Cosa Non È Pignorabile In Busta Paga: Tutte Le Voci

Il pignoramento dello stipendio è una procedura attraverso cui il creditore può prelevare una parte del salario di un debitore per recuperare i propri crediti. Tuttavia, non tutte le voci presenti in busta paga sono pignorabili.

La legge italiana prevede limiti e tutele per evitare che il lavoratore si trovi senza mezzi di sostentamento.

In questo articolo di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in opposizione a pignoramenti in busta paga, vedremo quali sono le voci non pignorabili in busta paga e quali sono le principali eccezioni.

Cos’è il pignoramento dello stipendio?

Il pignoramento dello stipendio è una misura esecutiva che consente al creditore, una volta ottenuto un titolo esecutivo (come una sentenza giudiziale o un decreto ingiuntivo), di prelevare una parte dello stipendio del debitore. Questa trattenuta avviene direttamente attraverso il datore di lavoro, che riceve una notifica dall’autorità giudiziaria e che è tenuto a trattenere una quota stabilita dalla legge dal salario del dipendente. La legge italiana limita tuttavia la parte pignorabile dello stipendio, garantendo che il lavoratore mantenga un reddito minimo per la propria sussistenza.


Qual è il limite di pignorabilità dello stipendio e quali le voci realmente pignorabili?

Il limite di pignorabilità dello stipendio in Italia è regolato dalla legge per garantire che una parte del reddito del lavoratore rimanga sempre disponibile per il proprio sostentamento. In generale, per i debiti ordinari (come quelli verso banche, finanziarie o privati), la legge stabilisce che non possa essere pignorato più di un quinto dello stipendio netto. Tuttavia, esistono altre regole specifiche che variano in base alla natura del debito.

Limite di pignorabilità

Il limite massimo per il pignoramento di uno stipendio è generalmente il 20% del reddito netto mensile, ovvero un quinto dello stipendio. Questo limite si applica ai debiti ordinari, che possono includere prestiti personali non pagati, mutui, carte di credito o altre tipologie di finanziamenti.

Esistono però delle eccezioni per debiti particolari:

  • Debiti alimentari: In caso di obblighi alimentari (mantenimento per figli o coniuge), il pignoramento può salire fino a un terzo dello stipendio netto.
  • Debiti fiscali: Anche per i debiti fiscali verso l’Agenzia delle Entrate, come le imposte non pagate, il pignoramento può arrivare fino a un quinto, ma le somme da trattenere vengono stabilite dall’ente fiscale stesso in base alla situazione debitoria.
  • Somma massima pignorabile: In caso di pignoramenti multipli (per esempio debiti alimentari e fiscali insieme), il limite massimo di trattenuta può raggiungere il 50% dello stipendio netto.

Voci realmente pignorabili

Non tutto lo stipendio è pignorabile. La legge prevede che alcune voci in busta paga siano protette e non possano essere oggetto di pignoramento. Di seguito le voci che possono essere pignorate:

  • Salario base o fisso: È la componente principale del reddito e può essere pignorata entro i limiti stabiliti (un quinto o un terzo a seconda del tipo di debito).
  • Bonus o premi legati alla produttività: Anche queste componenti dello stipendio possono essere pignorate, a patto che rientrino tra le voci pignorabili dello stipendio ordinario.
  • Tredicesima e quattordicesima: Sono soggette a pignoramento con le stesse regole previste per lo stipendio regolare.

Quali voci della busta paga non sono pignorabili?

In Italia, alcune voci della busta paga sono non pignorabili per legge o pignorabili solo parzialmente, al fine di tutelare il diritto del lavoratore a mantenere un reddito minimo necessario per il proprio sostentamento. Questa protezione viene garantita per specifiche componenti del salario, poiché sono considerate fondamentali per la vita quotidiana o legate a esigenze familiari. Di seguito vediamo nel dettaglio quali sono le principali voci della busta paga che non possono essere pignorate o lo sono solo in parte.

Gli assegni familiari sono una delle voci più comuni e interamente non pignorabili. Questi assegni sono erogati per sostenere economicamente i membri della famiglia a carico del lavoratore, come i figli o altri parenti. Poiché la loro finalità è quella di garantire il sostentamento familiare, la legge li esclude dal pignoramento.

Un’altra voce non pignorabile sono i rimborsi spese, come quelli per trasporto o per trasferte. I rimborsi non rappresentano un guadagno netto per il lavoratore, ma servono a compensare spese che il dipendente ha già sostenuto per svolgere il proprio lavoro. La legge tutela questi importi, impedendo che vengano pignorati, poiché non sono considerati parte del reddito disponibile.

Le indennità di trasferta sono anch’esse non pignorabili, in quanto destinate a coprire spese extra sostenute dal dipendente per lavorare fuori sede. Analogamente ai rimborsi, le indennità di trasferta non costituiscono un reddito personale, ma coprono costi specifici derivanti dall’attività lavorativa.

Una voce particolarmente importante è il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Il TFR non è completamente impignorabile, ma è soggetto a limiti. In particolare, può essere pignorato solo fino a un quinto dell’importo totale. Questo perché il TFR rappresenta una liquidazione di fine rapporto e, sebbene sia un risparmio accumulato dal lavoratore, la legge lo protegge parzialmente per evitare che l’intera somma venga sottratta.

Anche le indennità per malattia e infortunio rientrano tra le voci non pignorabili. Questi importi, pagati dall’INPS o dal datore di lavoro, sono destinati a coprire periodi di malattia o di incapacità lavorativa temporanea. Data la loro funzione di sostegno in situazioni di difficoltà, la legge li esclude dal pignoramento.

Infine, i sussidi di disoccupazione, come la NASPI, sono considerati fondamentali per garantire un minimo di reddito ai lavoratori disoccupati e quindi sono interamente non pignorabili. Anche in questo caso, la legge interviene per proteggere le persone in situazioni di vulnerabilità economica.

Riassunto per punti:

  • Assegni familiari: interamente non pignorabili.
  • Rimborsi spese: non pignorabili, in quanto non costituiscono reddito netto.
  • Indennità di trasferta: non pignorabili, poiché destinate a coprire costi di lavoro fuori sede.
  • TFR: pignorabile solo fino a un quinto dell’importo totale.
  • Indennità per malattia o infortunio: non pignorabili, destinate a coprire la salute del lavoratore.
  • Sussidi di disoccupazione (NASPI): interamente non pignorabili.

Queste tutele garantiscono che il lavoratore mantenga un livello minimo di sostentamento anche in presenza di debiti o di pignoramenti.

Quali sono le eccezioni alla non pignorabilità?

Le eccezioni alla non pignorabilità riguardano quelle situazioni in cui anche alcune voci normalmente protette possono essere aggredite da un creditore. Sebbene la legge italiana tuteli una serie di voci presenti in busta paga, esistono casi specifici in cui tali tutele possono essere parzialmente rimosse. Queste eccezioni sono regolate principalmente in base alla natura del debito o al tipo di obbligo, come nel caso di debiti alimentari o fiscali.

Una delle principali eccezioni riguarda i debiti alimentari. In caso di mancato pagamento degli alimenti dovuti, come il mantenimento per i figli o per il coniuge in seguito a una separazione o un divorzio, la parte del reddito che può essere pignorata è più alta rispetto ai debiti ordinari. In tali casi, il giudice può stabilire che fino a un terzo dello stipendio netto venga pignorato per soddisfare l’obbligo di mantenimento. Ciò vale anche per le pensioni.

Un’altra eccezione riguarda i debiti fiscali. Se il debito deriva da tasse non pagate nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, il pignoramento dello stipendio segue regole diverse rispetto ai debiti privati. Anche se in linea di massima si applica il limite del quinto dello stipendio, le autorità fiscali possono avere più potere d’azione, specie se il debito accumulato è consistente e coinvolge tributi come l’IVA o l’IRPEF.

Infine, in alcuni casi, anche i benefici assistenziali possono essere oggetto di pignoramento, ma solo per debiti alimentari o in casi particolari stabiliti dalla legge. Tuttavia, questi benefici restano generalmente protetti per evitare che le persone in difficoltà economica vengano completamente private di un reddito minimo.

Riassunto per punti:

  • Debiti alimentari: fino a un terzo dello stipendio può essere pignorato.
  • Debiti fiscali: pignoramenti con limiti diversi rispetto ai debiti privati.
  • Benefici assistenziali: parzialmente pignorabili solo per debiti alimentari o in casi particolari.

Queste eccezioni garantiscono che, in presenza di specifiche situazioni, i creditori possano avere maggiori margini di recupero del debito, ma sempre entro certi limiti imposti dalla legge.

Cosa succede in caso di più pignoramenti?

In caso di più pignoramenti sullo stesso stipendio o reddito, la legge italiana impone che venga rispettato un limite massimo di trattenuta. Non è infatti possibile che le trattenute complessive superino una determinata percentuale del salario netto, anche se ci sono diversi creditori che avanzano pignoramenti.

Il limite principale per i pignoramenti è fissato a un quinto dello stipendio netto. Ciò significa che, per i debiti ordinari (ad esempio debiti verso banche o privati), il totale delle trattenute non può eccedere questo limite, anche se ci sono più creditori. Se ci sono più richieste di pignoramento, i creditori devono “dividersi” questo quinto, secondo l’ordine di priorità stabilito dal tribunale.

Tuttavia, esistono eccezioni a questo limite nel caso di debiti alimentari. In presenza di obblighi alimentari, come il mantenimento per i figli o il coniuge, il pignoramento può arrivare fino a un terzo dello stipendio. In situazioni estreme, se ci sono contemporaneamente debiti alimentari e debiti fiscali, la somma delle trattenute può arrivare fino al 50% dello stipendio netto. È importante notare che la somma totale delle trattenute non può comunque superare la metà del reddito netto del lavoratore, anche in presenza di più creditori.

Quando un creditore richiede un pignoramento, il datore di lavoro è tenuto a notificare il dipendente e a seguire le indicazioni fornite dall’autorità giudiziaria riguardo alla priorità dei crediti. Se ci sono più pignoramenti in corso, è il tribunale che stabilisce l’ordine in cui devono essere soddisfatti i creditori.

Riassunto per punti:

  • Pignoramento massimo per debiti ordinari: fino a un quinto dello stipendio netto.
  • Pignoramento per debiti alimentari: fino a un terzo dello stipendio netto.
  • Somma massima trattenibile: non può superare il 50% dello stipendio netto, anche in caso di più pignoramenti.
  • Priorità dei creditori: stabilita dal tribunale, che decide come ripartire le trattenute tra i creditori.

Agire tempestivamente con il supporto di un avvocato può aiutare a gestire meglio la situazione e a negoziare eventuali accordi o dilazioni con i creditori per evitare eccessive trattenute sul proprio stipendio.

Come difendersi da un pignoramento e tutelare il proprio stipendio?

Per difendersi da un pignoramento dello stipendio e tutelare i propri diritti, è fondamentale conoscere le procedure legali e le azioni che possono essere intraprese. Di seguito sono elencate le strategie più efficaci per difendersi da un pignoramento e proteggere il proprio reddito.

  1. Verificare la legittimità del pignoramento:
    Il primo passo è controllare se il pignoramento è stato disposto in modo legale. Ciò significa verificare la corretta notifica dell’atto di pignoramento, il titolo esecutivo e il rispetto dei limiti imposti dalla legge. È importante accertarsi che il creditore abbia ottenuto un titolo esecutivo valido (come una sentenza o un decreto ingiuntivo) e che la procedura sia stata avviata secondo le regole previste dalla legge.
  2. Presentare opposizione al pignoramento:
    Se si ritiene che ci siano errori o irregolarità nella procedura, è possibile presentare opposizione al pignoramento entro 40 giorni dalla notifica. Ad esempio, se il pignoramento eccede i limiti consentiti dalla legge (come il massimo di un quinto dello stipendio per debiti ordinari), si può richiedere una revisione del provvedimento al giudice competente. L’opposizione deve essere presentata con l’aiuto di un avvocato, che può analizzare la situazione e verificare la possibilità di ridurre o annullare il pignoramento.
  3. Richiedere la rateizzazione del debito:
    In molti casi, è possibile negoziare con il creditore un piano di rateizzazione del debito. In questo modo, si può evitare che venga pignorato un importo significativo dello stipendio in un’unica soluzione, consentendo al debitore di pagare il debito in modo più gestibile. La rateizzazione può essere particolarmente utile quando il pignoramento riguardi debiti con l’Agenzia delle Entrate o altre istituzioni pubbliche, che spesso offrono piani di pagamento dilazionati.
  4. Richiedere la riduzione della quota pignorata:
    Se il pignoramento incide pesantemente sul proprio reddito, è possibile chiedere al giudice di ridurre la quota pignorata. Questo è particolarmente rilevante se lo stipendio pignorato è già al minimo legale o se il lavoratore ha ulteriori spese essenziali, come il mantenimento della famiglia o spese sanitarie. Il giudice può ridurre l’importo pignorato se ritiene che il prelievo danneggi gravemente la situazione economica del debitore.
  5. Verificare le voci non pignorabili:
    Non tutte le componenti dello stipendio sono soggette a pignoramento. Ad esempio, gli assegni familiari, i rimborsi spese, le indennità di trasferta e una parte del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) sono voci protette o parzialmente protette dalla legge. È importante controllare che la somma pignorata non includa queste componenti non pignorabili. Se lo fa, è possibile contestare l’atto e chiedere una rettifica.
  6. Esaminare i limiti di pignorabilità dello stipendio:
    Per debiti ordinari, lo stipendio può essere pignorato fino a un quinto del reddito netto. Tuttavia, in caso di debiti alimentari (come il mantenimento per i figli o per il coniuge), la quota pignorata può arrivare fino a un terzo. In ogni caso, il pignoramento non può mai superare il 50% dello stipendio netto totale, anche se ci sono più creditori che richiedono il pignoramento.
  7. Consultare un avvocato specializzato:
    Difendersi efficacemente da un pignoramento richiede l’assistenza di un avvocato esperto in diritto esecutivo. Un legale può analizzare i dettagli della procedura, verificare se ci sono errori o possibilità di opposizione e proporre soluzioni concrete, come la rateizzazione o la riduzione della quota pignorata. Un avvocato può anche assistere nella negoziazione diretta con il creditore, cercando di evitare il pignoramento o limitare il suo impatto.
  8. Negoziare un accordo stragiudiziale (saldo e stralcio):
    In alternativa al pignoramento, il debitore può cercare di negoziare con il creditore un accordo di saldo e stralcio, cioè un pagamento ridotto del debito, in un’unica soluzione o tramite un piano concordato. Questo accordo consente al debitore di saldare il debito a condizioni più favorevoli e di evitare o interrompere il pignoramento.

Riassunto per punti:

  • Verificare la legittimità del pignoramento e la corretta notifica dell’atto.
  • Presentare opposizione entro 40 giorni in caso di irregolarità.
  • Richiedere la rateizzazione del debito per pagare a condizioni più agevoli.
  • Chiedere la riduzione della quota pignorata se incide gravemente sul reddito.
  • Verificare le voci non pignorabili dello stipendio, come assegni familiari e rimborsi spese.
  • Rispettare i limiti di pignorabilità: un quinto per debiti ordinari, un terzo per alimentari, massimo 50% in totale.
  • Consultare un avvocato specializzato per difendersi legalmente.
  • Negoziare un accordo stragiudiziale per evitare il pignoramento.

Seguire questi passaggi e agire tempestivamente può consentire di tutelare lo stipendio e trovare soluzioni legali che proteggano il debitore da situazioni economiche difficili.

Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Pignoramenti In Busta Paga

Affrontare un pignoramento della busta paga rappresenta un evento molto delicato per qualsiasi lavoratore, con ripercussioni immediate sul benessere economico e familiare. In questi casi, avere al proprio fianco un avvocato esperto in cancellazione debiti e difesa contro il pignoramento dello stipendio può fare la differenza tra una gestione caotica della situazione e una risoluzione efficiente e sostenibile.

Il pignoramento della busta paga, per quanto disciplinato dalla legge in modo da garantire un equilibrio tra i diritti del creditore e le necessità del debitore, può mettere seriamente a rischio la capacità del lavoratore di far fronte alle spese quotidiane. Con una quota dello stipendio trattenuta per il pagamento dei debiti, il lavoratore può trovarsi in difficoltà nel gestire costi essenziali come l’affitto, le bollette, e le spese mediche. Un avvocato esperto in materia può intervenire in diverse fasi del processo per proteggere il debitore e limitare i danni.

Uno degli errori più comuni è affrontare la situazione senza il supporto legale adeguato o, peggio ancora, ignorare del tutto la notifica del pignoramento. In questo modo, si rischia di lasciare che la procedura esecutiva avanzi senza avere voce in capitolo. La procedura di pignoramento inizia sempre con una notifica ufficiale, che deve essere esaminata attentamente. Un avvocato può verificare se il pignoramento è stato disposto in modo corretto e se rispetta i limiti imposti dalla legge. Ad esempio, la normativa italiana stabilisce che lo stipendio può essere pignorato solo entro un massimo di un quinto del reddito netto per debiti ordinari, e un massimo di un terzo per debiti alimentari. Un professionista del diritto può controllare se tali limiti sono stati rispettati e, in caso contrario, agire immediatamente per correggere l’errore.

Inoltre, un avvocato specializzato in pignoramenti sa esattamente quali voci dello stipendio non sono pignorabili, come gli assegni familiari o i rimborsi spese. Spesso, queste componenti del salario vengono erroneamente incluse nelle trattenute, aggravando ulteriormente la situazione economica del lavoratore. Difendersi da queste irregolarità richiede una conoscenza approfondita delle normative, e un avvocato può intervenire tempestivamente per garantire che solo la parte pignorabile dello stipendio venga trattenuta.

L’opposizione al pignoramento è un altro strumento che, senza l’assistenza di un legale, potrebbe non essere utilizzato o venire esercitato in modo inefficace. La presentazione di un’opposizione al pignoramento deve essere ben motivata e supportata da prove legali solide. L’avvocato, esaminando la documentazione e i dettagli del caso, può presentare l’opposizione nel rispetto dei termini di legge (solitamente entro 40 giorni dalla notifica), aumentando le probabilità di una sospensione o riduzione del pignoramento.

Un aspetto importante nella difesa contro il pignoramento è la possibilità di negoziare un accordo con il creditore. Un avvocato esperto è in grado di valutare se è possibile ottenere una rateizzazione del debito o un accordo di saldo e stralcio, che consenta di chiudere il debito pagando una somma inferiore a quella dovuta. Queste soluzioni sono particolarmente utili per evitare che una parte troppo grande dello stipendio venga pignorata ogni mese. In questi casi, il legale può agire come mediatore, negoziando direttamente con il creditore o con le autorità fiscali.

Un altro vantaggio di avere un avvocato a fianco è la gestione delle priorità tra più creditori. Se ci sono diversi creditori che richiedono il pignoramento dello stipendio, il tribunale stabilisce l’ordine di priorità, ma questa procedura può diventare complessa e confusa. Un avvocato può guidare il debitore in questo processo, assicurando che i creditori rispettino le regole stabilite dal giudice e che il debitore non sia esposto a trattenute superiori ai limiti di legge, che non possono superare il 50% del reddito netto.

Anche nel caso in cui il debito sia fiscale, come nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, la presenza di un avvocato può fare la differenza. Le procedure di riscossione dell’Agenzia delle Entrate possono essere particolarmente aggressive, ma un professionista del diritto ha gli strumenti per verificare la legittimità del pignoramento e negoziare un piano di pagamento più sostenibile. Senza un legale esperto, il debitore rischia di subire l’intero processo senza possibilità di difesa, con conseguenze potenzialmente molto pesanti sul proprio bilancio.

Un altro aspetto cruciale è il dissequestro parziale dei fondi pignorati. Se il pignoramento dello stipendio o di altri beni colpisce gravemente il bilancio familiare, il debitore può chiedere al giudice di sbloccare una parte del denaro per far fronte a spese essenziali. Questa richiesta richiede una presentazione formale al tribunale, con documentazione che giustifichi la necessità di accedere a tali fondi. Senza l’assistenza di un avvocato, è molto difficile navigare in questa procedura e ottenere risultati positivi.

È evidente che, di fronte a un pignoramento dello stipendio, l’intervento di un avvocato esperto è fondamentale per proteggere il proprio reddito e cercare soluzioni che limitino l’impatto economico della procedura. Difendersi da un pignoramento senza la guida di un professionista aumenta il rischio di subire trattenute superiori ai limiti consentiti, di non vedere riconosciuti i propri diritti, e di dover affrontare una situazione finanziaria insostenibile.

In conclusione, il pignoramento della busta paga è una procedura che richiede una gestione attenta e strategica. Agire tempestivamente, con il supporto di un avvocato specializzato, consente di ridurre al minimo i danni e di evitare errori che potrebbero aggravare ulteriormente la situazione. L’avvocato non solo fornisce una consulenza legale, ma offre anche un supporto pratico e concreto nella gestione del debito, nella negoziazione con i creditori e nel contenzioso con le autorità fiscali. Avere al proprio fianco un professionista in grado di difendere efficacemente i propri diritti è essenziale per affrontare e risolvere la crisi finanziaria, e per ripristinare una situazione di stabilità economica.

Da questo punto di vista, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).

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Giuseppe Monardo

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