Se Non Paghi Le Tasse Cosa Succede?

Il mancato pagamento delle tasse è una questione che può comportare gravi conseguenze per individui e imprese. Le imposte sono la principale fonte di finanziamento per le funzioni governative e il welfare dello Stato, perciò la normativa italiana prevede severe sanzioni per chi non adempie a questi obblighi. Comprendere esattamente cosa succede quando non si pagano le tasse è cruciale per evitare problemi finanziari e legali di vasta portata.

Innanzitutto, quando un contribuente non paga le tasse entro i termini stabiliti, la prima conseguenza è l’applicazione di sanzioni pecuniarie e interessi di mora. Le sanzioni sono disciplinate dal Decreto Legislativo n. 471 del 18 dicembre 1997, che prevede una sanzione pari al 30% dell’importo non versato. Tuttavia, se il contribuente regolarizza la propria posizione entro 15 giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta a un tasso giornaliero dello 0,1%, con un massimo del 15% per ritardi non superiori a 90 giorni. In aggiunta alle sanzioni, gli interessi di mora vengono applicati sulla base del tasso legale annuale, che per l’anno 2023 è stato fissato al 3,5% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Gli interessi sono calcolati dal giorno successivo alla scadenza del pagamento fino alla data effettiva del saldo.

Se il contribuente continua a non pagare, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione invia una cartella di pagamento. Questo documento notifica formalmente l’importo dovuto e impone un termine di 60 giorni per il pagamento. La cartella esattoriale include il dettaglio delle imposte non versate, delle sanzioni applicate e degli interessi maturati. Ignorare la cartella esattoriale può portare a gravi conseguenze, tra cui il pignoramento dei beni.

Il pignoramento è una delle misure esecutive più comuni utilizzate per recuperare i crediti fiscali. Può riguardare lo stipendio, il conto corrente, i beni mobili e immobili. Ad esempio, il pignoramento dello stipendio permette all’Agenzia delle Entrate – Riscossione di trattenere direttamente dalla busta paga del debitore fino a un quinto dello stipendio netto, come previsto dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile. Nel caso del pignoramento del conto corrente, le somme depositate vengono bloccate fino a concorrenza del debito, impedendo al debitore di accedere ai fondi fino a quando non avrà saldato il debito.

Un’altra misura cautelare è il fermo amministrativo, che impedisce l’uso dei veicoli intestati al debitore fino al pagamento del debito o alla stipula di un piano di rateizzazione. Durante il fermo amministrativo, il veicolo non può essere utilizzato, venduto, né ceduto. Guidare un veicolo sottoposto a fermo amministrativo è sanzionabile con multe che possono variare da 1.988 a 7.953 euro, oltre al sequestro del mezzo.

L’ipoteca è un’altra misura adottata per garantire il recupero dei crediti fiscali. L’Agenzia delle Entrate – Riscossione può iscrivere un’ipoteca sugli immobili del debitore, impedendo la vendita o il trasferimento dell’immobile senza prima estinguere il debito. Se il debito rimane insoluto, l’ente può procedere con la vendita forzata dell’immobile. Le norme che regolano l’iscrizione dell’ipoteca sono contenute negli articoli 76 e seguenti del DPR n. 602 del 1973.

Il mancato pagamento delle tasse può anche avere conseguenze penali, soprattutto nei casi di omessa dichiarazione o di dichiarazione fraudolenta. Il Decreto Legislativo n. 74 del 2000 prevede che l’omessa dichiarazione sia punibile con la reclusione da uno a tre anni se l’imposta evasa supera i 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta. La dichiarazione fraudolenta è punibile con la reclusione da uno e sei mesi a sei anni. Queste sanzioni penali mirano a dissuadere comportamenti fraudolenti e a garantire l’integrità del sistema fiscale.

Per evitare queste gravi conseguenze, i contribuenti in difficoltà economica possono richiedere la rateizzazione del debito. La normativa italiana consente di suddividere l’importo dovuto in rate mensili sostenibili, fino a un massimo di 72 rate (6 anni), con possibilità di estensione fino a 120 rate (10 anni) in casi particolarmente gravi. La richiesta di rateizzazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, allegando la documentazione che dimostri la difficoltà economica.

Inoltre, periodicamente, il governo italiano introduce misure di definizione agevolata, note anche come “rottamazione delle cartelle”. Queste misure consentono ai contribuenti di estinguere i debiti fiscali beneficiando di una riduzione delle sanzioni e degli interessi di mora. La definizione agevolata prevede il pagamento dell’importo dovuto in una o più rate, senza l’applicazione delle sanzioni e degli interessi di mora. Ad esempio, se un contribuente ha un debito di 10.000 euro, di cui 2.000 euro di sanzioni e 1.000 euro di interessi di mora, può estinguere il debito pagando solo 7.000 euro grazie alla definizione agevolata.

In situazioni di grave difficoltà economica, i debitori non fallibili, come piccoli imprenditori e professionisti con partita IVA, possono accedere alla procedura di sovraindebitamento disciplinata dal D.Lgs. n. 14 del 2019. Questa procedura offre tre strumenti principali: l’accordo di composizione della crisi, il piano del consumatore e la liquidazione del patrimonio. L’accordo di composizione della crisi è un piano di rientro del debito proposto dal debitore e accettato dalla maggioranza dei creditori, omologato dal tribunale. Il piano del consumatore è una proposta specifica per i consumatori, che non richiede l’approvazione dei creditori ma deve essere omologata dal tribunale. La liquidazione del patrimonio prevede che il debitore metta a disposizione il proprio patrimonio per soddisfare i creditori sotto la supervisione di un liquidatore nominato dal tribunale.

Un aspetto cruciale per difendersi dalle azioni esecutive dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione è verificare la correttezza della cartella esattoriale e, se necessario, presentare un ricorso formale entro i termini stabiliti, generalmente 60 giorni dalla notifica. La consulenza di un avvocato esperto in diritto tributario è fondamentale per navigare queste complessità e trovare soluzioni adeguate per sanare la propria posizione contributiva.

Un avvocato esperto può assistere il debitore nella compilazione della domanda di rateizzazione, nella preparazione della documentazione necessaria e nella gestione dei rapporti con l’Agenzia delle Entrate – Riscossione. Inoltre, può fornire consulenza strategica a lungo termine per migliorare la situazione finanziaria complessiva del debitore, prevenendo futuri problemi di indebitamento e garantendo una gestione più efficiente delle imposte.

In conclusione, il mancato pagamento delle tasse può portare a una serie di conseguenze gravi e durature, disciplinate da normative specifiche. È essenziale per i contribuenti comprendere i propri obblighi fiscali e adottare misure preventive per evitare situazioni di crisi. Quando si trovano in difficoltà, è importante che si rivolgano a professionisti esperti per esplorare tutte le opzioni disponibili, dalla rateizzazione del debito alle procedure di sovraindebitamento, per proteggere il proprio patrimonio e garantire una gestione sostenibile delle proprie finanze.

Ma andiamo nei dettagli con domande e risposte.

Cosa Succede Subito Se Non Paghi Le Tasse?

Quando non si pagano le tasse entro i termini stabiliti, le conseguenze sono immediate e possono avere un impatto significativo sulla situazione finanziaria del contribuente. La normativa italiana prevede una serie di sanzioni e misure esecutive per garantire il recupero delle somme dovute. Vediamo nel dettaglio cosa succede subito quando non si pagano le tasse.

In primo luogo, vengono applicate sanzioni pecuniarie e interessi di mora. Secondo il Decreto Legislativo n. 471 del 1997, la sanzione è pari al 30% dell’importo non versato. Tuttavia, se il contribuente regolarizza la propria posizione entro 15 giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta a un tasso giornaliero dello 0,1%, con un massimo del 15% per ritardi non superiori a 90 giorni. Gli interessi di mora, calcolati sul tasso legale annuale (3,5% nel 2023), decorrono dal giorno successivo alla scadenza del pagamento fino alla data del saldo effettivo.

Se il pagamento non avviene entro i termini previsti, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione emette una cartella di pagamento, notificando formalmente il debito e imponendo un termine di 60 giorni per il pagamento. La cartella include il dettaglio delle imposte non versate, delle sanzioni applicate e degli interessi di mora accumulati. Ignorare la cartella esattoriale porta a ulteriori conseguenze.

Una delle prime misure esecutive adottate è il pignoramento. Questo può riguardare lo stipendio, il conto corrente, i beni mobili e immobili. Il pignoramento dello stipendio prevede la trattenuta fino a un quinto dello stipendio netto mensile, come stabilito dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile. Il pignoramento del conto corrente implica il blocco delle somme depositate fino a concorrenza del debito, impedendo al debitore di accedere ai fondi fino a quando non avrà saldato il debito.

Il fermo amministrativo è un’altra misura cautelare che può essere adottata. Questo provvedimento impedisce l’uso dei veicoli intestati al debitore fino al pagamento del debito o alla stipula di un piano di rateizzazione. Durante il fermo amministrativo, il veicolo non può essere utilizzato, venduto né ceduto. Guidare un veicolo sottoposto a fermo amministrativo comporta sanzioni ulteriori, con multe che possono variare da 1.988 a 7.953 euro e il sequestro del mezzo.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione può anche iscrivere un’ipoteca sugli immobili del debitore, impedendo la vendita o il trasferimento dell’immobile senza prima estinguere il debito. Se il debito rimane insoluto, l’ente può procedere con la vendita forzata dell’immobile per recuperare le somme dovute.

In casi gravi, il mancato pagamento delle tasse può comportare conseguenze penali, specialmente in caso di omessa dichiarazione o dichiarazione fraudolenta. Il Decreto Legislativo n. 74 del 2000 prevede che l’omessa dichiarazione sia punibile con la reclusione da uno a tre anni se l’imposta evasa supera i 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta. La dichiarazione fraudolenta è punibile con la reclusione da uno e sei mesi a sei anni.

Riassunto per punti:

  1. Applicazione di sanzioni pecuniarie: 30% dell’importo non versato, ridotto a 0,1% al giorno entro 15 giorni.
  2. Applicazione di interessi di mora: calcolati sul tasso legale annuale (3,5% nel 2023).
  3. Emissione di cartella esattoriale: notifica formale del debito con termine di 60 giorni per il pagamento.
  4. Pignoramento dello stipendio: trattenuta fino a un quinto dello stipendio netto mensile.
  5. Pignoramento del conto corrente: blocco delle somme depositate fino a concorrenza del debito.
  6. Fermo amministrativo: impedisce l’uso, la vendita o la cessione dei veicoli intestati al debitore.
  7. Ipoteca sugli immobili: impedisce la vendita o il trasferimento dell’immobile senza prima estinguere il debito.
  8. Conseguenze penali: reclusione da uno a tre anni per omessa dichiarazione (imposta evasa superiore a 50.000 euro); reclusione da uno e sei mesi a sei anni per dichiarazione fraudolenta.

Queste misure dimostrano l’importanza di rispettare le scadenze fiscali e di adottare tempestivamente misure correttive in caso di difficoltà economiche, per evitare gravi conseguenze finanziarie e legali.

Cosa Succede Se Non Paghi Entro 60 Giorni Una Cartella Esattoriale?

Quando non si paga una cartella esattoriale entro 60 giorni dalla sua notifica, le conseguenze possono essere gravi e variegate, e possono includere una serie di misure esecutive adottate dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione per recuperare le somme dovute. Queste misure sono previste dalla normativa italiana per garantire il rispetto degli obblighi fiscali e la riscossione dei tributi.

Innanzitutto, se la cartella esattoriale non viene pagata entro il termine di 60 giorni, si applicano automaticamente gli interessi di mora. Questi interessi sono calcolati sulla base del tasso legale annuale, che può variare di anno in anno. Per il 2023, ad esempio, il tasso legale è stato fissato al 3,5%. Gli interessi decorrono dal giorno successivo alla scadenza del pagamento fino al saldo effettivo del debito.

Una delle prime misure che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può adottare è il pignoramento. Il pignoramento può riguardare diversi tipi di beni:

  • Pignoramento dello Stipendio: L’Agenzia delle Entrate – Riscossione può ordinare al datore di lavoro di trattenere una parte della retribuzione del debitore. La legge italiana stabilisce che la quota massima pignorabile dello stipendio sia pari a un quinto dello stipendio netto mensile, come indicato dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile.
  • Pignoramento del Conto Corrente: L’ente può emettere un ordine di pignoramento presso terzi, indirizzato alla banca del debitore. Questo ordine obbliga la banca a bloccare le somme depositate sul conto corrente fino a concorrenza del debito. Il debitore non può prelevare né utilizzare le somme bloccate fino a quando non avrà saldato il debito.
  • Pignoramento dei Beni Mobili: L’Agenzia delle Entrate – Riscossione può procedere al pignoramento dei beni mobili registrati, come veicoli, attrezzature e altri beni personali del debitore. Questi beni possono essere sequestrati e venduti all’asta per recuperare il credito.
  • Pignoramento dei Beni Immobili: Se il debito è particolarmente elevato, l’ente può iscrivere un’ipoteca sugli immobili di proprietà del debitore e, se il debito non viene saldato, procedere con la vendita forzata dell’immobile. Le norme che regolano l’iscrizione dell’ipoteca sono contenute negli articoli 76 e seguenti del DPR n. 602 del 1973.

Un’altra misura cautelare che può essere adottata è il fermo amministrativo dei veicoli intestati al debitore. Questo provvedimento impedisce l’uso dei veicoli fino al pagamento del debito o alla stipula di un piano di rateizzazione. Durante il fermo amministrativo, il veicolo non può essere utilizzato, venduto, né ceduto. Guidare un veicolo sottoposto a fermo amministrativo comporta sanzioni ulteriori, con multe che possono variare da 1.988 a 7.953 euro e il sequestro del mezzo.

Oltre a queste misure esecutive, il mancato pagamento di una cartella esattoriale entro 60 giorni può avere ulteriori conseguenze legali, in particolare nei casi di omessa dichiarazione o dichiarazione fraudolenta. Il Decreto Legislativo n. 74 del 2000 prevede che l’omessa dichiarazione sia punibile con la reclusione da uno a tre anni se l’imposta evasa supera i 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta. La dichiarazione fraudolenta è punibile con la reclusione da uno e sei mesi a sei anni. Queste sanzioni penali mirano a dissuadere comportamenti fraudolenti e a garantire l’integrità del sistema fiscale.

Per evitare queste gravi conseguenze, i contribuenti in difficoltà economica possono richiedere la rateizzazione del debito. La normativa italiana consente di suddividere l’importo dovuto in rate mensili sostenibili, fino a un massimo di 72 rate (6 anni), con possibilità di estensione fino a 120 rate (10 anni) in casi particolarmente gravi. La richiesta di rateizzazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, allegando la documentazione che dimostri la difficoltà economica. La concessione della rateizzazione sospende le azioni esecutive, a condizione che il debitore rispetti il piano di pagamento concordato.

Un’ulteriore possibilità per i contribuenti in difficoltà è accedere alle misure di definizione agevolata, note anche come “rottamazione delle cartelle”. Queste misure straordinarie, periodicamente introdotte dal governo italiano, permettono ai contribuenti di estinguere i debiti fiscali beneficiando di una riduzione delle sanzioni e degli interessi di mora. La definizione agevolata prevede il pagamento dell’importo dovuto in una o più rate, senza l’applicazione delle sanzioni e degli interessi di mora. Questo offre un’opportunità significativa per i debitori di regolarizzare la propria posizione a condizioni più favorevoli.

Infine, per i debitori non fallibili, come piccoli imprenditori e professionisti con partita IVA, esiste la procedura di sovraindebitamento disciplinata dal D.Lgs. n. 14 del 2019. Questa procedura offre tre strumenti principali: l’accordo di composizione della crisi, il piano del consumatore e la liquidazione del patrimonio. L’accordo di composizione della crisi è un piano di rientro del debito proposto dal debitore e accettato dalla maggioranza dei creditori, omologato dal tribunale. Il piano del consumatore è una proposta specifica per i consumatori, che non richiede l’approvazione dei creditori ma deve essere omologata dal tribunale. La liquidazione del patrimonio prevede che il debitore metta a disposizione il proprio patrimonio per soddisfare i creditori sotto la supervisione di un liquidatore nominato dal tribunale.

Riassunto per punti:

  1. Applicazione degli interessi di mora: calcolati al tasso legale annuale (3,5% nel 2023).
  2. Emissione di cartella esattoriale: notifica del debito con termine di 60 giorni per il pagamento.
  3. Pignoramento: può riguardare lo stipendio (fino a un quinto), il conto corrente, beni mobili e immobili.
  4. Fermo amministrativo: impedisce l’uso, la vendita o la cessione dei veicoli intestati al debitore.
  5. Ipoteca sugli immobili: impedisce la vendita o il trasferimento degli immobili senza estinzione del debito.
  6. Conseguenze penali: reclusione per omessa dichiarazione (imposta evasa superiore a 50.000 euro) e per dichiarazione fraudolenta.
  7. Rateizzazione del debito: pagamento dilazionato in rate mensili fino a 72 rate (6 anni) o 120 rate (10 anni).
  8. Definizione agevolata: rottamazione delle cartelle con riduzione delle sanzioni e degli interessi di mora.
  9. Procedura di sovraindebitamento: accordo di composizione della crisi, piano del consumatore, liquidazione del patrimonio.

Cos’è il Fermo Amministrativo Se Non Paghi Le Tasse e Quali Sono le Conseguenze?

Il fermo amministrativo è una misura cautelare che può essere adottata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione quando un contribuente non paga le tasse dovute entro i termini stabiliti. Questa misura consiste nell’impedire l’uso dei veicoli intestati al debitore fino a quando il debito non viene saldato o viene stipulato un piano di rateizzazione.

Quando un contribuente non paga una cartella esattoriale entro 60 giorni dalla notifica, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può emettere un provvedimento di fermo amministrativo sui veicoli di proprietà del debitore. Questo provvedimento viene registrato presso il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) e impedisce al debitore di utilizzare, vendere o cedere il veicolo fino alla revoca del fermo.

Le conseguenze del fermo amministrativo sono significative. In primo luogo, il veicolo non può essere utilizzato per circolare. Se il debitore viene sorpreso a guidare un veicolo sottoposto a fermo amministrativo, può essere sanzionato con una multa che varia da 1.988 a 7.953 euro e il sequestro del veicolo. La normativa di riferimento per queste sanzioni è contenuta nell’articolo 214 del Codice della Strada.

In secondo luogo, il fermo amministrativo rende il veicolo praticamente invendibile, poiché qualsiasi tentativo di trasferimento di proprietà verrà bloccato fino alla revoca del fermo. Questo può rappresentare un grave ostacolo per il debitore, soprattutto se il veicolo è necessario per l’attività lavorativa o per altre esigenze personali.

Per revocare il fermo amministrativo, il debitore deve saldare l’intero importo del debito, comprese le sanzioni e gli interessi di mora, o stipulare un piano di rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate – Riscossione. Una volta che il debito è stato saldato o che è stato accettato il piano di rateizzazione, l’ente emette un provvedimento di revoca del fermo amministrativo, che viene registrato al PRA, ripristinando la piena disponibilità del veicolo al proprietario.

Il fermo amministrativo non si applica ai veicoli che sono strumentali all’attività professionale o imprenditoriale del debitore, come previsto dal Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013, noto come “Decreto del Fare”. Questa eccezione è stata introdotta per evitare che la misura del fermo amministrativo comprometta la possibilità del debitore di svolgere la propria attività lavorativa e, quindi, di generare il reddito necessario per saldare il debito.

In sintesi, il fermo amministrativo è una misura coercitiva efficace che viene utilizzata per garantire il pagamento delle tasse non versate. Tuttavia, ha delle conseguenze significative che possono avere un impatto notevole sulla vita quotidiana e sull’attività lavorativa del debitore. Per evitare il fermo amministrativo, è fondamentale rispettare le scadenze fiscali e, in caso di difficoltà economiche, richiedere tempestivamente la rateizzazione del debito o aderire alle misure di definizione agevolata quando disponibili.

Riassunto per punti:

  1. Il fermo amministrativo è una misura cautelare adottata quando non si pagano le tasse entro i termini stabiliti.
  2. Consiste nell’impedire l’uso, la vendita o la cessione dei veicoli intestati al debitore.
  3. Viene registrato presso il Pubblico Registro Automobilistico (PRA).
  4. Guidare un veicolo sottoposto a fermo amministrativo comporta una multa da 1.988 a 7.953 euro e il sequestro del veicolo.
  5. Per revocare il fermo amministrativo, è necessario saldare il debito o stipulare un piano di rateizzazione.
  6. Il fermo non si applica ai veicoli strumentali all’attività lavorativa del debitore.
  7. È essenziale rispettare le scadenze fiscali e richiedere la rateizzazione in caso di difficoltà economiche per evitare il fermo amministrativo.

Quali Sono le Sanzioni Penali per il Mancato Pagamento delle Tasse?

Il mancato pagamento delle tasse può avere conseguenze non solo amministrative e finanziarie, ma anche penali. Le sanzioni penali sono applicate nei casi più gravi di evasione fiscale, come l’omessa dichiarazione, la dichiarazione fraudolenta, e altre violazioni deliberate del sistema fiscale. Vediamo in dettaglio quali sono queste sanzioni e in quali circostanze vengono applicate.

Innanzitutto, il Decreto Legislativo n. 74 del 2000 disciplina le sanzioni penali in materia di reati tributari. Questo decreto prevede varie tipologie di reati e le relative pene:

Omessa Dichiarazione

L’omessa dichiarazione si verifica quando un contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi o dell’IVA entro i termini stabiliti. Secondo l’articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000, l’omessa dichiarazione è punibile con la reclusione da uno a tre anni se l’imposta evasa supera i 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta. La soglia di 50.000 euro è un elemento cruciale: se l’imposta evasa è inferiore, la sanzione resta di tipo amministrativo e non penale.

Dichiarazione Fraudolenta

La dichiarazione fraudolenta è punibile con pene più severe. Questo reato si verifica quando il contribuente, al fine di evadere le imposte, utilizza mezzi fraudolenti, come la falsificazione di documenti o l’uso di fatture per operazioni inesistenti. L’articolo 2 del D.Lgs. n. 74/2000 prevede che la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è punibile con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Se il contribuente commette dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, come indicato nell’articolo 3 dello stesso decreto, la pena prevista è la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Emissione di Fatture o Altri Documenti per Operazioni Inesistenti

L’articolo 8 del D.Lgs. n. 74/2000 punisce anche chi emette fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Questo reato è punibile con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Tale misura è volta a contrastare l’uso di documenti falsi per creare costi fittizi e ridurre indebitamente il carico fiscale.

Sottrazione Fraudolenta al Pagamento di Imposte

La sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte è un altro reato disciplinato dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 74/2000. Questo reato si verifica quando il contribuente, al fine di evitare il pagamento di imposte, sottrae fraudolentemente beni al fisco, ad esempio attraverso vendite simulate o trasferimenti di proprietà. La pena prevista per questo reato è la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Dichiarazione Infedele

La dichiarazione infedele si verifica quando il contribuente, pur presentando la dichiarazione, indica elementi passivi fittizi o omette elementi attivi per ridurre il proprio carico fiscale. L’articolo 4 del D.Lgs. n. 74/2000 stabilisce che questo reato è punibile con la reclusione da uno a tre anni se l’imposta evasa supera i 150.000 euro e gli elementi attivi sottratti all’imposizione superano il 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque 3 milioni di euro.

Caso Pratico

Immaginiamo un imprenditore che, per ridurre il proprio carico fiscale, omette di dichiarare redditi per un importo di 200.000 euro e utilizza fatture false per operazioni inesistenti per un totale di 150.000 euro. Se scoperto, questo imprenditore potrebbe essere accusato di omessa dichiarazione (se l’imposta evasa supera i 50.000 euro), dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (punibile con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni), e potrebbe anche essere soggetto a indagini per sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, a seconda delle modalità con cui ha cercato di eludere il fisco.

Difesa e Prevenzione

Affrontare accuse penali per reati fiscali richiede una difesa legale competente. È fondamentale rivolgersi a un avvocato esperto in diritto tributario, che possa fornire una consulenza strategica, valutare le prove a carico del contribuente, e rappresentarlo in giudizio. Inoltre, è essenziale adottare misure preventive per evitare di incorrere in tali reati, come la corretta tenuta della contabilità, la trasparenza nelle dichiarazioni fiscali, e la verifica periodica della conformità alle normative fiscali.

Riassunto per punti:

  1. Omessa dichiarazione: reclusione da uno a tre anni se l’imposta evasa supera 50.000 euro.
  2. Dichiarazione fraudolenta: reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
  3. Emissione di fatture per operazioni inesistenti: reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
  4. Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: reclusione da sei mesi a quattro anni.
  5. Dichiarazione infedele: reclusione da uno a tre anni se l’imposta evasa supera 150.000 euro e gli elementi attivi sottratti superano il 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque 3 milioni di euro.

Le sanzioni penali per il mancato pagamento delle tasse sono severe e mirano a garantire il rispetto degli obblighi fiscali e la trasparenza del sistema tributario. La consulenza di un avvocato esperto è essenziale per difendersi adeguatamente in caso di accuse penali e per adottare misure preventive efficaci.

Come Funziona il Pignoramento del Conto Corrente Se Non Paghi Le Tasse?

Il pignoramento del conto corrente è una delle misure esecutive che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può adottare quando un contribuente non paga le tasse entro i termini stabiliti. Questo procedimento permette all’ente di recuperare direttamente le somme dovute bloccando i fondi presenti sul conto corrente del debitore. Vediamo nel dettaglio come funziona questa procedura e quali sono le sue implicazioni.

Quando un contribuente non paga una cartella esattoriale entro 60 giorni dalla notifica, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può procedere con il pignoramento del conto corrente. La procedura si avvia con un atto di pignoramento presso terzi, in questo caso la banca presso cui il debitore detiene il conto corrente. L’atto di pignoramento viene notificato sia al debitore che alla banca.

Il pignoramento del conto corrente segue questi passaggi:

  1. Notifica dell’atto di pignoramento: L’Agenzia delle Entrate – Riscossione invia un atto di pignoramento alla banca, notificando l’importo esatto del debito. Contestualmente, il debitore riceve una copia dell’atto.
  2. Blocco del conto: A seguito della notifica, la banca è tenuta a bloccare le somme presenti sul conto corrente del debitore fino a concorrenza del debito indicato nell’atto di pignoramento. Il blocco avviene immediatamente, impedendo al debitore di effettuare prelievi o trasferimenti di denaro.
  3. Comunicazione del saldo: La banca deve comunicare all’Agenzia delle Entrate – Riscossione l’ammontare delle somme disponibili sul conto corrente del debitore entro 15 giorni dalla ricezione dell’atto di pignoramento. Se l’importo presente sul conto è sufficiente a coprire il debito, l’Agenzia procede con l’incasso delle somme bloccate.
  4. Udienza in Tribunale: Se necessario, viene fissata un’udienza in tribunale per discutere del pignoramento. Durante l’udienza, il debitore ha la possibilità di presentare opposizioni o contestare l’atto di pignoramento.
  5. Pagamento del debito: Se non vi sono contestazioni valide o se queste vengono respinte dal giudice, le somme bloccate vengono trasferite all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per estinguere il debito fiscale. Se l’importo sul conto corrente non è sufficiente a coprire il debito, l’ente può procedere con ulteriori azioni esecutive, come il pignoramento di altri beni mobili o immobili.

Il pignoramento del conto corrente ha diverse implicazioni per il debitore. Innanzitutto, il blocco delle somme sul conto può causare gravi difficoltà finanziarie, impedendo al debitore di accedere ai propri fondi per pagare bollette, stipendi, e altre spese quotidiane. Inoltre, il pignoramento può influire negativamente sulla reputazione del debitore, specialmente se si tratta di un’azienda, poiché la notifica dell’atto può essere resa pubblica.

Tuttavia, il debitore ha alcune opzioni per difendersi dal pignoramento del conto corrente. Una possibilità è quella di presentare un’istanza di sospensione dell’atto di pignoramento, motivando la richiesta con l’esistenza di gravi e urgenti motivi, come la mancanza di fondi necessari per il sostentamento proprio e della famiglia. Inoltre, il debitore può contestare la validità della cartella esattoriale o dell’atto di pignoramento stesso, presentando un ricorso al giudice competente.

In caso di difficoltà economiche, il debitore può anche richiedere la rateizzazione del debito. La normativa italiana permette di suddividere il pagamento in rate mensili, fino a un massimo di 72 rate (6 anni), con la possibilità di estendere il periodo fino a 120 rate (10 anni) in casi particolarmente gravi. La richiesta di rateizzazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, corredata dalla documentazione che attesti la difficoltà economica.

Un’altra opzione è aderire alle misure di definizione agevolata, come la “rottamazione delle cartelle”. Queste misure, introdotte periodicamente dal governo italiano, permettono ai debitori di estinguere i propri debiti beneficiando di una riduzione delle sanzioni e degli interessi di mora.

Riassunto per punti:

  1. Notifica dell’atto di pignoramento: invio alla banca e al debitore.
  2. Blocco del conto: la banca blocca le somme fino a concorrenza del debito.
  3. Comunicazione del saldo: la banca comunica all’Agenzia delle Entrate – Riscossione l’ammontare disponibile.
  4. Udienza in tribunale: discussione del pignoramento e possibilità di contestazione.
  5. Pagamento del debito: trasferimento delle somme bloccate all’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Il pignoramento del conto corrente è una misura efficace per il recupero dei crediti fiscali, ma può avere conseguenze gravi per il debitore. Per evitare tali misure, è importante rispettare le scadenze fiscali e, in caso di difficoltà economiche, richiedere tempestivamente la rateizzazione del debito o aderire alle misure di definizione agevolata. La consulenza di un avvocato esperto in diritto tributario può essere fondamentale per navigare queste situazioni complesse e trovare soluzioni adeguate.

Cos’è la Rateizzazione del Debito e Come Funziona?

La rateizzazione del debito è una procedura che consente al contribuente di pagare il debito fiscale in modo dilazionato, attraverso rate mensili. La richiesta di rateizzazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, spiegando le ragioni della difficoltà economica e proponendo un piano di pagamento. La rateizzazione può essere concessa per debiti superiori a 1.000 euro e può estendersi fino a un massimo di 72 rate mensili (6 anni), con possibilità di estensione fino a 120 rate (10 anni) in casi particolarmente gravi.

Esempio pratico: Un contribuente con un debito di 24.000 euro può richiedere la rateizzazione in 72 rate mensili da 333,33 euro ciascuna. Se il contribuente dimostra una grave difficoltà economica, può ottenere l’estensione a 120 rate mensili da 200 euro ciascuna.

Cos’è la Definizione Agevolata dei Debiti e Come Funziona?

La definizione agevolata, nota anche come “rottamazione delle cartelle”, è una misura straordinaria che consente ai contribuenti di estinguere i debiti fiscali beneficiando di una riduzione delle sanzioni e degli interessi di mora. Periodicamente, il governo italiano introduce queste misure per agevolare il pagamento dei debiti e ridurre il carico fiscale sui contribuenti in difficoltà. La definizione agevolata prevede il pagamento dell’importo dovuto in una o più rate, senza l’applicazione delle sanzioni e degli interessi di mora.

Esempio: Se un contribuente ha un debito di 10.000 euro, di cui 2.000 euro di sanzioni e 1.000 euro di interessi di mora, può estinguere il debito pagando solo 7.000 euro grazie alla definizione agevolata.

Quali Altre Opzioni Sono Disponibili per Gestire i Debiti Fiscali?

Oltre alla rateizzazione e alla definizione agevolata, i contribuenti in grave difficoltà economica possono accedere alla procedura di sovraindebitamento, disciplinata dal D.Lgs. n. 14/2019. Questa procedura offre tre strumenti principali: l’accordo di composizione della crisi, il piano del consumatore e la liquidazione del patrimonio.

L’accordo di composizione della crisi è un piano di rientro del debito proposto dal debitore e accettato dalla maggioranza dei creditori, omologato dal tribunale. Il piano del consumatore è una proposta specifica per i consumatori, che non richiede l’approvazione dei creditori ma deve essere omologata dal tribunale. La liquidazione del patrimonio prevede che il debitore metta a disposizione il proprio patrimonio per soddisfare i creditori sotto la supervisione di un liquidatore nominato dal tribunale.

Esempio pratico: Un piccolo imprenditore con partita IVA, in grave difficoltà economica, presenta una domanda di sovraindebitamento al tribunale, proponendo un accordo di composizione della crisi. La proposta prevede il pagamento parziale dei debiti in rate mensili sostenibili. Il tribunale omologa la proposta, che viene accettata dalla maggioranza dei creditori, permettendo all’imprenditore di risolvere la sua situazione debitoria e di riprendere l’attività con maggiore serenità.

Come Difendersi dalle Azioni Esecutive dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione Se Non Paghi Le Tasse?

Quando non si pagano le tasse, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può adottare diverse misure esecutive per recuperare i crediti fiscali. Tuttavia, esistono strategie legali che i contribuenti possono adottare per difendersi da queste azioni. Ecco come difendersi dalle azioni esecutive dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione:

Verifica della Correttezza della Cartella Esattoriale

La prima difesa consiste nel verificare la correttezza della cartella esattoriale ricevuta. Errori possono includere l’errata applicazione degli importi, calcoli sbagliati delle sanzioni o degli interessi di mora, oppure la notifica non conforme alla legge. Se si rilevano errori, è possibile presentare un’istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, chiedendo la correzione o l’annullamento della cartella. Questa istanza deve essere supportata da documentazione che dimostri l’errore.

Presentazione del Ricorso

Se l’istanza di autotutela non viene accolta, il contribuente può presentare un ricorso formale alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale. Il ricorso deve essere motivato e supportato da prove documentali. Durante il periodo di attesa della decisione sul ricorso, le azioni esecutive sono sospese, offrendo al contribuente un po’ di respiro.

Rateizzazione del Debito

Una delle opzioni più comuni per gestire i debiti fiscali è la rateizzazione. La normativa italiana consente di suddividere l’importo dovuto in rate mensili sostenibili, fino a un massimo di 72 rate (6 anni), con possibilità di estensione fino a 120 rate (10 anni) in casi particolarmente gravi. La richiesta di rateizzazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, allegando la documentazione che attesti la difficoltà economica. Una volta approvata, la rateizzazione sospende le azioni esecutive, purché le rate vengano pagate regolarmente.

Ravvedimento Operoso

Il ravvedimento operoso è una procedura che consente al contribuente di sanare spontaneamente la propria posizione fiscale, beneficiando di una riduzione delle sanzioni. Secondo l’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, le sanzioni sono ridotte in base al tempo trascorso dalla scadenza:

  • Entro 14 giorni: sanzione ridotta allo 0,1% per ogni giorno di ritardo.
  • Dal 15° al 30° giorno: sanzione ridotta all’1,5%.
  • Dal 31° al 90° giorno: sanzione ridotta all’1,67%.
  • Oltre 90 giorni ed entro un anno: sanzione ridotta al 3,75%.
  • Oltre un anno ed entro due anni: sanzione ridotta al 4,29%.
  • Oltre due anni: sanzione ridotta al 5%.

Accordi di Composizione della Crisi

In situazioni di grave difficoltà economica, le partite IVA e i piccoli imprenditori possono ricorrere agli accordi di composizione della crisi, disciplinati dal D.Lgs. n. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza). Questa procedura permette al debitore di proporre un piano di rientro del debito ai creditori, che deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori e omologato dal tribunale. Durante l’elaborazione e l’approvazione del piano, le azioni esecutive sono sospese.

Procedura di Sovraindebitamento

Per i debitori non fallibili, come piccoli imprenditori e professionisti, esiste la procedura di sovraindebitamento. Questa procedura offre tre strumenti principali:

  1. Accordo di Composizione della Crisi: Un piano di rientro del debito proposto dal debitore e accettato dalla maggioranza dei creditori.
  2. Piano del Consumatore: Una proposta specifica per i consumatori, che non richiede l’approvazione dei creditori ma deve essere omologata dal tribunale.
  3. Liquidazione del Patrimonio: Il debitore mette a disposizione il proprio patrimonio per soddisfare i creditori sotto la supervisione di un liquidatore nominato dal tribunale.

Sospensione delle Azioni Esecutive

Durante la procedura di sovraindebitamento, le azioni esecutive individuali dei creditori sono sospese, offrendo al debitore una protezione temporanea contro il pignoramento e altre misure esecutive. Questo permette al debitore di concentrarsi sulla ristrutturazione del debito senza ulteriori pressioni.

Consulenza Legale

La gestione delle azioni esecutive dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione può essere complessa e richiede una buona conoscenza delle normative fiscali e tributarie. È quindi consigliabile avvalersi della consulenza di un avvocato esperto in diritto tributario, che possa assistere il debitore in tutte le fasi della difesa, dalla verifica della correttezza della cartella esattoriale alla presentazione di ricorsi, richieste di rateizzazione, ravvedimento operoso e procedure di sovraindebitamento. Un avvocato esperto può negoziare con l’INPS e i creditori, proponendo soluzioni sostenibili e proteggendo i diritti del debitore.

Riassunto per punti:

  1. Verifica della correttezza della cartella esattoriale: Controllo di errori e presentazione di istanza di autotutela.
  2. Presentazione del ricorso: Ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica.
  3. Rateizzazione del debito: Pagamento dilazionato in rate mensili, fino a 72 (6 anni) o 120 (10 anni) in casi gravi.
  4. Ravvedimento operoso: Riduzione delle sanzioni mediante pagamento spontaneo.
  5. Accordi di composizione della crisi: Proposta di piano di rientro approvato dai creditori e omologato dal tribunale.
  6. Procedura di sovraindebitamento: Strumenti per debitori non fallibili, con sospensione delle azioni esecutive.
  7. Consulenza legale: Assistenza di un avvocato esperto in diritto tributario.

Queste strategie possono aiutare una partita IVA a gestire i debiti fiscali in modo efficace e a difendersi dalle azioni esecutive dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, garantendo una gestione più sostenibile della situazione finanziaria.

Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti Con L’Agenzia Delle Entrate e Riscossione

Affrontare il mancato pagamento delle tasse e le conseguenze derivanti dalle azioni esecutive dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione può essere un processo estremamente stressante e complesso. La comprensione dettagliata delle procedure, delle leggi applicabili e delle possibili soluzioni richiede una conoscenza approfondita del diritto tributario. Per questo motivo, avere a fianco un avvocato esperto in cancellazione dei debiti è di fondamentale importanza. Un avvocato specializzato può offrire supporto strategico e operativo per navigare le difficoltà e proteggere i propri diritti e interessi finanziari.

L’intervento tempestivo di un avvocato esperto può fare una significativa differenza nel modo in cui viene gestita la situazione debitoria. In primo luogo, un avvocato può aiutare a verificare la correttezza della cartella esattoriale ricevuta, identificando eventuali errori nell’importo dovuto, nel calcolo delle sanzioni o nella procedura di notifica. Questo controllo iniziale è cruciale, poiché un errore nella cartella esattoriale può essere motivo per presentare un’istanza di autotutela, chiedendo la correzione o l’annullamento della cartella stessa. La conoscenza delle normative e delle procedure è essenziale per presentare una richiesta efficace e tempestiva.

Se l’istanza di autotutela non viene accolta, l’avvocato può assistere nella presentazione di un ricorso formale alla Commissione Tributaria Provinciale. Il ricorso deve essere ben motivato e supportato da prove documentali, e deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale. Durante il periodo di attesa della decisione sul ricorso, le azioni esecutive sono sospese, offrendo al contribuente una tregua temporanea. Un avvocato esperto può redigere un ricorso solido e rappresentare il contribuente in tutte le fasi del procedimento.

Un altro aspetto fondamentale è la possibilità di richiedere la rateizzazione del debito. La normativa italiana consente di suddividere l’importo dovuto in rate mensili sostenibili, fino a un massimo di 72 rate (6 anni), con possibilità di estensione fino a 120 rate (10 anni) in casi particolarmente gravi. Un avvocato può aiutare a preparare la documentazione necessaria e a presentare una richiesta convincente all’Agenzia delle Entrate – Riscossione. La concessione della rateizzazione sospende le azioni esecutive, purché le rate vengano pagate regolarmente, offrendo al debitore un piano di pagamento gestibile e la possibilità di evitare misure coercitive immediate come il pignoramento.

Il ravvedimento operoso è un’altra opzione che può essere esplorata con l’assistenza di un avvocato. Questa procedura permette al contribuente di sanare spontaneamente la propria posizione fiscale, beneficiando di una riduzione delle sanzioni. Un avvocato può consigliare sulla tempistica e sulle modalità del ravvedimento operoso, massimizzando i benefici per il contribuente e minimizzando l’impatto delle sanzioni.

In situazioni di grave difficoltà economica, le partite IVA e i piccoli imprenditori possono ricorrere agli accordi di composizione della crisi, disciplinati dal D.Lgs. n. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza). Questa procedura permette di proporre un piano di rientro del debito ai creditori, che deve essere approvato dalla maggioranza e omologato dal tribunale. Durante l’elaborazione e l’approvazione del piano, le azioni esecutive sono sospese, offrendo una protezione temporanea al debitore. Un avvocato esperto può guidare il contribuente attraverso questa procedura, negoziando con i creditori e rappresentando il debitore in tribunale.

Per i debitori non fallibili, come piccoli imprenditori e professionisti, esiste la procedura di sovraindebitamento, che offre ulteriori strumenti di protezione. Questa procedura include l’accordo di composizione della crisi, il piano del consumatore e la liquidazione del patrimonio. Un avvocato può assistere il debitore nella scelta della soluzione più appropriata e nella presentazione della domanda al tribunale, garantendo che tutte le formalità siano rispettate e che il debitore possa beneficiare della sospensione delle azioni esecutive.

La consulenza di un avvocato esperto non si limita alla gestione del debito corrente. Un professionista può fornire consulenza strategica a lungo termine, aiutando il contribuente a implementare pratiche finanziarie sostenibili, migliorare la gestione del flusso di cassa e pianificare le imposte in modo più efficiente. Questo tipo di consulenza può prevenire futuri problemi di indebitamento e garantire una gestione più solida e sostenibile delle finanze.

Un aspetto critico della difesa legale contro le azioni esecutive è la capacità dell’avvocato di negoziare con l’Agenzia delle Entrate – Riscossione e con i creditori. Un avvocato esperto può proporre soluzioni sostenibili e negoziare condizioni più favorevoli per il contribuente, riducendo al minimo l’impatto delle misure coercitive e proteggendo i beni del debitore.

La protezione del patrimonio è un altro aspetto essenziale. Un avvocato può consigliare sul modo migliore per proteggere i beni personali e familiari del debitore attraverso strumenti legali come il fondo patrimoniale o il trust. Questi strumenti possono offrire una protezione significativa contro le azioni esecutive, garantendo che parte del patrimonio sia al sicuro dalle richieste dei creditori.

Infine, un avvocato esperto può aiutare il debitore a rimanere aggiornato sulle opportunità offerte dalle misure di definizione agevolata o “rottamazione delle cartelle”, periodicamente introdotte dal governo italiano. Queste misure permettono di estinguere i debiti fiscali a condizioni più favorevoli, riducendo significativamente il carico debitorio. Un avvocato può guidare il contribuente nell’accesso a queste opportunità, assicurando che vengano rispettati tutti i requisiti e le scadenze previste.

In conclusione, affrontare i debiti con l’Agenzia delle Entrate – Riscossione richiede una gestione attenta e strategica delle proprie finanze e una conoscenza approfondita delle normative fiscali. L’assistenza di un avvocato esperto in cancellazione dei debiti è fondamentale per navigare le complessità legali, proteggere il proprio patrimonio e garantire una gestione efficace e sostenibile delle proprie finanze. Un avvocato specializzato può offrire soluzioni legali per risolvere i debiti esistenti e fornire consulenza strategica per prevenire futuri problemi finanziari, assicurando una ripresa economica stabile e duratura. La collaborazione con un avvocato esperto rappresenta un investimento cruciale per chiunque si trovi in difficoltà economiche, offrendo una guida indispensabile per superare le difficoltà e garantire un futuro finanziario più stabile.

In tal senso, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).

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Giuseppe Monardo

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