Affrontare un debito con l’INPS è una questione di grande rilevanza per molti lavoratori autonomi e dipendenti in Italia. Il debito con l’INPS, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, può derivare da diverse situazioni, come la mancata o ritardata contribuzione, errori nella dichiarazione dei redditi o difficoltà economiche che impediscono il pagamento delle quote dovute. Le conseguenze di tali debiti possono essere molto gravi, sia dal punto di vista economico che legale, e possono incidere significativamente sulla vita personale e professionale del debitore.
Secondo i dati dell’INPS, nel 2023 circa il 25% dei lavoratori autonomi ha accumulato debiti previdenziali. Questi debiti possono rapidamente diventare ingenti a causa delle sanzioni e degli interessi applicati. La normativa italiana, specificatamente la legge n. 335 del 1995, richiede ai lavoratori autonomi di versare una percentuale del proprio reddito lordo all’INPS. Attualmente, la percentuale contributiva è fissata al 25,72%, con un ulteriore contributo aggiuntivo per coloro che non hanno altre forme di copertura previdenziale. La mancata contribuzione comporta l’applicazione di sanzioni amministrative e interessi di mora, come previsto dagli articoli 23 e 24 del D.Lgs. n. 241 del 1997.
Le sanzioni per il mancato pagamento dei contributi possono variare dal 30% al 50% dell’importo dovuto, in base a quanto stabilito dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997. Inoltre, gli interessi legali, attualmente fissati al 3% annuo, aumentano ulteriormente l’ammontare del debito. Ad esempio, un debito iniziale di 10.000 euro può crescere rapidamente fino a superare i 15.000 euro nel giro di pochi anni, a causa dell’accumulo di sanzioni e interessi.
Se il debito rimane insoluto, l’INPS ha il potere di avviare procedure di recupero coattivo. Queste procedure sono disciplinate dal D.P.R. n. 602 del 1973, che regola la riscossione delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali. Una delle misure più comuni è il pignoramento dei beni mobili e immobili del debitore. L’articolo 72-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 consente all’INPS di richiedere il pignoramento presso terzi, inclusi i conti bancari, senza necessità di ottenere un preventivo titolo esecutivo. Questo significa che l’INPS può prelevare direttamente dal conto corrente del debitore l’importo dovuto, fino a concorrenza del debito.
Oltre al pignoramento, l’INPS può anche iscrivere ipoteche sugli immobili di proprietà del debitore. L’iscrizione di un’ipoteca rappresenta un gravame sui beni del debitore, che ne limita la capacità di vendere o trasferire tali beni fino a quando il debito non viene estinto. Queste misure di recupero coattivo possono avere un impatto devastante sulle finanze personali e sulla stabilità economica del debitore.
Un altro aspetto cruciale da considerare è l’impatto dei debiti con l’INPS sulla pensione. Secondo l’articolo 38 della Costituzione italiana, ogni cittadino ha diritto alla previdenza sociale. Tuttavia, l’INPS può pignorare una parte della pensione del debitore per recuperare le somme dovute. La legge prevede che la pensione non possa essere pignorata per un importo superiore al quinto della parte eccedente il minimo vitale. Questo significa che, anche se il debitore riceve la pensione, una parte di essa può essere trattenuta dall’INPS fino a quando il debito non viene completamente estinto.
Se il debitore si trova in difficoltà economica e non è in grado di pagare l’intero debito in un’unica soluzione, può richiedere una rateizzazione del debito. L’articolo 2, comma 11, del D.L. n. 338 del 1989, convertito nella legge n. 389 del 1989, consente ai contribuenti in difficoltà di richiedere un piano di rateizzazione, che può estendersi fino a un massimo di 72 rate mensili. Durante il periodo di rateizzazione, il debitore deve continuare a versare i contributi correnti per evitare l’accumulo di ulteriori debiti.
In casi estremi, è possibile accedere a misure di esdebitazione previste dalla legge n. 3 del 2012, nota come “legge sul sovraindebitamento”. Questa normativa offre una soluzione ai piccoli imprenditori e lavoratori autonomi che si trovano in una situazione di grave difficoltà economica. Attraverso una procedura di composizione della crisi, il debitore può proporre un piano di ristrutturazione dei debiti, che, se approvato dal tribunale, consente di ridurre l’ammontare complessivo del debito e ottenere una dilazione dei pagamenti. Tuttavia, l’accesso a questa procedura richiede la dimostrazione di una situazione di sovraindebitamento e la presentazione di un piano di ristrutturazione sostenibile.
Affrontare un debito con l’INPS richiede una comprensione approfondita delle normative vigenti e delle opzioni disponibili per gestire il debito. È consigliabile rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto previdenziale per ottenere assistenza nella gestione del debito e nelle trattative con l’INPS. Un avvocato esperto può aiutare a verificare la correttezza delle richieste di pagamento, presentare ricorsi amministrativi, negoziare soluzioni alternative e fornire una consulenza continua per garantire la conformità alle normative previdenziali.
In conclusione, i debiti con l’INPS rappresentano una sfida significativa per molti lavoratori autonomi e dipendenti in Italia. Le conseguenze del mancato pagamento dei contributi possono essere gravi e di vasta portata, incidendo sulla stabilità economica e sulla vita personale del debitore. Tuttavia, con una corretta gestione e l’accesso alle giuste risorse e informazioni, è possibile affrontare e risolvere queste situazioni. La conoscenza delle normative vigenti, delle procedure di ricorso e delle possibilità di rateizzazione e esdebitazione può fare la differenza nella capacità di gestire efficacemente i debiti previdenziali e garantire la continuità dell’attività lavorativa e la sicurezza economica.
Cosa comporta avere un debito con l’INPS?
Avere un debito con l’INPS comporta una serie di conseguenze legali, economiche e amministrative che possono influenzare significativamente la vita di un lavoratore autonomo o dipendente. Analizziamo in dettaglio cosa significa avere un debito con l’INPS e quali sono le principali implicazioni.
Quando un contribuente non paga i contributi previdenziali dovuti all’INPS, l’ente previdenziale italiano applica sanzioni amministrative e interessi di mora. Secondo l’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, le sanzioni per il mancato pagamento dei contributi possono variare dal 30% al 50% dell’importo dovuto, con interessi legali attualmente fissati al 3% annuo. Ad esempio, se un lavoratore autonomo ha un debito di 10.000 euro, con l’applicazione delle sanzioni e degli interessi, il debito può aumentare notevolmente nel corso degli anni.
Il processo di riscossione dei debiti con l’INPS inizia con la notifica di un avviso di addebito. Questo avviso, che può essere notificato tramite posta elettronica certificata (PEC) o raccomandata con avviso di ricevimento, indica l’importo dovuto e i termini per il pagamento. Se il pagamento non viene effettuato entro 60 giorni dalla notifica, l’INPS può procedere con azioni di recupero coattivo. Secondo il D.P.R. n. 602 del 1973, l’INPS ha il potere di pignorare beni mobili e immobili del debitore, bloccare conti correnti e iscrivere ipoteche sugli immobili di proprietà del debitore.
Il pignoramento dei beni è una delle misure più comuni utilizzate dall’INPS per recuperare i crediti contributivi. L’articolo 72-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 consente all’INPS di richiedere il pignoramento presso terzi, inclusi i conti bancari, senza necessità di ottenere un preventivo titolo esecutivo. Questo significa che l’INPS può prelevare direttamente dal conto corrente del debitore l’importo dovuto, fino a concorrenza del debito. Inoltre, l’iscrizione di un’ipoteca rappresenta un gravame sui beni del debitore, limitando la sua capacità di vendere o trasferire tali beni fino a quando il debito non viene estinto.
Avere un debito con l’INPS può anche influenzare negativamente l’accesso alla pensione. Secondo l’articolo 38 della Costituzione italiana, ogni cittadino ha diritto alla previdenza sociale. Tuttavia, se il pensionato ha debiti con l’INPS, l’ente può pignorare una parte della pensione per recuperare le somme dovute. La legge prevede che la pensione non possa essere pignorata per un importo superiore al quinto della parte eccedente il minimo vitale. Questo significa che, anche se il debitore riceve la pensione, una parte di essa può essere trattenuta dall’INPS fino a quando il debito non viene completamente estinto.
Se il debitore si trova in difficoltà economica e non è in grado di pagare l’intero debito in un’unica soluzione, può richiedere una rateizzazione del debito. L’articolo 2, comma 11, del D.L. n. 338 del 1989, convertito nella legge n. 389 del 1989, consente ai contribuenti in difficoltà di richiedere un piano di rateizzazione, che può estendersi fino a un massimo di 72 rate mensili. Durante il periodo di rateizzazione, il debitore deve continuare a versare i contributi correnti per evitare l’accumulo di ulteriori debiti. Il mancato pagamento di due rate consecutive comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione, rendendo l’intero debito residuo immediatamente esigibile.
In alcuni casi, è possibile richiedere l’annullamento del debito tramite istanza di autotutela, come previsto dal messaggio INPS n. 3913 del 2016. Se l’INPS verifica la fondatezza delle ragioni del contribuente, può procedere all’annullamento o allo sgravio del debito. Tuttavia, se il debito è stato generato per errore dell’INPS, il contribuente può presentare un ricorso al giudice del lavoro entro 40 giorni dalla notifica dell’avviso di addebito. Il ricorso deve essere motivato e corredato da tutta la documentazione necessaria a supportare le argomentazioni del contribuente.
L’accumulo di debiti con l’INPS può avere anche implicazioni per l’attività professionale del debitore. Le irregolarità contributive possono compromettere la possibilità di partecipare a bandi pubblici o gare d’appalto, dove spesso è richiesto un certificato di regolarità contributiva. Inoltre, il debito con l’INPS può influenzare negativamente il credito del debitore e la sua capacità di ottenere finanziamenti.
In situazioni di grave difficoltà economica, è possibile accedere alle misure di esdebitazione previste dalla legge n. 3 del 2012, nota come “legge sul sovraindebitamento”. Questa normativa offre una soluzione ai piccoli imprenditori e lavoratori autonomi che non riescono a far fronte ai debiti accumulati. Attraverso una procedura di composizione della crisi, il debitore può proporre un piano di ristrutturazione dei debiti che, se approvato dal tribunale, consente di ridurre l’ammontare complessivo del debito e ottenere una dilazione dei pagamenti.
Affrontare un debito con l’INPS richiede una comprensione approfondita delle normative vigenti e delle opzioni disponibili per gestire il debito. È consigliabile rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto previdenziale per ottenere assistenza nella gestione del debito e nelle trattative con l’INPS. Un avvocato esperto può aiutare a verificare la correttezza delle richieste di pagamento, presentare ricorsi amministrativi, negoziare soluzioni alternative e fornire una consulenza continua per garantire la conformità alle normative previdenziali.
In conclusione, avere un debito con l’INPS comporta una serie di conseguenze legali ed economiche che possono incidere significativamente sulla vita del debitore. È fondamentale agire tempestivamente per gestire il debito e cercare soluzioni che permettano di risolvere la situazione in modo sostenibile. Con l’assistenza di un avvocato esperto e una buona conoscenza delle normative, è possibile affrontare efficacemente i debiti previdenziali e garantire la continuità dell’attività lavorativa e la sicurezza economica.
Quali sono le conseguenze immediate del mancato pagamento dei contributi?
Il mancato pagamento dei contributi previdenziali all’INPS comporta una serie di conseguenze immediate che possono avere un impatto significativo sia a breve che a lungo termine sulla situazione finanziaria e legale del debitore. Vediamo in dettaglio quali sono queste conseguenze:
- Sanzioni e Interessi di Mora: Una delle prime conseguenze del mancato pagamento dei contributi è l’applicazione di sanzioni amministrative e interessi di mora. Secondo l’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, le sanzioni possono variare dal 30% al 50% dell’importo dovuto. Inoltre, vengono applicati interessi legali sul debito, che attualmente sono fissati al 3% annuo. Queste sanzioni e interessi possono far aumentare rapidamente l’ammontare del debito originario, rendendo ancora più difficile il suo pagamento.
- Avviso di Addebito: Quando l’INPS rileva il mancato pagamento dei contributi, invia un avviso di addebito al contribuente. Questo avviso viene notificato tramite posta elettronica certificata (PEC) o, in assenza di PEC, tramite raccomandata con avviso di ricevimento, messi comunali o agenti della polizia municipale. L’avviso di addebito indica l’importo dovuto e i termini per il pagamento, solitamente entro 60 giorni dalla notifica.
- Pignoramento e Recupero Coattivo: Se il contribuente non regolarizza la sua posizione entro i termini indicati nell’avviso di addebito, l’INPS può avviare procedure di recupero coattivo. Queste procedure includono il pignoramento dei beni mobili e immobili del debitore, il blocco dei conti correnti e l’iscrizione di ipoteche sugli immobili di proprietà del debitore. L’articolo 72-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 consente all’INPS di richiedere il pignoramento presso terzi, inclusi i conti bancari, senza necessità di ottenere un preventivo titolo esecutivo
Come viene notificato un avviso di addebito dall’INPS?
L’avviso di addebito viene notificato tramite posta elettronica certificata (PEC). In mancanza di PEC, può essere inviato dai messi comunali, dagli agenti della polizia municipale o mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Il pagamento deve essere effettuato entro 60 giorni dalla notifica, utilizzando il bollettino RAV allegato all’avviso.
È possibile rateizzare il debito con l’INPS?
Sì, è possibile richiedere una rateizzazione del debito. L’INPS consente di suddividere l’importo dovuto in rate mensili, fino a un massimo di 72 rate. Per avvalersi di questa opzione, è necessario presentare una richiesta di rateizzazione specificando il numero di rate desiderato e le motivazioni della difficoltà economica. Durante il periodo di rateizzazione, è necessario continuare a versare i contributi correnti.
Cosa succede se non pago le rate concordate con l’INPS?
Il mancato pagamento di due rate consecutive comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione. Questo significa che l’intero debito residuo diventa immediatamente esigibile e si applicano nuovamente sanzioni e interessi sulle somme non pagate.
Posso contestare un avviso di addebito?
Sì, è possibile contestare un avviso di addebito inviato dall’INPS. Quando un contribuente riceve un avviso di addebito, ha diverse opzioni per contestare la pretesa dell’ente previdenziale. È fondamentale agire prontamente e seguire le procedure corrette per evitare ulteriori complicazioni. Ecco come procedere:
1. Istanza di Autotutela
L’istanza di autotutela è una procedura amministrativa che consente al contribuente di chiedere all’INPS la revisione dell’avviso di addebito, nel caso in cui ritenga che vi siano errori materiali o di calcolo. L’istanza può essere presentata direttamente online, tramite il portale web dell’INPS, accedendo alla sezione relativa alla richiesta di annullamento e sospensione dell’avviso di addebito.
Secondo il messaggio INPS n. 3913 del 2016, l’INPS può intervenire in autotutela anche oltre il termine di 40 giorni previsto per il ricorso giudiziario. Se l’INPS verifica la fondatezza delle ragioni del contribuente, può procedere all’annullamento o allo sgravio del debito.
2. Ricorso al Giudice del Lavoro
Se l’istanza di autotutela non viene accolta, o se il contribuente preferisce agire direttamente in via giudiziale, può presentare un ricorso al giudice del lavoro. Il ricorso deve essere notificato entro 40 giorni dalla ricezione dell’avviso di addebito. La normativa di riferimento è l’articolo 24 del D.Lgs. n. 46 del 1999, che disciplina le modalità di opposizione ai provvedimenti dell’INPS.
Il ricorso deve essere presentato al giudice del lavoro del tribunale competente per territorio, che corrisponde al luogo di residenza del contribuente o al luogo in cui ha sede l’ufficio dell’INPS che ha emesso l’avviso. È importante che il ricorso sia ben motivato e corredato da tutta la documentazione necessaria a supportare le argomentazioni del contribuente.
3. Sospensione dell’Esecuzione
Nel presentare il ricorso al giudice del lavoro, il contribuente può anche richiedere la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di addebito. Questa richiesta è particolarmente rilevante se il contribuente ritiene che l’avviso sia infondato o se il pagamento immediato comporterebbe gravi difficoltà economiche. Il giudice può concedere la sospensione se ritiene che vi siano validi motivi per farlo.
4. Rateizzazione del Debito
Anche mentre si contesta l’avviso di addebito, il contribuente può richiedere la rateizzazione del debito. Questo può essere particolarmente utile se il debito è elevato e il pagamento immediato non è sostenibile. La rateizzazione può essere richiesta tramite il portale web dell’INPS e, se concessa, permette di suddividere l’importo dovuto in rate mensili fino a un massimo di 72 rate. È importante notare che durante il periodo di rateizzazione, il contribuente deve continuare a versare i contributi correnti per evitare l’accumulo di ulteriori debiti.
Quali sono le possibilità di annullamento del debito?
In alcuni casi, è possibile richiedere l’annullamento del debito se si dimostra che è stato generato per errore. Questo può avvenire tramite l’istanza di autotutela, dove l’INPS verifica la fondatezza delle ragioni del contribuente e può procedere all’annullamento del debito.
Quali leggi regolano il recupero dei debiti previdenziali?
Il recupero dei debiti previdenziali è regolato principalmente dal D.P.R. n. 602 del 1973 e dal D.Lgs. n. 46 del 1999. Questi decreti disciplinano le modalità di riscossione coattiva dei crediti contributivi, comprese le procedure di pignoramento e ipoteca.
Quali sono le implicazioni per la pensione se ho un debito con l’INPS?
Avere un debito con l’INPS non impedisce l’accesso alla pensione, purché si soddisfino i requisiti di contribuzione. Tuttavia, l’INPS può pignorare una parte della pensione per recuperare il debito. La pensione può essere pignorata solo per la parte eccedente il minimo vitale e solo fino a un quinto dell’importo.
Come influisce il debito con l’INPS sulla mia attività professionale?
Il debito con l’INPS può influenzare negativamente la tua attività professionale, rendendo difficile ottenere finanziamenti e partecipare a gare d’appalto. Le irregolarità contributive possono compromettere la tua posizione nei confronti di bandi pubblici dove è richiesto un certificato di regolarità contributiva.
È possibile cancellare i debiti INPS attraverso la legge sul sovraindebitamento?
Sì, la legge n. 3 del 2012 offre una soluzione per i piccoli imprenditori e lavoratori autonomi in grave difficoltà economica. Attraverso la procedura di composizione della crisi, è possibile proporre un piano di ristrutturazione dei debiti che, se approvato dal tribunale, consente di ridurre l’ammontare complessivo del debito e ottenere una dilazione dei pagamenti.
Quali sono i passaggi per richiedere l’esdebitazione?
Per richiedere l’esdebitazione, è necessario presentare una domanda al tribunale competente, allegando la documentazione che dimostra la propria situazione di sovraindebitamento. Il tribunale valuterà il piano di ristrutturazione proposto e, se lo ritiene idoneo, lo approverà, consentendo così al debitore di ripianare il debito in modo sostenibile.
Cosa succede se il debito INPS è prescritto?
Il diritto dell’INPS di recuperare i contributi non versati si prescrive dopo cinque anni, a meno che non intervengano atti interruttivi della prescrizione come solleciti di pagamento o avvisi di intimazione. Se il debito è prescritto, l’INPS non può più esigere il pagamento delle somme dovute.
Affrontare un debito con l’INPS richiede tempestività e una buona conoscenza delle normative vigenti. Un avvocato esperto può fare la differenza nel gestire efficacemente la situazione, garantendo che i diritti del contribuente siano tutelati e che le soluzioni adottate siano sostenibili e conformi alle leggi.
Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti Con L’INPS
Affrontare un debito con l’INPS rappresenta una sfida complessa e spesso scoraggiante per molti lavoratori autonomi e dipendenti in Italia. Le normative previdenziali italiane sono articolate e la mancata o ritardata contribuzione può comportare sanzioni severe e interessi di mora significativi. Secondo l’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, le sanzioni per il mancato pagamento dei contributi possono variare dal 30% al 50% dell’importo dovuto, con interessi legali attualmente fissati al 3% annuo. Questo può far lievitare rapidamente un debito iniziale, rendendone ancora più difficile la gestione.
Le procedure di recupero coattivo dell’INPS sono disciplinate dal D.P.R. n. 602 del 1973. Se un contribuente non paga i contributi entro i termini stabiliti, l’INPS ha il potere di pignorare beni mobili e immobili, bloccare conti correnti e iscrivere ipoteche sugli immobili di proprietà del debitore. L’articolo 72-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 consente all’INPS di richiedere il pignoramento presso terzi, inclusi i conti bancari, senza necessità di ottenere un preventivo titolo esecutivo. Questo significa che l’INPS può prelevare direttamente dal conto corrente del debitore l’importo dovuto, fino a concorrenza del debito. Tali misure possono avere un impatto devastante sulle finanze personali e sulla stabilità economica del debitore.
Avere un debito con l’INPS può anche influenzare negativamente l’accesso alla pensione. Sebbene la pensione non possa essere negata se il contribuente soddisfa i requisiti di contribuzione, l’INPS può pignorare una parte della pensione per recuperare le somme dovute. La legge prevede che la pensione non possa essere pignorata per un importo superiore al quinto della parte eccedente il minimo vitale. Questo significa che, anche se il debitore riceve la pensione, una parte di essa può essere trattenuta dall’INPS fino a quando il debito non viene completamente estinto.
Inoltre, il debito con l’INPS può influenzare negativamente il credito del debitore e la sua capacità di ottenere finanziamenti. Le informazioni sui debiti possono essere segnalate alle centrali rischi finanziarie, rendendo più difficile ottenere prestiti o mutui. Le irregolarità contributive possono anche compromettere la possibilità di partecipare a bandi pubblici o gare d’appalto, dove spesso è richiesto un certificato di regolarità contributiva.
In situazioni di grave difficoltà economica, è possibile accedere alle misure di esdebitazione previste dalla legge n. 3 del 2012, nota come “legge sul sovraindebitamento”. Questa normativa offre una soluzione ai piccoli imprenditori e lavoratori autonomi che si trovano in una situazione di grave difficoltà economica. Attraverso una procedura di composizione della crisi, il debitore può proporre un piano di ristrutturazione dei debiti che, se approvato dal tribunale, consente di ridurre l’ammontare complessivo del debito e ottenere una dilazione dei pagamenti. Tuttavia, l’accesso a questa procedura richiede la dimostrazione di una situazione di sovraindebitamento e la presentazione di un piano di ristrutturazione sostenibile.
Affrontare un debito con l’INPS richiede una comprensione approfondita delle normative vigenti e delle opzioni disponibili per gestire il debito. In questo contesto, l’importanza di avere al proprio fianco un avvocato specializzato in diritto previdenziale e cancellazione dei debiti con l’INPS diventa evidente. Un avvocato esperto può fornire un supporto fondamentale in tutte le fasi della gestione del debito, dalla verifica della correttezza delle richieste di pagamento alla presentazione di ricorsi amministrativi e giudiziari. Può anche negoziare soluzioni alternative, come la rateizzazione del debito, e fornire una consulenza continua per garantire la conformità alle normative previdenziali.
Il processo di contestazione di un avviso di addebito, ad esempio, può essere complesso e richiede una buona conoscenza delle normative vigenti. Un avvocato esperto può assistere nella presentazione di un’istanza di autotutela, che consente di correggere eventuali errori materiali o di calcolo contenuti nell’avviso. Se l’istanza di autotutela non viene accolta, l’avvocato può presentare un ricorso al giudice del lavoro entro 40 giorni dalla notifica dell’avviso di addebito, garantendo che il ricorso sia ben motivato e corredato da tutta la documentazione necessaria a supportare le argomentazioni del contribuente.
Un avvocato esperto può anche assistere nella negoziazione di un piano di rateizzazione del debito. L’INPS consente di suddividere l’importo dovuto in rate mensili, fino a un massimo di 72 rate, sulla base delle condizioni economiche del debitore e della sua capacità di adempiere agli impegni assunti. Durante il periodo di rateizzazione, il contribuente deve continuare a versare i contributi correnti per evitare l’accumulo di ulteriori debiti. Il mancato pagamento di due rate consecutive comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione, rendendo l’intero debito residuo immediatamente esigibile.
Oltre a fornire assistenza legale diretta, un avvocato esperto può anche offrire una consulenza continua per garantire che il contribuente rimanga conforme alle normative previdenziali. Questo include l’assistenza nella gestione della contabilità e delle dichiarazioni fiscali, la verifica periodica dell’estratto conto contributivo e la consulenza su eventuali modifiche normative che possano influenzare la posizione del cliente. Un approccio proattivo nella gestione delle questioni previdenziali può prevenire l’insorgere di nuovi debiti e ridurre il rischio di future controversie con l’INPS.
In conclusione, affrontare i debiti con l’INPS senza l’assistenza di un professionista qualificato può risultare estremamente difficile e rischioso. Le normative complesse, le procedure amministrative e legali articolate, e le potenziali conseguenze finanziarie e legali richiedono una competenza specifica che solo un avvocato esperto può offrire. Avvalersi della consulenza di un avvocato specializzato in cancellazione dei debiti con l’INPS non solo aumenta le probabilità di risolvere positivamente la situazione debitoria, ma offre anche una maggiore tranquillità al contribuente, sapendo di essere supportato da un professionista capace e competente. La gestione efficace dei debiti previdenziali, l’ottenimento di condizioni di pagamento favorevoli e la difesa dei propri diritti sono obiettivi raggiungibili con l’assistenza di un avvocato esperto, rendendo questo supporto una componente essenziale nella strategia di gestione delle problematiche debitorie con l’INPS.
In tal senso, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).
Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).
Perciò se hai bisogno di un avvocato esperto in cancellazione debiti con l’INPS, qui di seguito trovi tutti i nostri contatti per un aiuto rapido e sicuro.