utile per evitare il blocco totale dei fondi e mantenere l’operatività aziendale.
Un’altra possibile linea di difesa è quella di presentare una richiesta di sospensione giudiziale del pignoramento. Se l’azienda ritiene che il pignoramento sia ingiustificato o che l’importo del debito sia eccessivo o errato, può rivolgersi al giudice per chiedere una sospensione temporanea della procedura. Questo ricorso può essere utile, ad esempio, in casi di contestazioni fiscali non ancora risolte o in presenza di gravi errori procedurali da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, questa strada richiede una solida base legale e un supporto adeguato da parte di un avvocato esperto, poiché ottenere una sospensione giudiziale non è semplice e deve essere giustificato da motivi rilevanti.
Un’altra strategia difensiva consiste nel verificare la natura dei fondi presenti sul conto pignorato. Esistono alcune somme che la legge considera impignorabili, come gli stipendi destinati ai dipendenti o i fondi vincolati al pagamento di tributi e contributi previdenziali. Se l’azienda può dimostrare che le somme pignorate rientrano tra quelle impignorabili, può richiedere la liberazione parziale o totale dei fondi bloccati. Ad esempio, se una parte dei fondi sul conto corrente è riservata al pagamento degli stipendi, l’azienda può presentare un’istanza per escludere tali somme dal pignoramento, consentendo di pagare i dipendenti e mantenere la continuità operativa.
In casi particolarmente delicati, un’azienda può anche tentare di risolvere il problema con una negoziazione diretta con l’Agenzia delle Entrate, cercando di ottenere una soluzione alternativa come un accordo di “saldo e stralcio”. In questa modalità, l’azienda e l’Agenzia concordano il pagamento di una somma inferiore rispetto all’importo complessivo del debito, ma con il beneficio di chiudere definitivamente la posizione debitoria. Questo tipo di accordo viene solitamente negoziato quando l’azienda dimostra difficoltà economiche significative e l’Agenzia valuta che sia meglio ottenere un pagamento ridotto piuttosto che continuare una lunga procedura esecutiva.
Infine, è fondamentale che l’azienda mantenga un monitoraggio costante della propria situazione fiscale e finanziaria per evitare di arrivare a una fase avanzata del pignoramento. Spesso, la mancanza di gestione delle cartelle esattoriali o una sottovalutazione dei primi segnali di rischio porta a una situazione in cui le opzioni difensive si riducono. Avere un team fiscale o un consulente che monitora regolarmente la situazione tributaria dell’azienda può aiutare a prevenire sorprese e a prendere provvedimenti preventivi, evitando che i debiti non pagati si accumulino e diventino esecutivi.
Riassumendo per punti:
- Saldare il debito prima che diventi esecutivo è la prima e più diretta forma di difesa contro il pignoramento.
- Se non è possibile pagare l’intero importo, l’azienda può richiedere una rateizzazione del debito, che sospende temporaneamente il pignoramento.
- Un’azienda può presentare una contestazione formale o un’istanza di autotutela se ritiene che ci siano errori nella cartella esattoriale o nel procedimento.
- Le somme impignorabili, come quelle destinate agli stipendi o al pagamento di tributi, possono essere escluse dal pignoramento attraverso una richiesta specifica.
- L’azienda può richiedere una sospensione giudiziale del pignoramento rivolgendosi a un giudice, se ci sono motivi validi e una base legale solida.
- La negoziazione di un accordo di saldo e stralcio con l’Agenzia delle Entrate può essere una soluzione per risolvere il debito con un pagamento ridotto, ma definitivo.
- Prevenire è la miglior difesa: monitorare regolarmente la situazione fiscale può aiutare a evitare che i debiti diventino esecutivi, riducendo il rischio di pignoramento.
Quali sono le opzioni di rateizzazione?
Le opzioni di rateizzazione del debito fiscale offrono alle aziende la possibilità di dilazionare i pagamenti dovuti all’Agenzia delle Entrate Riscossione in un periodo più lungo, evitando il pignoramento immediato del conto corrente aziendale e preservando la liquidità necessaria per la continuità delle attività. La rateizzazione è uno strumento particolarmente utile per le imprese che si trovano in difficoltà finanziarie e non sono in grado di saldare l’intero debito in un’unica soluzione. Le opzioni di rateizzazione sono regolamentate e variano in base all’entità del debito e alla situazione finanziaria dell’azienda.
Esistono principalmente due forme di rateizzazione: ordinaria e straordinaria, ognuna delle quali ha condizioni specifiche.
Rateizzazione ordinaria
La rateizzazione ordinaria è la forma più comune e può essere richiesta quando il debito non supera un certo importo stabilito dalla legge. Attualmente, per i debiti fino a 60.000 euro, la richiesta di rateizzazione può essere presentata senza la necessità di fornire particolari documenti aggiuntivi che dimostrino la difficoltà economica dell’azienda. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate concede automaticamente la rateizzazione, suddividendo il pagamento in un numero di rate mensili che può variare da un minimo di 18 a un massimo di 72 rate, ovvero da un anno e mezzo fino a sei anni, a seconda delle circostanze.
Il piano di rateizzazione ordinaria può essere personalizzato in base alle esigenze dell’azienda, e le rate mensili vengono calcolate in base alla capacità di pagamento dell’impresa, con una suddivisione proporzionata. L’obiettivo è consentire all’azienda di gestire il debito senza compromettere gravemente la propria liquidità. Tuttavia, se l’azienda dovesse mancare il pagamento di più di cinque rate, anche non consecutive, la rateizzazione viene revocata, e l’Agenzia delle Entrate può riattivare la procedura di pignoramento.
Rateizzazione straordinaria
Per i debiti superiori a 60.000 euro, l’azienda può comunque richiedere una rateizzazione straordinaria, ma in questo caso è necessario dimostrare all’Agenzia delle Entrate che esistono difficoltà economiche tali da non permettere il pagamento integrale o con un piano di rateizzazione ordinaria. Per ottenere la rateizzazione straordinaria, l’azienda deve presentare una documentazione finanziaria che dimostri la propria situazione, come bilanci, dichiarazioni dei redditi e altri documenti che attestino l’incapacità di pagare in tempi brevi.
In questo caso, il debito può essere rateizzato in un massimo di 120 rate mensili, ovvero dieci anni. Questo tipo di rateizzazione è particolarmente utile per aziende che hanno accumulato debiti significativi e che non potrebbero affrontare un piano di pagamento più breve senza mettere a rischio la propria sopravvivenza economica. L’Agenzia delle Entrate valuta la richiesta sulla base della documentazione presentata e delle prospettive di recupero finanziario dell’azienda. Anche in questo caso, se l’azienda salta il pagamento di più di cinque rate, la rateizzazione viene revocata e riprende la procedura esecutiva, che può portare al pignoramento dei conti aziendali.
Rateizzazione per piani di rientro in difficoltà temporanea
In alcuni casi, le aziende possono ottenere una rateizzazione anche in presenza di una situazione temporanea di difficoltà. Questo tipo di rateizzazione è destinata alle imprese che, pur avendo difficoltà a pagare il debito in un’unica soluzione, sono in grado di dimostrare che la loro situazione economica potrebbe migliorare in futuro. In questi casi, l’Agenzia delle Entrate può concedere piani di rientro più flessibili, con condizioni meno rigide, permettendo all’azienda di superare il momento di difficoltà temporanea senza subire il pignoramento dei conti correnti.
Vantaggi della rateizzazione
La rateizzazione del debito offre numerosi vantaggi per le aziende, a partire dal fatto che sospende immediatamente la procedura di pignoramento. Una volta che l’Agenzia delle Entrate concede la rateizzazione, l’azienda può accedere nuovamente ai fondi bloccati sul conto corrente e continuare a gestire le proprie operazioni. Inoltre, la rateizzazione permette all’azienda di pianificare meglio i propri flussi di cassa, evitando di dover affrontare un pagamento massiccio che potrebbe compromettere l’intera attività.
Un altro vantaggio importante è che la rateizzazione consente di mantenere un rapporto positivo con l’Agenzia delle Entrate, dimostrando la volontà dell’azienda di sanare la propria posizione debitoria senza tentare di sottrarsi ai propri obblighi fiscali. Questo può essere un fattore positivo anche nei rapporti con i fornitori e le banche, che potrebbero essere rassicurati dal fatto che l’azienda ha trovato un accordo per rientrare nei propri pagamenti.
Condizioni per mantenere la rateizzazione
È importante ricordare che la rateizzazione non è automatica e comporta alcuni obblighi per l’azienda. Prima di tutto, l’azienda deve rispettare rigorosamente il piano di pagamento stabilito dall’Agenzia delle Entrate. Se l’azienda non riesce a rispettare i pagamenti per più di cinque rate, anche non consecutive, la rateizzazione viene revocata e la procedura di pignoramento può riprendere immediatamente.
Inoltre, durante il periodo di rateizzazione, l’azienda deve continuare a essere in regola con i pagamenti delle imposte correnti. Se l’impresa accumula ulteriori debiti fiscali durante il periodo di rateizzazione, l’Agenzia delle Entrate potrebbe decidere di revocare il piano di pagamento e ripristinare le misure esecutive, compreso il pignoramento del conto corrente.
Riassumendo per punti:
- Rateizzazione ordinaria: Fino a 72 rate mensili (6 anni) per debiti fino a 60.000 euro, senza necessità di dimostrare difficoltà economiche.
- Rateizzazione straordinaria: Fino a 120 rate mensili (10 anni) per debiti superiori a 60.000 euro, richiede la dimostrazione di difficoltà economiche attraverso documenti finanziari.
- Rateizzazione per difficoltà temporanee: Disponibile per aziende con difficoltà economiche temporanee, che possono richiedere piani più flessibili.
- Vantaggi: Sospensione immediata del pignoramento e ripristino dell’accesso ai fondi aziendali; miglior pianificazione dei flussi di cassa; mantenimento di un rapporto positivo con l’Agenzia delle Entrate.
- Condizioni: Il rispetto del piano di pagamento è fondamentale; se l’azienda salta più di cinque rate, la rateizzazione viene revocata. L’azienda deve inoltre rimanere in regola con i pagamenti delle imposte correnti durante il periodo di rateizzazione.
Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti e Pignoramenti Aziendali
Affrontare un pignoramento del conto corrente aziendale rappresenta una delle situazioni più complesse e delicate che un’impresa possa trovarsi ad affrontare. Quando l’Agenzia delle Entrate avvia una procedura esecutiva, l’azienda si trova immediatamente in una condizione di estrema vulnerabilità. I fondi sul conto corrente vengono bloccati, compromettendo la possibilità di far fronte a pagamenti essenziali come fornitori, stipendi e altre spese operative. In questo scenario, è fondamentale agire con tempestività e precisione per limitare i danni e cercare soluzioni che possano ristabilire l’equilibrio finanziario dell’impresa. Avere al proprio fianco un avvocato esperto in cancellazione debiti e pignoramenti aziendali non è solo consigliabile, ma può fare la differenza tra la sopravvivenza o il fallimento dell’azienda.
Un avvocato specializzato in queste problematiche ha la competenza necessaria per navigare nelle complessità del sistema fiscale e delle procedure esecutive, offrendo un supporto strategico in ogni fase del processo. Questo tipo di assistenza è essenziale non solo per gestire la fase iniziale del pignoramento, ma anche per prevenire l’aggravarsi della situazione. Un professionista esperto conosce le modalità per contestare un pignoramento ingiusto, ottenere una sospensione giudiziale o negoziare un piano di rateizzazione che sia sostenibile per l’azienda, tutte soluzioni che possono evitare il blocco totale delle attività aziendali.
Uno degli aspetti critici del pignoramento è che l’azienda spesso si trova di fronte a scadenze molto stringenti. La notifica del pignoramento rappresenta solo l’inizio di una procedura che può evolversi rapidamente, portando al prelievo forzoso delle somme bloccate. In questo contesto, un avvocato esperto sa come agire tempestivamente, verificando se esistono vizi di forma o irregolarità nella procedura che possono essere utilizzati per ottenere una sospensione o una riduzione delle somme pignorate. L’intervento di un professionista qualificato, quindi, può non solo proteggere l’azienda da azioni esecutive indebite, ma anche fornire una finestra temporale in cui poter pianificare e attuare strategie più efficaci per la gestione del debito.
Un altro elemento di fondamentale importanza riguarda la capacità di negoziare con l’Agenzia delle Entrate. Un avvocato esperto in pignoramenti aziendali ha le competenze necessarie per interfacciarsi con l’amministrazione fiscale e trovare soluzioni alternative al pignoramento, come la rateizzazione del debito o un accordo di saldo e stralcio. Questi strumenti sono spesso complessi da ottenere senza un’adeguata consulenza, poiché richiedono una profonda conoscenza delle normative fiscali e della procedura esecutiva. Un avvocato può valutare la situazione finanziaria dell’azienda e suggerire la strada migliore da percorrere per ottenere un accordo che consenta all’impresa di respirare, evitando che il pignoramento la porti sull’orlo dell’insolvenza.
È importante anche considerare che non tutti i fondi presenti sul conto aziendale sono soggetti al pignoramento. Un avvocato con esperienza nel settore sa quali somme sono impignorabili per legge, come ad esempio i fondi destinati al pagamento degli stipendi o quelli riservati al versamento di contributi previdenziali. Sapere come dimostrare che una parte delle somme pignorate rientra in queste categorie può fare una grande differenza, liberando risorse vitali per l’azienda e consentendo di continuare a operare. In situazioni del genere, la capacità di un avvocato di individuare le somme non soggette a pignoramento può determinare il successo nella gestione della crisi.
Non bisogna inoltre dimenticare che un pignoramento del conto corrente aziendale non riguarda solo la perdita temporanea di liquidità, ma può avere conseguenze devastanti sul piano reputazionale. I fornitori, i partner commerciali e le banche potrebbero interpretare il pignoramento come un segnale di grave difficoltà economica, e ciò potrebbe portare alla revoca di linee di credito, alla sospensione di forniture o, nei casi peggiori, alla perdita di importanti contratti. Un avvocato esperto è in grado di minimizzare l’impatto reputazionale, lavorando dietro le quinte per risolvere rapidamente la situazione, evitando che i partner commerciali scoprano l’entità delle difficoltà finanziarie. Inoltre, può contribuire a negoziare condizioni favorevoli con i fornitori, mantenendo intatte le relazioni commerciali anche durante periodi di difficoltà.
Per quanto riguarda la pianificazione a lungo termine, l’intervento di un avvocato può anche servire a evitare che l’azienda si ritrovi nuovamente nella stessa situazione. Un professionista qualificato può aiutare l’azienda a implementare procedure di monitoraggio e gestione del debito, suggerendo miglioramenti nella gestione finanziaria e fiscale che possano prevenire future problematiche legate al pignoramento. In questo modo, l’azienda non solo risolve il problema immediato, ma diventa più forte e preparata per affrontare eventuali sfide future. La consulenza legale non si limita quindi alla gestione della crisi in corso, ma diventa uno strumento di prevenzione e miglioramento complessivo della salute finanziaria dell’impresa.
Un altro aspetto rilevante è la tempestività con cui è possibile ottenere una rateizzazione del debito. Anche se l’azienda può tecnicamente richiedere una rateizzazione senza l’intervento di un avvocato, avere al proprio fianco un esperto permette di accelerare i tempi e garantire che la richiesta sia gestita nella maniera più efficiente possibile. Un professionista conosce i meccanismi interni dell’Agenzia delle Entrate e sa come presentare una richiesta di rateizzazione in modo da ridurre al minimo i tempi di approvazione. La velocità è essenziale in queste situazioni, poiché più tempo passa, maggiori sono le possibilità che l’azienda subisca danni irreparabili a causa del blocco dei fondi o del prelievo forzoso. Avere un avvocato che gestisce rapidamente la rateizzazione può quindi significare la differenza tra il superamento della crisi e il peggioramento della situazione finanziaria.
Infine, l’assistenza legale di un avvocato specializzato non si limita solo alla fase del pignoramento. Un avvocato esperto può fornire un supporto continuo anche nelle fasi successive, garantendo che l’azienda rimanga in regola con i pagamenti delle rate, evitando ulteriori azioni esecutive e monitorando costantemente la situazione fiscale per prevenire future problematiche. Questa consulenza continuativa offre all’azienda una tranquillità operativa, sapendo di poter contare su un supporto professionale costante e qualificato.
In conclusione, affrontare un pignoramento aziendale senza un avvocato esperto è estremamente rischioso. Le implicazioni finanziarie, legali e reputazionali di un pignoramento sono complesse e difficili da gestire senza una guida professionale. Un avvocato esperto in cancellazione debiti e pignoramenti aziendali non solo aiuta a risolvere la crisi in corso, ma fornisce anche le basi per prevenire future difficoltà. In un contesto in cui ogni decisione può avere conseguenze a lungo termine, avere al proprio fianco un professionista qualificato significa poter contare su una strategia di difesa efficace, rapida e ben strutturata, che può fare la differenza tra la ripresa dell’azienda e il suo declino.
In tal senso, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).
Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).
Perciò se hai bisogno di un avvocato esperto in cancellazione debiti e pignoramenti aziendali, qui di seguito trovi tutti i nostri contatti per un aiuto rapido e sicuro.