Nullatenente e Debiti Con Il Fisco: Cosa Succede?

Gestire i debiti con il fisco quando si è nullatenenti è una questione complessa e critica che richiede una profonda comprensione delle leggi fiscali italiane e delle possibili conseguenze. Un nullatenente è una persona che non possiede beni mobili o immobili di valore e non ha risparmi significativi o redditi sufficienti a coprire le proprie necessità basilari. In Italia, il sistema fiscale è rigido e prevede diverse misure per il recupero dei crediti fiscali, che possono includere il pignoramento dei beni e il blocco dei conti correnti. Tuttavia, per chi non possiede beni né risorse economiche sufficienti, le conseguenze possono essere differenti.

Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere al pignoramento e alla vendita dei beni del debitore per recuperare i crediti fiscali. Nel 2022, l’Agenzia delle Entrate ha segnalato un aumento del 5% nei casi di insolvenza tra i contribuenti, indicando un trend crescente di difficoltà economiche per molti italiani. Tuttavia, per i nullatenenti, queste misure risultano spesso inefficaci. Se il debitore non possiede beni mobili registrati, come veicoli, o beni immobili, le misure come il fermo amministrativo e il pignoramento immobiliare non possono essere applicate. Inoltre, il blocco dei conti correnti può essere disposto, ma se il conto è vuoto o il saldo è al di sotto del minimo impignorabile, tale misura risulta inefficace. La normativa italiana prevede soglie minime di impignorabilità, come stabilito dall’art. 545 del Codice di Procedura Civile, che protegge una parte del saldo del conto corrente e delle retribuzioni.

Un altro strumento a disposizione del fisco è il pignoramento dello stipendio o della pensione del debitore. Tuttavia, anche in questo caso, esistono delle soglie di impignorabilità previste dalla legge. L’art. 545 del Codice di Procedura Civile stabilisce che le somme derivanti da stipendi, salari o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate solo per la parte eccedente il minimo vitale, determinato in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà.

La posizione del nullatenente viene spesso complicata ulteriormente dalla difficoltà di accedere a soluzioni di composizione della crisi di debiti, come il sovraindebitamento. La Legge 3/2012, nota come legge sul sovraindebitamento, prevede delle procedure per aiutare i debitori non fallibili a risolvere situazioni di grave crisi economica. Tuttavia, per accedere a queste procedure, il debitore deve comunque dimostrare di avere delle risorse minime su cui poter basare un piano di rientro o di ristrutturazione del debito, rendendo di fatto queste soluzioni inapplicabili per chi è completamente nullatenente.

Un esempio concreto può essere quello di Mario, un cittadino italiano che ha accumulato debiti fiscali per oltre 30.000 euro. Mario è disoccupato e non possiede alcun bene immobile o mobile registrato. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha tentato di pignorare i suoi conti correnti, trovandoli vuoti. In mancanza di beni da aggredire, l’unica misura possibile è stata l’iscrizione a ruolo del debito, che tuttavia non ha portato a un recupero effettivo delle somme dovute. Questo esempio illustra come la condizione di nullatenenza possa limitare significativamente l’efficacia delle misure esecutive del fisco.

La situazione dei nullatenenti solleva anche importanti questioni sociali ed etiche. La crescente difficoltà di molte famiglie italiane di far fronte alle proprie obbligazioni fiscali è stata evidenziata da un rapporto dell’Istat del 2022, che ha registrato un aumento del 7% delle famiglie in condizioni di povertà assoluta. Questo dato sottolinea l’importanza di politiche fiscali che tengano conto delle reali capacità contributive dei cittadini e che offrano soluzioni sostenibili per chi si trova in situazioni di grave disagio economico.

Le possibili soluzioni a questi problemi possono includere la riforma delle procedure di recupero crediti per renderle più flessibili e adattabili alle condizioni dei debitori nullatenenti. Ad esempio, l’introduzione di misure che permettano la rateizzazione del debito in base alle effettive possibilità economiche del debitore, senza l’applicazione di sanzioni e interessi penalizzanti, potrebbe rappresentare un passo avanti verso una maggiore equità fiscale. Inoltre, il rafforzamento delle reti di supporto sociale, attraverso interventi mirati a sostenere i cittadini in difficoltà economica, potrebbe contribuire a ridurre il numero di nullatenenti e a favorire il recupero delle somme dovute.

In conclusione, la condizione di nullatenza rappresenta una sfida significativa per il sistema fiscale italiano. Le misure attualmente previste dalla normativa, pur essendo rigorose e dettagliate, spesso si rivelano inefficaci di fronte all’assenza di beni e risorse economiche dei debitori. La collaborazione con avvocati esperti in diritto tributario e la consulenza di professionisti qualificati possono offrire un supporto fondamentale per affrontare le difficoltà legate ai debiti con il fisco e per individuare le soluzioni più appropriate. Solo attraverso un approccio integrato e sostenibile, che tenga conto delle reali condizioni economiche dei cittadini, sarà possibile garantire una maggiore equità fiscale e una gestione più efficiente delle situazioni di crisi economica.

Ma andiamo nei dettagli con domande e risposte.

Cosa significa essere nullatenente?

Essere nullatenente significa non possedere beni mobili o immobili di valore, non avere risparmi significativi e non disporre di redditi sufficienti a coprire le necessità basilari. In pratica, un nullatenente è una persona che non ha proprietà su cui il fisco possa esercitare il pignoramento per recuperare i crediti fiscali dovuti.

Quali sono le procedure standard del fisco per il recupero dei crediti?

Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere al pignoramento e alla vendita dei beni del debitore per recuperare i crediti fiscali. Queste procedure comprendono il fermo amministrativo sui veicoli, il pignoramento dei conti correnti e il pignoramento dello stipendio o della pensione.

Cosa accade se il debitore non possiede beni mobili o immobili?

Quando un debitore non possiede beni mobili o immobili, il recupero dei crediti da parte del fisco diventa una sfida complessa e spesso inefficace. Un nullatenente è una persona che non possiede beni di valore, non ha risparmi significativi e non dispone di redditi sufficienti a coprire le proprie necessità basilari. Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere al pignoramento e alla vendita dei beni del debitore per recuperare i crediti fiscali. Tuttavia, senza beni da aggredire, queste misure risultano spesso inefficaci. Ad esempio, il pignoramento di un conto corrente vuoto o al di sotto della soglia minima di impignorabilità non produce alcun risultato utile. La normativa italiana prevede soglie minime di impignorabilità, come stabilito dall’art. 545 del Codice di Procedura Civile, che protegge una parte del saldo del conto corrente e delle retribuzioni.

Il pignoramento dello stipendio o della pensione può essere applicato solo entro certi limiti. L’art. 545 del Codice di Procedura Civile stabilisce che le somme derivanti da stipendi, salari o altre indennità possono essere pignorate solo per la parte eccedente il minimo vitale, determinato in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà. Questo significa che una parte dello stipendio o della pensione rimane protetta e non può essere pignorata. In pratica, senza beni da pignorare e con retribuzioni protette, l’agenzia delle entrate-riscossione trova estremamente difficile recuperare effettivamente le somme dovute da parte dei nullatenenti. L’iscrizione del debito a ruolo e l’accumulo di interessi e sanzioni sono le principali conseguenze, ma senza un recupero tangibile.

Le soluzioni legali esistenti per i nullatenenti sono limitate. La Legge 3/2012, nota come legge sul sovraindebitamento, prevede delle procedure per aiutare i debitori non fallibili a risolvere situazioni di grave crisi economica. Tuttavia, l’accesso a queste procedure richiede la dimostrazione di risorse minime su cui basare un piano di rientro o di ristrutturazione del debito, rendendo difficile per chi è completamente nullatenente accedere a tali soluzioni.

La condizione di nullatenza solleva importanti questioni sociali ed etiche. Un rapporto dell’Istat del 2022 ha evidenziato un aumento del 7% delle famiglie in condizioni di povertà assoluta, sottolineando la crescente difficoltà di molte famiglie italiane di far fronte alle proprie obbligazioni fiscali. Questo dato evidenzia l’importanza di politiche fiscali che tengano conto delle reali capacità contributive dei cittadini e offrano soluzioni sostenibili per chi si trova in situazioni di grave disagio economico.

Possibili riforme potrebbero includere la flessibilizzazione delle procedure di recupero crediti per renderle più adattabili alle condizioni dei debitori nullatenenti. Ad esempio, l’introduzione di misure che permettano la rateizzazione del debito in base alle effettive possibilità economiche del debitore, senza l’applicazione di sanzioni e interessi penalizzanti, potrebbe rappresentare un passo avanti verso una maggiore equità fiscale. Inoltre, il rafforzamento delle reti di supporto sociale attraverso interventi mirati a sostenere i cittadini in difficoltà economica potrebbe contribuire a ridurre il numero di nullatenenti e favorire il recupero delle somme dovute.

Gli avvocati specializzati in diritto tributario possono offrire un supporto fondamentale per affrontare le difficoltà legate ai debiti con il fisco. Possono assistere i debitori nella presentazione di istanze di rateizzazione, rappresentarli nelle negoziazioni con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e fornire consulenza legale su come affrontare al meglio le procedure esecutive. La loro competenza può fare la differenza tra una gestione efficace della crisi e l’aggravamento della situazione debitoria. Essere nullatenenti e avere debiti con il fisco rappresenta una sfida significativa. Le misure esecutive standard, come il pignoramento dei beni, risultano inefficaci in assenza di risorse economiche e patrimoni da aggredire. La legge offre alcune soluzioni, come le procedure di sovraindebitamento, ma l’accesso a queste è limitato per chi non dispone di risorse. È essenziale considerare riforme che rendano le procedure di recupero crediti più flessibili e adatte alle condizioni dei debitori nullatenenti, insieme al rafforzamento delle reti di supporto sociale. La consulenza di avvocati esperti può offrire un prezioso aiuto per navigare queste complesse situazioni e trovare soluzioni adeguate alle reali capacità contributive dei cittadini.

Il fisco può pignorare lo stipendio o la pensione di un nullatenente?

Quando si parla di debiti fiscali e di nullatenenza, una delle domande più comuni riguarda la possibilità per il fisco di pignorare lo stipendio o la pensione di un debitore che non possiede altri beni mobili o immobili. In Italia, la normativa prevede che il fisco possa effettivamente pignorare una parte dello stipendio o della pensione, ma con delle limitazioni specifiche.

Il pignoramento dello stipendio o della pensione è regolato dall’art. 545 del Codice di Procedura Civile, che stabilisce delle soglie minime di impignorabilità per garantire che il debitore possa continuare a soddisfare le necessità basilari di vita. In particolare, per le somme derivanti da stipendi, salari o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate solo le somme eccedenti il minimo vitale, che è determinato in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà.

Ad esempio, nel 2023 l’assegno sociale era di circa 460 euro al mese. Pertanto, il minimo vitale, che non può essere pignorato, sarebbe di circa 690 euro al mese. Questo significa che se un debitore riceve uno stipendio o una pensione inferiore a questa cifra, il pignoramento non può essere effettuato. Se invece l’importo è superiore, solo la parte eccedente può essere soggetta a pignoramento.

Il limite del pignoramento è ulterioremente specificato per le pensioni. Per le pensioni, la quota pignorabile è la parte eccedente l’importo dell’assegno sociale aumentato della metà. Questo significa che, anche per le pensioni, esiste una protezione di base, al di sotto della quale il pignoramento non è consentito.

Un caso tipico potrebbe essere quello di un pensionato che riceve una pensione mensile di 1.000 euro. In questo caso, la parte non pignorabile sarebbe di 690 euro (considerando l’assegno sociale aumentato della metà), e quindi solo 310 euro sarebbero pignorabili.

È importante notare che queste norme sono concepite per proteggere i debitori in situazioni di estrema difficoltà economica, garantendo che essi possano mantenere un minimo vitale per le loro necessità quotidiane. Tuttavia, l’applicazione pratica di queste norme può variare e richiede una corretta interpretazione legale, motivo per cui è spesso consigliabile consultare un avvocato specializzato in diritto tributario o in esecuzioni forzate.

Un altro aspetto da considerare è che le modalità e le percentuali di pignoramento possono variare a seconda della natura del debito. Per esempio, per i debiti alimentari, le percentuali di pignoramento possono essere più elevate rispetto ai debiti tributari.

Nel caso di un nullatenente, l’assenza di beni mobili o immobili rende le azioni esecutive del fisco più limitate. Tuttavia, se il nullatenente percepisce un reddito, come uno stipendio o una pensione, il fisco ha ancora la possibilità di recuperare parte del credito attraverso il pignoramento di queste somme. La collaborazione con un avvocato esperto può aiutare a chiarire i dettagli specifici di ciascun caso e a proteggere al meglio i diritti del debitore.

In conclusione, sì, il fisco può pignorare lo stipendio o la pensione di un nullatenente, ma solo nella misura in cui queste somme eccedano il minimo vitale stabilito dalla legge. Questa protezione è fondamentale per garantire che anche i debitori in situazioni di grave difficoltà economica possano mantenere un livello minimo di sussistenza.

Quali sono le conseguenze per un nullatenente che non può pagare i debiti fiscali?

Le conseguenze per un nullatenente che non può pagare i debiti fiscali possono includere l’iscrizione del debito a ruolo e l’accumulo di interessi e sanzioni. Tuttavia, senza beni da pignorare, il recupero effettivo delle somme dovute da parte del fisco risulta estremamente difficile. L’assenza di beni pignorabili limita significativamente l’efficacia delle misure esecutive.

Esistono soluzioni legali per i nullatenenti con debiti fiscali?

Sì, esistono alcune soluzioni legali, anche se limitate per i nullatenenti. La Legge 3/2012, nota come legge sul sovraindebitamento, prevede delle procedure per aiutare i debitori non fallibili a risolvere situazioni di grave crisi economica. Tuttavia, l’accesso a queste procedure richiede la dimostrazione di risorse minime su cui basare un piano di rientro o di ristrutturazione del debito, il che può essere difficile per chi è completamente nullatenente.

Come possono i nullatenenti accedere alle procedure di sovraindebitamento?

Per accedere alle procedure di sovraindebitamento, i debitori devono presentare un piano che dimostri la possibilità di rimborsare i creditori in misura sostenibile. Questo piano deve essere approvato dal tribunale e dai creditori stessi. Tuttavia, per chi non dispone di alcuna risorsa economica, elaborare un piano credibile può essere molto difficile, limitando così l’efficacia di queste procedure per i nullatenenti.

Esistono casi reali di nullatenza con debiti fiscali?

Un esempio è il caso di Mario, un cittadino italiano che ha accumulato debiti fiscali per oltre 30.000 euro. Mario è disoccupato e non possiede alcun bene immobile o mobile registrato. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha tentato di pignorare i suoi conti correnti, trovandoli vuoti. In mancanza di beni da aggredire, l’unica misura possibile è stata l’iscrizione a ruolo del debito, che tuttavia non ha portato a un recupero effettivo delle somme dovute.

Quali sono le implicazioni sociali ed etiche della nullatenza?

La condizione di nullatenza solleva importanti questioni sociali ed etiche. Secondo un rapporto dell’Istat del 2022, il numero di famiglie in condizioni di povertà assoluta è aumentato del 7%, evidenziando la crescente difficoltà di molte famiglie italiane di far fronte alle proprie obbligazioni fiscali. Questo dato sottolinea l’importanza di politiche fiscali che tengano conto delle reali capacità contributive dei cittadini e che offrano soluzioni sostenibili per chi si trova in situazioni di grave disagio economico.

Quali riforme potrebbero migliorare la situazione dei nullatenenti con debiti fiscali?

Possibili riforme potrebbero includere la flessibilizzazione delle procedure di recupero crediti per renderle più adattabili alle condizioni dei debitori nullatenenti. Ad esempio, l’introduzione di misure che permettano la rateizzazione del debito in base alle effettive possibilità economiche del debitore, senza l’applicazione di sanzioni e interessi penalizzanti, potrebbe rappresentare un passo avanti verso una maggiore equità fiscale. Inoltre, il rafforzamento delle reti di supporto sociale attraverso interventi mirati a sostenere i cittadini in difficoltà economica potrebbe contribuire a ridurre il numero di nullatenenti e favorire il recupero delle somme dovute.

Conclusioni e Come Possiamo Aiutarti In Studio Monardo, Gli Avvocati Specializzati In Cancellazione Debiti

Affrontare i debiti, specialmente quando si è nullatenenti, può rappresentare una delle sfide più difficili nella vita di una persona. La complessità del sistema fiscale italiano, unita alle rigide normative in materia di recupero crediti, rende indispensabile l’assistenza di un avvocato esperto in cancellazione debiti. Tale assistenza non solo aiuta a navigare attraverso le intricate leggi fiscali, ma garantisce anche che i diritti del debitore siano protetti in ogni fase del processo.

La condizione di nullatenza implica l’assenza di beni mobili o immobili e di risorse economiche sufficienti per far fronte ai debiti fiscali. In questi casi, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha strumenti limitati per recuperare i crediti, come il pignoramento dello stipendio o della pensione, entro i limiti stabiliti dall’art. 545 del Codice di Procedura Civile. Tuttavia, queste misure possono non essere sufficienti a risolvere la situazione debitoria, soprattutto se i debiti sono di entità significativa. Un avvocato esperto può offrire soluzioni legali alternative e strategie di difesa che possono fare la differenza tra una gestione efficace della crisi e l’aggravamento della situazione debitoria.

Un avvocato specializzato in cancellazione debiti può guidare il debitore attraverso la complessità delle procedure di sovraindebitamento previste dalla Legge 3/2012. Queste procedure, destinate ai debitori non fallibili, offrono la possibilità di ristrutturare i debiti e trovare un accordo con i creditori. Tuttavia, l’accesso a tali procedure richiede una conoscenza approfondita della legge e una preparazione meticolosa della documentazione necessaria. Un avvocato esperto può assistere nella redazione di un piano di rientro credibile, negoziare con i creditori e rappresentare il debitore davanti al tribunale, aumentando le possibilità di successo.

La consulenza legale è fondamentale anche per comprendere le implicazioni sociali ed etiche della condizione di nullatenza. Un rapporto dell’Istat del 2022 ha evidenziato un aumento del 7% delle famiglie italiane in condizioni di povertà assoluta, indicando una crescente difficoltà nel far fronte alle obbligazioni fiscali. Un avvocato può aiutare a sensibilizzare le autorità competenti sulle reali condizioni economiche del debitore, promuovendo politiche fiscali più eque e sostenibili che tengano conto delle capacità contributive dei cittadini. Questo supporto legale può contribuire a prevenire situazioni di marginalizzazione economica e sociale, garantendo che i diritti fondamentali dei debitori siano rispettati.

Oltre alla gestione legale, un avvocato esperto può fornire un supporto emotivo significativo. Affrontare debiti elevati e la possibile minaccia di misure esecutive è un’esperienza stressante e angosciante. Sapere di avere al proprio fianco un professionista competente offre una maggiore tranquillità e sicurezza, essenziale nei momenti di incertezza. L’avvocato può fornire consigli pratici e supporto morale, aiutando il debitore a prendere decisioni informate e a mantenere la fiducia nella possibilità di superare la crisi.

È importante anche considerare le implicazioni fiscali della gestione dei debiti. Le procedure di recupero crediti comportano una serie di obblighi fiscali che devono essere gestiti con attenzione per evitare ulteriori complicazioni. Un avvocato esperto può fornire consulenza su come affrontare questi obblighi, assicurando che il debitore sia conforme alle normative fiscali e minimizzando le conseguenze economiche negative. Questo supporto è cruciale per prevenire ulteriori sanzioni e per facilitare una ripartenza ordinata dell’attività economica, ove possibile.

L’assistenza legale diventa indispensabile anche quando si tratta di esplorare tutte le alternative al pignoramento e alle altre misure esecutive. Un avvocato specializzato può valutare la fattibilità di soluzioni come la rateizzazione del debito, che consente di suddividere il pagamento in importi più gestibili, o la composizione negoziata della crisi, introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Queste misure preventive mirano a individuare tempestivamente i segnali di squilibrio economico-finanziario e a adottare le necessarie azioni correttive prima che la situazione diventi insostenibile.

Un esempio pratico può essere quello di un piccolo imprenditore che, a causa di difficoltà economiche, accumula debiti fiscali significativi. Con l’assistenza di un avvocato esperto, l’imprenditore può esplorare opzioni di ristrutturazione del debito e negoziare condizioni di pagamento più favorevoli, evitando il pignoramento dei beni e proteggendo il patrimonio necessario per la continuazione dell’attività. Questo approccio proattivo può non solo risolvere la crisi attuale, ma anche prevenire future difficoltà finanziarie.

Infine, la consulenza legale è essenziale per navigare le complessità delle leggi fiscali e delle normative in continuo cambiamento. La legge italiana è complessa e richiede una conoscenza approfondita per essere interpretata e applicata correttamente. Un avvocato esperto in cancellazione debiti tiene aggiornato il debitore sulle ultime novità legislative e giudiziarie, garantendo che tutte le azioni intraprese siano conformi alle leggi vigenti e massimizzino le possibilità di successo.

In conclusione, l’importanza di avere al proprio fianco un avvocato esperto in cancellazione debiti non può essere sottovalutata. La consulenza legale offre non solo una difesa solida e competente, ma anche la sicurezza di affrontare la procedura con competenza e serenità. Questo supporto è essenziale per proteggere i diritti del debitore, gestire efficacemente la crisi e trovare soluzioni sostenibili che permettano di superare le difficoltà economiche. La collaborazione con un professionista qualificato può fare la differenza tra il successo e il fallimento nella gestione dei debiti, garantendo una maggiore equità fiscale e una gestione più efficiente delle situazioni di crisi economica.

Da questo punto di vista, l’avvocato Monardo, coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario, è gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012), è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

Ha conseguito poi l’abilitazione professionale di Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021).

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Giuseppe Monardo

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