Come funziona un’esecuzione forzata?
Quando ha inizio l’esecuzione forzata?
Qual è il procedimento preciso e come bloccarlo?
Queste sono tutte domande fondamentali per tutti coloro che soffrono di un debito molto pesante e sono seriamente soggetti a questo tipo di azione.
Da questo punto di vista, un’esecuzione forzata non è altro che una sottrazione coattiva di determinati beni del debitore con lo scopo di soddisfare il diritto del creditore a recuperarne i crediti.
L’esecuzione forzata è regolata dall’articolo 474 del Codice di procedura civile e può aver luogo solo in caso di un titolo esecutivo formale ovvero di un documento scritto che accerti il diritto del creditore ad esercitare tale azione esecutiva.
Ma quali sono i vari tipi di titolo esecutivo che permettono l’esecuzione forzata?
Sono essenzialmente tre tipologie.
Ci sono atti, decreti ingiuntivi e sentenze del Giudice.
Ci sono poi atti ricevuti da un Pubblico Ufficiale o dal Notaio.
Ci sono infine scritture private autenticate con relative somme di denaro descritte.
In ogni caso, il titolo esecutivo deve essere preventivamente notificato al debitore in modo da venirne a conoscenza e fare eventualmente opposizione.
Inoltre, deve essere presente un atto di precetto, ovvero un’ultima intimazione a pagare entro dieci giorni che il creditore dovrà obbligatoriamente notificare al debitore, il tutto tramite l’Ufficiale Giudiziario.
A quel punto, passati i dieci giorni, il creditore ne avrà massimo 90 per avviare la procedura, altrimenti il precetto perderà la sua efficacia formale.
In tal senso, l’esecuzione forzata che si svolge sempre dinanzi ad un’autorità giudiziaria preposta, può essere effettuata in due modi, ovvero in forma specifica oppure generica.
In forma specifica quando si ha un obiettivo specifico come ad esempio uno sfratto.
In forma generica invece quando si avvia un’espropriazione generica dei beni del debitore per soddisfare l’importo del credito e che può toccare i beni immobiliari come case, fabbricati e terreni, quelli mobiliari come ad esempio il mobilio, l’automobile, l’oro, i gioielli etc, ed infine presso terzi e in questo caso può toccare il quinto dello stipendio, la pensione, il conto corrente.
Ma come avviene nel concreto l’intera procedura?
In caso di espropriazione forzata immobiliare, l’atto viene inviato al debitore e allo stesso tempo iscritto anche nei registri immobiliari.
In caso di espropriazione forzata mobiliare presso terzi, il bene oggetto del pignoramento è presso altri soggetti che vengono notificati dell’atto e che saranno loro a predisporre i beni per l’Ufficiale Giudiziare.
Il caso più comune di espropriazione forzata è infine quello mobiliare in cui l’ufficiale giudiziario arriva al domicilio o all’ufficio del debitore e comincia a pignorare i beni e a redarre successivamente il verbale finale.
Ma puoi opporti all’esecuzione forzata?
La risposta è si e lo puoi fare contestando l’atto di esecuzione ovvero presentando tutte le informazioni che dimostrano l’illegittimità della procedura esecutiva.
In tal senso sono tre le possibilità di opposizione.
C’è l’opposizione all’esecuzione che fa riferimento agli articoli 615 e 616 c.p.c che contesta la legittimità del titolo esecutivo, la legittimazione all’esecuzione oppure anche la pignorabilità dei beni oggetto dell’esecuzione.
C’è l’opposizione agli atti esecutivi che fa riferimento agli articoli 617 e 618 c.p.c in cui si contesta la regolarità formale dell’intero procedimento di esecuzione e che va proposta entro 20 giorni dal momento in cui è stato compiuto l’atto.
Infine c’è un tipo di opposizione che possono proporre dei terzi, che fa riferimento agli articoli 619 a 622 c.p.c..
In quest’ultimo caso non è il debitore ad opporsi ma altri che possono vantare specifici diritti sui beni esecutati.
Da questo punto di vista bisogna però chiarire che con l’entrata in vigore dell’articolo 282 c.p.c., tutte quando le sentenze di primo grado sono provvisoriamente esecutive e quindi permettono di dare inizio all’esecuzione forzata.
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